Gli Italiani soffrono di accidia? – Conservatorismo, indifferenza, paura del nuovo

Secondo Roberto Petrini, nel nostro paese vige un'economia della pigrizia e una cultura della rinuncia allo sviluppo: ne discutono con lui Nicola Rossi e Chiara Saraceno

«In Italia c'è una cultura della rinuncia, la rinuncia allo sviluppo» dice Roberto Petrini, giornalista de «La Repubblica» e autore del libro «L'economia della pigrizia. Inchiesta su un vizio italiano».
Pigri. O anche peggio: gli italiani negli ultimi anni, secondo l'autore, sarebbero affetti da un tipo di pigrizia non giustificabile che si declina in resistenza al cambiamento, paura del nuovo, accidia, conservatorismo.
«In Italia si respira un'aria al cloroformio» sintetizza nel suo volume l'autore.
Nell'incontro in biblioteca, ne discutono con lui Chiara Saraceno, docente di Sociologia all'Università di Torino, e Nicola Rossi professore di Economia politica e parlamentare. Presenta Roberto Ippolito, condirettore della Scuola Superiore di Giornalismo della LUISS di Roma.

Ma gli italiani sono davvero accidiosi?
«Non so se è così - dice Chiara Saraceno - direi piuttosto che da noi ogni cosa richiede più sforzo, a partire dal prendere un autobus. Sembra che il nostro Paese sia stato colpito da un ictus: siamo molto più lenti perché facciamo più fatica a fare le cose normali.»

Parziale assoluzione anche da Nicola Rossi. Perché in Italia c'è il professore che lavora e quello che non fa nulla, il funzionario assenteista e quello stacanovista, lo studente impegnato e il lavativo.
«Piuttosto mi chiedo - dice Rossi - perché questo Paese si interessi tanto ai falliti? Perché abbiamo tanta paura della gente brava?»
Molti casi parlano di questo squilibrio: ci interessiamo agli evasori - e ne parliamo molto - ma non ai cittadini che pagano le tasse, analizziamo le aziende che falliscono, ma non quelle che funzionano. Rossi ha una sua spiegazione.
«Innanzitutto, per la classe politica, è molto più facile aiutare le realtà che falliscono piuttosto che creare le condizioni per il miglioramento di quelle che già funzionano. E soprattutto, il vero problema, è che la nostra società non ha introiettato il concetto di merito.»

Una conclusione condivisa anche da Petrini. E questa presunta pigrizia si ritroverebbe in diversi fenomeni. I ragazzi italiani, soprattutto i maschi, per esempio, lasciano la famiglia dai sette ai nove anni dopo la media degli altri paesi.
Forti correnti conservatrici bloccano molte scelte. «Non si parla di nucleare, non si parla di OGM, si blocca la ricerca sulle cellule staminali" dice Petrini che dedica nel suo libro ampio spazio a questi temi.»

Gli italiani lavorano meno di molti altri Paesi e l'Europa, nel suo complesso, lavora meno degli Stati Uniti. Su questo punto i relatori pongono alcune precisazioni. Secondo Nicola Rossi si deve guardare non solo alla produttività del lavoro ma a tutto l'insieme dei fattori produttivi. E Chiara Saraceno dice: "non sono importanti solo le ore lavorative ma quanto si fa in quel tempo e come lo si fa.»

Nel libro si accusano poi alcune grandi imprese di fare certe acquisizioni per mettersi al riparo dai rischi economici attraverso le rendite. Si citano, in particolare, gli acquisti di Telecom e Società Autostrade.

«Ma - dice Rossi - da sempre gli imprenditori cercano di mettersi al riparo con le rendite. Il problema è la mancanza di Autorità che impediscano la loro formazione.»
Si parla dunque anche di una carenza di azioni chiare e decise da parte delle istituzioni e di chi le governa.
«La classe dirigente oscilla tra l'imposizione delle decisioni senza informazione - è il caso della TAV - e l'abbandono delle iniziative quando c'è resistenza. Il problema è dunque più l' assenza di fiducia piuttosto che la pigrizia"denuncia Chiara Saraceno.
«Allora - si potrebbe dire - serve informazione, conoscenza, sapere. In una parola: capitale umano. La base più solida per la politica conservatrice è la paura e la base più solida per la paura è l'ignoranza» conclude Nicola Rossi.

Dunque forse gli italiani sono pigri, affetti da accidia, sonnolenti.
Certo però non lo sono stati i visitatori del Festival che hanno riempito questa sala e hanno posto domande pertinenti. Alcune anche in difesa dell'ozio.

(am)