Per la serie «Dialoghi», tavola rotonda sulla concertazione come risorsa
Per il ministro Damiano la concertazione è un impegno quotidiano. Ma se fallisce, allora il Governo decide
In una società così frammentata, in
cui molte sono le organizzazioni sociali e politiche che sostengono
interessi particolari, è ancora possibile parlare di concertazione?
Di ricerca del consenso tra le parti sociali per operare
nell'interesse generale del Paese?
Quesito centrale, questo, dal quale dipendono molte delle scelte
che potranno disegnare o meno il futuro dell'Italia nei prossimi
anni e decenni. Una domanda alla quale hanno cercato di dare una
risposta, questo pomeriggio presso l'Aula Magna della Facoltà di
Giurisprudenza tre protagonisti della concertazione:
presentati e introdotti dal giornalista di Repubblica
Roberto Petrini, hanno preso la parola
Cesare Damiano, ministro del Lavoro e della
Previdenza sociale; Michele Salvati, economista,
docente alla Statale di Milano; Antonio Marzano,
ex ministro, oggi presidente della CNEL.
Michele Salvati ha pubblicamente dichiarato il
proprio «pessimismo sulla possibilità, oggi, di poter giungere con
la concertazione a dare risposte ai gravissimi problemi del Paese:
"La concertazione ha bisogno, come condizioni imprescindibili, che
essa venga tentata e ricercata da grandi e forti organizzazioni -
dei lavoratori e degli imprenditori - che possono confrontarsi con
un potere politico altrettanto autorevole; ha bisogno che questi
tre attori siano ognuno al proprio intento unito e coeso; che
esistano condizioni di urgenza e che ci sia la volontà di farla,
questa concertazione. Ma soprattutto, che le soluzioni adottate con
la concertazione siano quelle giuste, quelle capaci di soddisfare
gli interessi generali.»
Antonio Marzano, condividendo almeno in parte
l'analisi compiuta da Salvati, ha paventato il rafforzamento delle
«lobby», come unica alternativa alla mancanza di concertazione.
«Ecco perché mi preme, oggi, davanti al ministro del Lavoro in
carica, ricordare che esiste un luogo fisico in cui sindacati e
imprenditori fanno della concertazione un modus operandi
quotidiano. Questo luogo è il CNEL (il Consiglio Nazionale Economia
e Lavoro), perché al CNEL operiamo in modo da giungere sempre e
comunque a decisioni che siano unanimi, anche perché abbiamo i
tempi della riflessione, dell'indagine e dell'approfondimento che
mancano negli uffici dei ministeri . Molto spesso ci riusciamo,
qualche volta no. Certo, non è facile fare concertazione, specie
quando si affrontano problemi complessi e delicati con visuali
troppo ideologizzate, ma bisogna provarci sempre e comunque.»
È toccato allora al ministro Damiano spezzare una
lancia a favore della concertazione.
«Per me - ha esordito il ministro nel suo appassionato intervento,
- la concertazione non è un metodo episodico, da usare solo nei
periodi di emergenza per strappare un accordo quando le parti
sociali hanno l'acqua alla gola. Per me la concertazione è un
habitus mentale, è un modo di lavorare quotidiano, che vede il mio
ministero impegnato in riunioni su riunioni, in cui la
concertazione diventa informale e profonda, per poi sfociare nelle
ritualità degli incontri nella cosiddetta Sala Verde. Io sto dalla
parte della concertazione e della ricerca fino all'ultimo minuto di
un accordo, di una firma, di un assenso. Se questo accordo, però,
non arriva, bene: io sono per un governo che decide in piena
autonomia, avendo ben presenti quali sono gli interessi più
generali del Paese e obbedendo solo a quelli!.»
Il ministro Damiano ha poi sfatato il detto che i sindacati siano
schierati per la concertazione mentre la Confindustria. «Non è
vero: esistono parti di sindacato, quelli più a sinistra, che non
vogliono la concertazione, perché così non si arriva allo scontro,
così come nella Confindustria siamo passati in questi anni da un
presidente che la concertazione non la voleva al presidente
attuale, a Montezemolo, che invece la concertazione la ha promossa
a metodo di lavoro.»
