Il filtro della Corte dei Conti sul sistema finanziario trentino
Debiti, operazioni finanziarie, prestiti, anomalie varie – Di Daniele Bornancin
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Il 2015 si è chiuso lasciandosi alle spalle indiscussi avvenimenti e situazioni economico-sociali della comunità locale e nazionale.
La fine di dicembre, per il sistema pubblico della realtà trentina, sarà ricordata dagli addetti ai lavori, per la relazione sul bilancio 2015 della sezione di controllo della Corte dei Conti per il Trentino.
Tra le proprie attività la Corte dei Conti, ai sensi del Decreto Legge 174/2012, ha anche il compito di esaminare i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi annuali e pluriennali delle Regioni e delle Provincie. Una verifica rispetto agli obiettivi, alla sostenibilità delle spese e all’assenza d’irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche nelle prospettive future, gli equilibri economici e finanziari degli enti.
Procedura normale, se si fosse davanti ad una situazione complessiva priva di difficoltà di crescita economica produttiva, e se si verificasse una fase anche solo previsionale di un incremento delle entrate tributarie o comunque finanziarie già inserite nel bilancio provinciale.
Quello che è emerso invece dalla considerata relazione è l’indebitamento gravante sul bilancio e proveniente anche dalle cosiddette società di sistema o in altri termini dalle società partecipate dall’ente pubblico.
Ecco allora che questo inaspettato argomento è stato oggetto di vari comunicati stampa dei giornali locali e di qualche considerazione da parte di nuovi e vecchi amministratori della nostra autonomia.
L’organismo di controllo, così come evidenziato nelle pagine della delibera già trasmessa ai Presidenti della Giunta e del Consiglio Provinciale, al Ministro dell’Economia e della Finanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, evidenzia delle anomalie che possono essere considerate interpretazioni differenti, ma che nella realtà rappresentano una situazione debitoria non di poco conto.
I dati dei debiti, dal 2013, sono così divisi: 1.347 milioni nel 2013, 1.517 nel 2014, 1.547 nel 2015 e 1.700 la previsione per il 2016.
In questa situazione vi è anche l’utilizzo di nuovi prestiti, che estinguono anticipatamente debiti e mutui di ITEA e Patrimonio del Trentino, società controllate dalla Provincia, ma com’è evidente, non tendono a diminuire nei cinque anni dell’attuale legislatura, ma anche in via previsionale tenderanno ad aumentare.
La Provincia in tale situazione ha dovuto far ricorso a operazioni d’indebitamento con mutui e prestiti, con oneri a carico dello Stato e con una stima 2015 di spese per interessi di 481 mila euro e con un costo per il rimborso della quota capitale di 4.718 milioni di euro.
Le risorse provenienti dalla Regione sono destinate a investimenti degli enti locali e di sviluppo sociale dei territori, ma solo per questo non devono essere considerate forme di finanziamento diverse, ma sono nello specifico debito e quindi prestiti non a fondo perso.
La domanda che sorge spontanea: dov’è sparita la tanto proclamata vocazione al risparmio in questa nuova legislatura?
Già nel 2012 le leggi finanziarie provinciali approvate dal Consiglio prevedevano l’adozione di nuove e innovative misure tendenti alla stabilizzazione del debito pubblico e quindi all’impossibilità di contrarre nuovi mutui. Ma, come spesso accade, quest’obiettivo è di difficile realizzazione anche per la complessità delle norme finanziarie sia locali sia nazionali (patto di stabilità, fondi strategici, inflazione programmata ecc.) ma, forse, anche per una scarsa volontà complessiva di sperimentare nuovi strumenti.
L’esame della situazione del debito provinciale comprende anche lo status delle garanzie rilasciate dalla Provincia, che assegna contributi in annualità a favore delle proprie società partecipate e che diventano, di fatto, trasferimenti totali alle stesse per investimenti realizzati del settore pubblico, una sorta di pagamenti a consuntivo delle spese sostenute.
Le società fanno operazioni di debito utilizzando per il relativo ammortamento i contributi in annualità ricevuti, nello stesso tempo la Provincia rilascia una garanzia sull’operazione d’indebitamento a favore del soggetto finanziatore.
I contributi in annualità, assegnati quali trasferimenti alle società e che le stesse utilizzano per il rimborso dei prestiti, sono articolati e molteplici e su periodi diversi.
Il totale garantito a novembre 2015 (ad esempio) per la Cassa del Trentino, Patrimonio del Trentino, Università e Trentino Trasporti era di 1.523 milioni, a fronte di un importo iniziale al gennaio 2015 di euro 2.231 milioni.
Nel comparto delle partecipate il legislatore nazionale negli ultimi anni ha introdotto vari obblighi in materia, al fine anche di ridurre ricadute negative sui bilanci degli enti pubblici di riferimento e in particolare per limitare le perdite delle società partecipate.
In tal senso la Legge 611/2014, per promuovere il contenimento della spesa, il buon andamento dell’azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato, ha previsto nuove disposizioni in materia di partecipate, che a seguito del rapporto “Cottarelli” indica dal gennaio 2015 l’avvio di un processo di razionalizzazione delle società, con la riduzione delle quote e la cessione di quelle non coerenti con gli scopi istituzionali dell’ente.
Per la Provincia di Trento, il riordino delle partecipate è stato rinviato al 2016.
Ora la razionalizzazione delle partecipate si rende necessaria, anche alla luce dei dati che al 2014 vedevano i seguenti valori:
- Capitale investito euro 5.359 milioni – in aumento.
- Indebitamento euro 1.517 milioni – in aumento.
- Personale delle società 1.941 unità – in aumento.
- Valore della produzione euro 287 milioni – in diminuzione rispetto al 2013.
Certamente i Consigli di amministrazione delle partecipate trentine sono consapevoli che è necessario un esame dei propri assetti, ma è l’Ente pubblico, quale socio di riferimento e spesso di maggioranza del capitale sociale che deve fare chiarezza e attuare le linee guida approvate a novembre scorso e per ognuna di esse realizzare il piano di riassetto e di riordino, magari anche con la condivisione delle organizzazioni sindacali e dei vari soci delle singole realtà del sistema trentino.
Rimane inoltre da chiarire e informare anche le comunità locali sulle funzioni e l’attività del nuovo Centro Servizi Condivisi che ha visto al proprio assetto già le prime defezioni.
Non si tratta pertanto di un momento di contestazione o di ostilità verso le autonomie ma, anche la relazione della Corte dei Conti lo dimostra, di migliorare la gestione finanziaria dell’autonomia, non solo per salvaguardare l’esistente, guardando i casi attuali, ma per proiettarsi con una visione a lungo termine sul futuro, mettendo al centro dell’agire politico il cittadino e la popolazione.
Nel recente passato qualche illuminato amministratore sosteneva la tesi che l’Autonomia non è un regalo dettato dalla Costituzione Italiana e dallo Statuto, ma bisogna meritarsela con azioni e attività di buona amministrazione.
Ecco perché sono convinto che non si possa continuare a cullarsi nel solito e usurato pensiero «che nel resto d’Italia le amministrazioni pubbliche agiscono peggio di noi».
Credo viceversa che anche queste prese di posizione della Corte debbano servire quale sprone a migliorare, a intraprendere azioni di reale confronto con le realtà esterne, ad avviare una reale stagione di riforme non solo nel settore finanziario, per così contribuire alla crescita della comunità.
Altrimenti l’Ente Pubblico si troverà davanti ad un’introvabile governabilità anche per la nostra autonomia.
Maurizio Bornancin