Attentato ai profughi: non è questo il Trentino che conosciamo
Quando non avevamo quasi niente, dividevamo tutto. Adesso che abbiamo quasi tutto abbiamo paura di doverlo dividere
Il «salvagente» è il simbolo di qualcosa che vogliamo gettare alla gente per bene affinché «non anneghi in questo mare di cazzate».
Sappiamo che non dovremmo usare questo termine.
Ma ci riferiamo al «mare», sia ben chiaro.
Di solito usiamo il termine moderato «cavolate», ma quegli esaltati che hanno perpetrato un atto a imitazione dell’obsoleto Ku Klux Kla nei confronti di una struttura destinata a fare del bene, la volgarità se la meritano.
Invece stavolta non si tratta di un mare ma, per fortuna, di qualche pozzanghera.
Che l’immigrazione sia un problema è fuori dubbio, lo dimostra il braccio di ferro che Grecia e Italia devono sostenere ogni giorno con l'Europa, che non vuole affrontare il problema delle ondate di gente che scappa dalle fiamme dei propri paesi.
Ma al momento si tratta di dare una sistemazione di emergenza a quella gente. Lo Stato paga per il loro mantenimento e certamente i problemi sono generati dai clandestini e non dai profughi in attesa di status.
E c’è onestamente da dire che le istituzioni provinciali si stanno comportando più che correttamente, cercando di dare dignità ai disgraziati, senza per questo far pesare ai propri cittadini qualsiasi disagio.
Il Trentino ha passato secoli di sofferenza e ha conosciuto l’emigrazione di massa come questi stessi disgraziati che oggi chiedono aiuto a noi.
Si calcola che nel mondo ci siano tanti discendenti di Trentini almeno quanti sono i residenti in Trentino: 500mila.
Le sofferenze che i nostri concittadini hanno dovuto sopportare a loro volta nei paesi dove erano emigrati sono note a tutti, grazie a numerosi libri che hanno riportato la voce degli umili.
Eppure, oggi abbiamo visto il secondo episodio di intolleranza che ha addirittura preso di mira le strutture di religiose che accoglieranno delle donne sub sahariane.
Profughe che con ogni probabilità non usciranno mai dalla struttura di accoglienza. Profughe che non costeranno un solo centesimo alle casse della Provincia. Profughe che non rischiano minimamente di ridurre il benessere dei Trentini. Profughe che se ne andranno non appena possibile. Profughe che chiedono solo di sopravvivere, in attesa – chissà – di poter anche vivere un giorno.
L’aspetto inquietante della questione, anche se meno importante, è l’immagine che il Trentino può nutrire nel resto del Paese in un momento in cui gli Italiani pensano che la ricchezza del Trentino sia immeritata.
Noi sappiamo che all’origine del nostro benessere c’è l’Autonomia, che ci consente di lavorare «sul nostro», dove la Provincia è ognuno di noi, dove il volontariato è la naturale evoluzione di un passato di altruismo senza contropartita, dove tuttora non cessiamo di accorrere nel mondo dove c’è qualcuno che ha bisogno di noi.
Ma il resto del Paese ci guarda con sospetto e basterebbe la conoscenza di un attentato come quello di oggi a cancellare l’immagine di un Trentino che in qualche mese ha costruito gratuitamente centinaia di casette per i terremotati de l’Aquila o eretto le scuole ad Amatrice in tempo per la campanella.
Ma allora cos’è che sta succedendo nella mente di questi esaltati che si prendono la briga di pensare, progettare e realizzare bravate come le bombe incendiarie lanciate contro le strutture che dovranno accogliere la povera gente?
L’origine non può essere il razzismo, dato che il Trentino convive da secoli con etnie diverse.
La cosa che viene subito alla mente è che questa gente non abbia altro da fare. Ma è riduttivo, perché queste sono cose che possono effettivamente nascere al bar quando si ha bevuto un bicchiere di troppo, ma che in realtà si fanno solamente quando si ha la lucida volontà concreta di farlo.
La nostra idea invece è che si stia generando nella testa di questi esaltati un senso di egoismo senza precedenti.
Quando i Trentini non avevano quasi niente erano disposti a dividere tutto.
Adesso che abbiamo quasi tutto, abbiamo paura di doverlo dividere con qualcuno.
Ovviemente non accettiamo l’idea che sia il benessere a generare l’intolleranza, quanto piuttosto l’ignoranza e la mancata conoscenza dei caratteri originari della nostra gente.
Solo la cultura, quindi, potrà aiutare i Trentini a non annegare in queste pozzanghere di cavolate.
G. de Mozzi