Job Market: Quando la selezione si fa dura

Flessibilità e propensione al risultato le doti più richieste Giovani ricercatori a testa alta nel mondo del lavoro Nuove opportunità di impiego per i dottorandi in Economia

I dottorandi italiani hanno un deficit nella preparazione e scarse opportunità di essere valorizzati in Italia. Uno dei motivi è legato alla natura stessa dell'istituto del dottorato di ricerca che, attivato nel 1983, si caratterizza da sempre per la bassa partecipazione del mondo non accademico, rispetto a Paesi più sviluppati come Stati Uniti e Giappone. In Italia, più del 70% dei dottorati trova lavoro nel mondo accademico, mentre negli Stati Uniti il tasso scende a circa il 35%. Nel nostro Paese, del resto, l'apporto alla ricerca e allo sviluppo dato dall'imprenditoria è estremamente basso (solo l'1% del Pil) e soltanto 2,3 lavoratori italiani su mille hanno il dottorato di ricerca, contro i 6 del resto d'Europa e i 12 di Stati Uniti e Giappone.

Con queste sconfortanti premesse si è aperto oggi alla Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Trento il dibattito "Oltre il mercato accademico: prospettive per i dottorandi in Economia", promosso dal CIFREM (Interdepartmental Centre for Reasearch Training in Economics and Management) nell'ambito del Festival dell'Economia di Trento.
Un incontro voluto per riflettere e confrontarsi sul peso che il titolo di dottore di ricerca in economia riveste nel mondo imprenditoriale e nelle istituzioni e sulle opportunità di impiego dei giovani ricercatori. A discuterne sono stati Gregorio De Felice, responsabile del Servizio studi e ricerche di Intesa SanPaolo, Flavio Pedrini, dirigente del Dipartimento del Tesoro, e Daniele Terlizzese, direttore dell'Istituto Einaudi per l'Economia e la Finanza (EIEF) e responsabile dell'Area Ricerca economica e relazioni della Banca d'Italia.

L'incontro, che ha visto la partecipazione di numerosi dottorandi, si è aperto con una riflessione sullo sbocco tradizionale per chi completa la propria formazione in campo economico: gli uffici studi.
«Il mondo degli uffici studi nelle organizzazioni finanziarie - ha spiegato Gregorio De Felice - si è molto ristretto per via delle aggregazioni degli ultimi anni, anche se i dottori di ricerca continuano ad essere apprezzati. Molti uffici studi sono stati infatti ridimensionati nel personale e nelle risorse o costretti a rivedere il proprio raggio d'azione focalizzandosi maggiormente sulle attività degli istituti di credito con forte riscontro operativo a breve e lungo termine.»
De Felice ha invitato i giovani ad essere consapevoli che l'ufficio studi non può essere considerato come destinazione finale, ma un passaggio di formazione, una buona palestra, che può aprire le porte alla carriera di alto livello creando dei veri e propri top performers.
Buone opportunità di lavoro, secondo De Felice, vi sono per chi specializza nel settore del risk management, per gli ingegneri finanziari in grado di inventare nuovi prodotti, per gli analisti finanziari e per chi sa coniugare le competenze economiche a conoscenze in ambito giuridico, preziose per gestire i rapidi cambiamenti nella regolamentazione, molto complicata soprattutto nei mercati emergenti.

Le competenze dei dottorandi in Economia possono ancora trovare ottimo impiego anche nella pubblica amministrazione. Ne è convinto Flavio Pedrini, che nel corso del suo intervento ha illustrato le attività svolte all'interno del Ministero e ha ribadito l'importanza dei giovani ricercatori per elaborare previsioni macroeconomiche.
«Chi opera nella Divisione si occupa anche di questioni internazionali - spiega Pedrini - in quanto prepara e organizza la posizione dell'Italia per il G7 e svolge attività di monitoraggio su quanto svolto dal Fondo Monetario e OCSE e contributo dell'Italia alle linee strategiche di queste organizzazioni. Le caratteristiche che maggiormente si ricercano nei giovani ricercatori sono adattamento e flessibilità, propensione al risultato e abitudine al lavoro di gruppo.»

Daniele Terlizzese ha invece puntato l'attenzione sulle procedure di reclutamento dei giovani ricercatori, per le quali vi sono cambiamenti in vista.
«Interessante, in questo senso - ha commentato Terlizzese - è la nuova tendenza emergente del job market, il mercato di lavoro per economisti che sta rapidamente sostituendo il concorso tradizionale che ha approccio più generalista. Emerge, infatti, già negli studi universitari una tendenza ad una maggiore specializzazione e uno scollamento tra le aspettative del candidato e le competenze richieste. Tutto questo genera un turnover dannoso per le organizzazioni e determina una progressiva difficoltà ad attrarre e trattenere i migliori cervelli.»

Il Job market - pratica di reclutamento diffusa soprattutto negli Stati Uniti - si svolge in momenti e luoghi precisi per far incontrare domanda e offerta di dottorandi.
«Tutte le università straniere (e solo pochissime in Italia) - chiarisce Terlizzese - scelgono di reclutare in questo modo. Un forte marchio di qualità è il nome dell'università che vi è alle spalle, soprattutto se è americana. La selezione inizia con la pubblicazione delle esigenze del datore di lavoro su un sito specializzato. I potenziali candidati inviano la loro application con una o più paper e tre lettere di referenze. I datori di lavoro fissano quindi le interviste ai candidati e al termine decidono a quali offrire di visitare l'istituzione per una giornata. Al termine dei seminari di presentazione si decide a chi offrire una posizione. A questo punto inizia la contrattazione, perché si tratta di un mercato dove la concorrenza è alta. Si tratta di una procedura totalmente diverse nella logica e nei metodi da quelle tradizionali dei concorsi. Si basa sulla trasparenza e sulla concorrenza, perché si acquisisce una grande mole di informazione sui candidati, ma anche sui datori di lavoro e in questo vi è molta simmetria. È così che si cambia il modo di affrontare il mondo del lavoro. I giovani posso finalmente entrare a testa alta.»