È vero, però, che la concertazione come metodo zoppica un poco, ha
dovuto ammettere Damiano. «Mai come oggi tutti la vogliono, la
vuole il governo, la vogliono i sindacati, la vogliono gli
imprenditori e in qualche caso l'abbiamo anche praticata
positivamente, quando ad esempio maggioranza e opposizione si sono
ritrovate schierate per far passate il pacchetto sicurezza sul
lavoro che avevamo concertato tra le associazioni degli edili e i
sindacati di categoria. Oppure come quando abbiamo trovato un
accordo con una concertazione strisciante, divenuta poi un articolo
nella legge finanziaria, per la regolarizzazione del personale
precario dei call-center. E in quattro mesi abbiamo registrato
22mila regolarizzazioni. Esistono, è vero, le grandi date della
storia della concertazione, gli anni 90 in cui abbiamo abolito la
scala mobile, in cui siamo riusciti ad abbassare l'inflazione e ad
entrare nell'Euro, in cui è stata fatta la riforma delle pensioni,
ma ci sono anche gli atti oscuri, quelli quotidiani, quelli
compiuti da chi lavora al ministero oppure ai tavoli della
concertazione per raggiungere dei risultati concreti.»
E frutto della concertazione, ha concluso il ministro Damiano, è
anche il contratto degli statali portato a casa «secondo me con
risultati che saranno positivi; frutti di concertazione saranno,
entro la fine del prossimo mese di giugno, per dar modo poi al
governo di predisporre il DPEF, anche gli interventi che attiveremo
per lo stato sociale, grazie ai due miliardi e mezzo di euro di
entrate fiscali non previste e che, ricordiamolo, sono stati frutto
del lavoro e dei provvedimenti messi in campo da questo governo in
questo primo anno di lavoro.»
E di fronte a una platea che attendeva novità in tal senso, il
ministro Damiano non si è certo tirato indietro. «Le risorse
suppletive, che mi auguro possano ulteriormente crescere, come pare
dai primi dati a disposizione, verranno usate con una proposta
organica del governo per rivedere gli ammortizzatori sociali, che
dovranno valere per tutte le aziende, per quelle grandi, ma anche
per quelle al di sotto dei 16 dipendenti; vorrei cambiare anche
qualche regola nel mondo del lavoro, per concedere la flessibilità
solo a quelle aziende che si trovano effettivamente a dover
fronteggiare un'emergenza. Devono finire i contratti precari che
vengono eternamente rinnovati, con una contraddizione in termini
che è sotto agli occhi di tutti, perché la flessibilità non deve
servire agli imprenditori per pagare meno i dipendenti, e quindi
cancelleremo tutte quelle forme di contratti troppo precari!
Rinnoveremo anche il part-time, perché è necessario tener in
maggior conto le esigenze dei lavoratori. Per le pensioni,
rivaluteremo le più basse sulla base dei contributi effettivamente
versati, inaspriremo la lotta al lavoro nero, abbiamo già aumentato
i contribuiti previdenziali per i lavori precari (dal 18 al 23%),
faremo in modo che valgano ai fini della pensione tutti i
contributi indipendentemente dalle Casse previdenziali di
riferimento; faciliteremo il riscatto pensionistico della
laurea...Sono piccole scelte, sulle quali cercheremo come sempre la
concertazione, che si affiancheranno alle scelte grandi, a quelle
di principio, come quelle che coinvolgono i coefficienti di
trasformazione e il cosiddetto "scalone", che a me piacerebbe tanto
diventasse un insieme di scalini più dolci.»
E allora, se per Michele Salvati oggi non esistono
ahimè le condizioni perché la concertazione possa diventare metodo
di governo e strumento per aiutare lo sviluppo («I problemi da
affrontare sono troppo complessi, gli attori in campo sono troppo
deboli oppure divisi, non siamo in una condizione di emergenza che
consenta di trovare i rimedi, anche quelli più duri e difficili da
digerire»), se per Antonio Marzano è chiaro che ci sarebbe bisogno
di un po' di concertazione anche tra maggioranza e opposizione,
«per dare risposte positive almeno a quei problemi centrali e
drammatici che conosciamo tutti», è toccato al ministro Damiano
concludere l'incontro di questo pomeriggio, e le sue ultime parole
sono state la ripetizione del concetto centrale del suo
intervento.
«Io non amo le polemiche. - ha detto - E di quel che ha fatto il
precedente governo Berlusconi, le cose buone le ho tenute, ad
esempio le pensioni complementari, che ho solo anticipato di un
anno, oppure la legge Biagi che ho applicato anche ai call-center,
cosa che il ministro Maroni aveva dimenticato di fare, oppure non
ne ha avuto il tempo. Sono un uomo che cerca di andare d'accordo
con tutti e quindi per me la concertazione è un abito che indosso
tutte le mattine. Ma è chiaro che se la concertazione fallisse,
allora il governo ha il dovere, oltre che il diritto, di fare le
proprie scelte.»
(mn)