«Domingo 50» in Arena di Verona – Di Sandra Matuella
Intervista esclusiva a un mito della lirica molto legato all'anfiteatro veronese
Domingo in conferenza stampa - Foto Ennevi.
Stella tra le più luminose del firmamento della lirica mondiale, Plácido Domingo questa settimana è in Arena per festeggiare i suoi cinquant’anni di sodalizio con il bellissimo anfiteatro veronese: «Domingo 50» è il titolo di questa iniziativa che ha visto il grande artista madrileno sul podio areniano, lo scorso 28 luglio, per dirigere l’Aida di Verdi, nell’edizione storica di Gianfranco de Bosio, maestro del teatro italiano che con il suo fortunato allestimento ricrea la magica prima notte operistica del 10 agosto 1913, quando tutto iniziò per il Festival in Arena.
Domingo 50 prosegue il primo agosto con «La Traviata» e un cast eccezionale in cui Domingo interpreta Germont, mentre, per la prima volta nel capolavoro verdiano Lisette Oropesa è Violetta, Vittorio Grigolo è Alfredo.
Repliche con diversi cast: 8, 17, 22, 30 agosto, 5 settembre, ore 20.45.
Il 4 agosto ci sarà l’evento conclusivo di questa speciale settimana, la «Plácido Domingo 50 Arena Anniversary Night», un gala di grandi voci e grandi arie d’opera, capitanate naturalmente dallo stesso Domingo.
Questi 3 eventi sono tutti all’insegna del sold-out, quindi per Informazioni e biglietti: www.arena.it e sui canali social Facebook, Twitter, Instagram e YouTube.
Riconosciuto tra i più importanti cantanti nella storia della lirica, artista completo, Plácido Domingo è anche direttore d’orchestra e General Manager dell’Opera di Los Angeles: il suo repertorio comprende oltre 150 ruoli, con più di 4.000 recite.
Al suo attivo oltre un centinaio di registrazioni tra opere complete, raccolte di arie e duetti e dischi di cross-over che gli permettono di vincere ben 12 Grammy Awards e più di cinquanta video musicali.
Inoltre è protagonista di tre film-opera di grande successo: Carmen di Georges Bizet con la regia di Francesco Rosi, La Traviata e Otello di Giuseppe Verdi con la regia di Franco Zeffirelli.
Memorabile la sua interpretazione di Cavaradossi nella diretta televisiva di Tosca, allestita a Roma nei luoghi e nelle ore del capolavoro pucciniano e seguita da oltre un miliardo di persone in 117 paesi.
Nel 2010 interpreta anche Rigoletto, nel ruolo del protagonista verdiano, trasmesso in diretta in mondovisione da Mantova. Per il grande schermo dà voce al personaggio di Monte in Beverly Hills Chihuahua e per la TV interpreta se stesso ne «I Simpsons».
Al Teatro Filarmonico di Verona, in una pausa durante le prove dell’Aida, Plácido Domingo incontrato la stampa insieme al Sovrintendente Cecilia Gasdia, per presentare «Domingo 50» in Arena, concedendoci una lunga intervista di musica e ricordi.
Plácido Domingo e Sandra Matuella.
Maestro Domingo come si sente nel bel mezzo dei festeggiamenti di queste sue splendide nozze d’oro con l’Arena di Verona?
«Sono qui con una forte emozione perché ho questo grande teatro nel cuore fin dal il 16 luglio 1969, giorno del mio triplice debutto, in Italia, all’Arena di Verona e nel ruolo di Calaf nellaTurandot.
«Potete immaginare questa incredibile Arena con tutti i suoi cori, gli orchestrali, i grandi cantanti e tutto il prestigio che porta con sé: ho cantato molte volte in Arena ma, in realtà, poche rispetto a quelle che avrei voluto, perché a quei tempi in estate, c'erano le incisioni discografiche e le stagioni liriche estive non erano così lunghe e finivano a Ferragosto, quando ero prevalentemente a Londra per incidere i dischi.
