Festival #TrentinoTrippa - #PinetaTrippa 2020 12-19 gennaio
Il Festival della Trippa Trentina avrà luogo al Pineta Hotel di Tavon: previste serate dedicate alla scoperta della trippa e delle ricette provenienti da tutt’Italia
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Dal 12 al 19 gennaio 2020 sono organizzate delle serate dedicate alla scoperta della trippa e delle sue ricette provenienti da tutt’Italia.
Saranno ospiti grandi Chef che proporranno le loro ricette locali della trippa il 12-13 e 14, 15 e 16 gennaio e anche i giovani Chef nostrani che proporranno nei loro ristoranti la loro versione di Trippa.
- Domencia 12 gennaio - David Marchiori dell’osteria Plip - Il piatto tripposo è il Raviolo di Puzzone con umido di trippa. E il baccalà mantecato con polenta di nocciola e polvere di capperi.
- Lunedi 13 gennaio Giuseppe Martelli e Cinzia Natali del ristorante Champagneria QuartinodiVino, che proporranno la Zuppa di ceci e trippa e la loro Cipolla su bagna cauda ripiena di zucca, salsiccia di Bra e raschera.
- Martedi 14 gennaio Giuseppe Bettini dell’Osteria Selvole di Ovada che ci faranno provare il Tortello amaro di Castel Goffredo, diventato Comunità del Gusto di Slow Food e la Zuppa di Trippa alla Mantovana.
- Mercoledi 15 gennaio - Festa di San Romedio: i nostri #HomeChef Mattia e Bruno proporranno, la loro storica Zuppa del Viandante con Trippa e Baccalà e per la festa serale la trippa in tutte le sue versioni.
- Giovedi 16 gennaio, invece, ci saranno ospiti Chef Martino Longo con Daniele Melis del ristornate Dolomia Lafey Resort Dolomiti di Pinzolo che ci proporranno al loro volta la versione trentina della Trippa.
- La rassegna poi non terminerà ma, dal 17 a domenica 19 gennaio 2020, potrai provare le versioni rivisitate della trippa nonesa nei ristoranti di alcuni migliori giovani chef del Trentino: Locanda Alpina di Brez e Ristorante La Filanda di Denno
Trippa SanRomedio – Un po' di storia by Nereo Pederzolli
Da noi, in Trentino e specialmente in val di Non, ha una tripla «p».
Perché la parola «trippa» evoca significati che vanno oltre l’aspetto gastronomico: entra direttamente nel concetto popolare di ben distinte «p».
La prima è legata al pellegrino; immeditatamente dopo ecco quella del passaggio, senza tralasciare lo stimolo al piacere.
Trippe dunque scritte con ben «tre p», per un Festival che recupera saperi contadini, schiette abitudini alimentari, azioni concrete di condivisa solidarietà. In onore – e non solo – al santo noneso per eccellenza, San Romedio.
Ma perché valorizzare una pietanza apparentemente così minimalista? È per rendere onore alla più autentica cultura gastronomica tradizionale.
Relegata da falsi stereotipi alimentari, quelli che «scartano» il semplice per stupire con ingredienti roboanti. Dimenticando valori e i significati del cibo, le consuetudini di un territorio specifico, tra stupori che lasciano poco spazio a quanti valorizzano ancora il cosiddetto «quinto quarto». E farlo con entusiasmo e altrettanta passione.
Così in tavola rispuntano le pietanze che conservano non solo i sapori d’antan, ma anche l’idea del risparmio, per razionalizzare il consumo, contro lo spreco. Mirando però anche al piacere.
Ecco le nostre «tripppe».
I cuochi che hanno aderito a questo sperimentale quanto insolito Festival sono accumunati – è proprio il caso di dire – da una passione viscerale per la materia con le «tre p».
Tra i fornelli e sulle tavole dei ristoranti saranno protagoniste succulente porzioni di fumanti trippe. E ogni accostamento con le frattaglie, la parte perduta della macellazione dell’animale.
Quel quinto quarto, costituito dagli organi interni della bestia destinata alla cucina, vale a dire le parti molli, spezzate o separate dalla carne bovina nobile, tolte dai quattro quarti (anteriori e posteriori) delle due mezzene precedentemente macellate.
Piatto solo apparentemente banale, forse perché a buon mercato. In realtà è pasto nutriente, ricco di proteine, sali minerali, ferro e vitamine.
Con un valore aggiunto: racconta la nostra storia, il legame con il territorio e le devozioni che identificano la comunità.
Il Festival Trentino della Trippa cerca di recuperare la memoria del gusto perduto.
Legato alle pratiche contadine della macellazione, l’arte di «saper fare per saper vivere», stimolando con semplicità momenti di godibile soddisfazione alimentare. Senza tralasciare il rito conviviale al Santuario di San Romedio. Dove le trippe hanno la «p» sia di pellegrino che di passaggio.
La «p» del piacere si potrà gustare ai tavoli dei locali che hanno aderito al Festival.
Sarà un curioso viaggio nelle interiora. Un percorso gastronomico per quanti vorranno mettersi in gioco, pensando alle trippe senza storcere la bocca.
Il quinto quarto – stando ai docenti di Storia della Cucina – mette a disagio molti consumatori perché le frattaglie sono organi vitali, creando una barriera psicologica molto diversa dall’approccio ad un trancio nobile di carne, come il filetto o la bistecca.
Le citazioni si sprecano. Già lo storico della cucina trentina, Aldo Bertoluzza, negli Anni ’70, parlando di trippe, intuiva le nuove tendenze dei consumatori.
Figli della cultura cittadina e del supermercato, scelte che poco o nulla hanno a che fare con la conoscenza alimentare.
Non conosciamo non solo le carni, ma neppure le bestie.
Scartando prelibatezze da grandi intenditori. Nel Rinascimento le frattaglie erano cibo elitario, altro che cucina povera…
Una questione culturale, non solo di gusto. Che scarta materie prime mollicce e certamente poco accattivanti alla vista.
Per accelerare le dinamiche del benessere sociale, per ostentare la fettina di vitello in alternativa alla trippa.
Adesso, in Val di Non, le ricette di trippa avranno nuove interpretazioni. Saranno contemporaneamente gourmet e altrettanto sincere. Con quelle «tre p» che le rendono uniche.