I sindacati bocciano la manovra di Draghi sul taglio delle tasse
Ma il 90% delle entrate arriva da dipendenti e pensionati e 8 miliardi non bastano
La discussione tra governo e sindacati si è incentrata sui famosi otto miliardi di tagli alle tasse annunciati dal Presidente Draghi che li ha inseriti nella manovra fiscale per il 2022.
I sindacati, dopo l’incontro avuto con il ministro dell’Economia Franco, hanno dichiarato di non aver ottenuto alcun risultato sulla base delle loro richieste.
Richieste che volevano concentrare il taglio delle tasse ai soli lavoratori dipendenti e ai pensionati, mentre l’esecutivo ha disposto un piano più articolato che coinvolge un po’ tutte le categorie.
Noi condividiamo il principio che non debba esserci differenza tra un lavoratore dipendente e un lavoratore autonomo. Però i sindacati hanno ragione quando lamentano l’esagerata pressione fiscale sui redditi e le pensioni troppo basse.
Logica vorrebbe che a chi ha uno stipendio lordo o una pensione di mille euro al mese, l’Erario non dovrebbe toccare nulla. Ma purtroppo i conti non permettono di prendere in considerazione questa ipotesi, perché, purtroppo, il 90% delle entrate arriva da dipendenti e pensionati.
Per essere più precisi, il 57% dei contribuenti IRPEF dichiara meno di 20.000 euro all’anno*. Il che significa che otto miliardi sono decisamente insufficienti per fare una vera riforma delle imposte.
Va anche detto che questo è solo il primo passo di una riforma necessaria e che pertanto dobbiamo dare tempo al Paese di riprendersi, di tornare a crescere e di aumentare il PIL.
Nel contempo va anche affinata la lotta all’evasione. Tolto il reddito proveniente da operazioni delittuose, che una volta scoperte non possono più produrre reddito, le entrate mancate vengono quantificate oggi in circa 75 miliardi.
*Per completare il quadro, aggiungiamo che solo l’1‰ dichiara più di 300mila euro all’anno e solo 3.000 cittadini italiani dichiarano più di un milione all’anno.