«Ricordo però, la serata per festeggiare il mio trentesimo anniversario in Arena: c'era il diluvio universale: con tutta quell’acqua eravamo disperati, e con Cecilia Gasdia al pianoforte, abbiamo improvvisato un concerto sotto la pioggia, poi però ho interrotto per il timore che il pubblico pensasse che lo facevamo per non rimborsare il biglietto, così ho detto: No, no, potete ritirare i vostri soldi al botteghino, solo che non volevamo festeggiare i 30 anni senza cantare.
«Per il resto, in Arena ho perso solo l'ultimo atto del Don Carlo, una recita di Aida e una di Carmen, e in 50 anni direi che non è tanto.»
Luglio 1969: Il suo debutto areniano è avvenuto in un clima di allunaggio.
«Certo, la sera dello sbarco ero in Arena, ed era bellissimo cantare alla luna in Turandot, sapendo che non era più vergine, perché l'uomo è arrivato anche lì.»
Cantante, pianista, direttore d’orchestra, responsabile dell’Opera di Los Angeles: quale è il ruolo che più le si addice?
«Sono figlio del teatro, perché i miei genitori erano entrambi cantanti e sono felice di essere soprattutto un musicista: questo mi ha permesso di avere cura della mia voce perché studiavo le parti da solo, senza bisogno di prendere appuntamenti col pianista come fanno i cantanti normalmente, e ai quali bisogna andare anche se si è stanchi o si sta poco bene.
«Per mia fortuna, invece, avendo il piano a casa, ho sempre imparato le parti suonando e poi, vocalmente, eseguivo solo i momenti più duri e più difficili: così lo scorso primo aprile, a Valencia, nel Simon Boccanegra, ho festeggiato la mia recita numero 4.000».
Come ha visto cambiare il teatro d’opera in questi 50 anni?
«Il mondo dell'opera è cresciuto moltissimo e tante nazioni che non ci pensavano nemmeno all’opera - come, ad esempio, tutta l’Asia – oggi hanno compagnie e teatri lirici.
«Così oggi, dal punto di vista professionale, ci sono molte più possibilità di lavoro per i cantanti e musicisti.»
Il pubblico della lirica è cambiato tanto?
«Rispetto al passato, oggi il pubblico ha esigenze diverse perché, vedendo tanta TV e teatro, vuole un grande spettacolo e vuole sempre di più.
«Del resto, però, quello del teatro d’opera è sempre stato uno spettacolo completo, solo che oggi tutto è cambiato in meglio, anche i cantanti sono molto preparati.
«Le grandi voci, invece, ci sono sempre state e ci saranno sempre: sto facendo le prove di Aida con l’orchestra qui in Arena e ho trovato delle voci straordinarie.»
Eppure certe regìe contemporanee che decontestualizzano la storia raccontata dall’opera, tendono a spiazzare il pubblico, almeno quello più tradizionale.
«In certe produzioni c'è una cassa nera dove puoi fare indifferentemente 10 opere diverse, quando invece bisogna raccontare la storia e non spostare l’opera: quando non dice la storia, il teatro d’opera non va.
«E per quanto riguarda il pubblico, non è vero che i giovani non seguono la lirica: nella mia città, Madrid, per il Trovatore ho visto che l'età del pubblico era sui 30-40 anni.»
A proposito di fedeltà alla storia raccontata dall’opera, cosa pensa della recente polemica della cantante che qui in Arena, per il ruolo di Aida, si è rifiutata di truccarsi di nero, come invece vuole la tradizione, perché lo considera una scelta razzista?
«È un tema delicato, però bisogna fare lo spettacolo com'è, per cui Cio-Cio-San è normale che abbia i capelli neri e gli occhi orientali. E se devo interpretare Otello e sono bianco, mi trucco il volto di nero: poi può essere un trucco più chiaro come si usa in Francia, mentre Franco Zeffirelli per l’Otello alla Scala e al Metropolitan, ha voluto un colore molto scuro.
«Diverso è il caso di una cantante afro-americana che interpreta il ruolo di Manon Lescaut e non vuole truccarsi di bianco: va bene, è accettabile; ma il rifiuto della cantante del ruolo di Aida a truccarsi di nero, questo non lo capisco.»
Maestro Domingo si sente un po’ italiano?
«Sì, l’Italia è davvero un bel Paese e qui si vive bene.»
Sandra Matuella – [email protected]