Mobilità internazionale: «Giovani, vivete esperienze all’estero!»

Partire per un Paese straniero significa mettersi in discussione, cambiare punto di vista, conoscere un mondo nuovo

A Trento, dove c'è un'Università che, più di altre, investe sull'internazionalità e sui progetti di mobilità dedicati agli studenti, nei giorni del Festival è d'obbligo, in tempi in cui la parola globalità è sulla bocca di tutti, dedicare una riflessione alla mobilità internazionale giovanile.
Intercultura è l'associazione senza scopo di lucro, presente in tutto il mondo, che ormai da mezzo secolo si occupa di seguire i giovani che decidono di trascorre un anno all'estero, con il fine di «contribuire al dialogo tra le culture e alla pace favorendo l'incontro fra i giovani di ogni parte del mondo».

Chiara Saraceno, docente di Sociologia della famiglia presso l'Università di Torino, ha aperto il dibattito, raccontando la sua esperienza negli Stati Uniti e ragionando sull'importanza di un tale evento nella vita di un adolescente. «In queste occasione si diventa un po' antropologi, ma vivendo il momento in prima persona.»

«Si tratta sicuramente - ha continuato la Saraceno - di un'esperienza di rottura. Anche solo per il fatto di vivere in una famiglia nuova, diverse, della quale bisogna apprendere non solo la lingua ma anche i linguaggi e le abitudini.»
Tutto ciò diventa parte del bagaglio culturale e personale dell'adolescente, va a formare il capitale umano delle persone. Il giovane sarà quindi una ricchezza, per la comunità che accoglie, ma anche per la comunità a cui appartiene. Gettando ponti e costruendo reti ne arricchirà il capitale sociale.

«L'esperienza di Intercultura, ed in generale un'esperienza all'estero - ha continuato Andrea Varnier, ex volontario intercultura - rimane impressa nella memoria ed emerge sempre, anche a distanza di tempo.»

Francesco Fagotto, economista ed oggi consigliere di amministrazione di Intercultura, riconosce nell'esperienza all'estero (la sua fatta negli Stati Uniti tra il '65 e il '66) un modo per capire e conoscere se stessi, un momento in cui «un giovane scopre talenti che non sa nemmeno di possedere». Un valore aggiunto personale, familiare e della comunità, un arricchimento umano e sociale.

Tutta di stampo giuridico, invece, è stata la relazione del professor Gregorio Arena, docente di Diritto amministrativo all'Università di Trento. Arena ha identificato nell'operato di Intercultura una legittimazione costituzionale.
In forza dell'articolo 118, e del principio di sussidiarietà, le istituzioni sono tenute a favorire l'iniziativa autonoma di cittadini (singoli e associati) che operino nell'interesse generale. In questo senso Intercultura può godere del pieno appoggio di Stato, Regioni, Province e Comuni.
Inoltre, impegnandosi e lavorando per il bene comune e il pieno sviluppo della persona umana, come recita l'art 2 della Costituzione italiana, intercultura può definirsi «alleata della repubblica» e soggetto costituzionale.

(gr)