Le prepotenze dei bulli – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista
Come sempre, ciò che serve sapere sono la prevenzione e la formazione
>
Le storie di prepotenze sono tante e le narrazioni del bullismo reale e virtuale continuano a girare di nascosto e in età sempre più precoci.
I bambini già ne accennano alla primaria dove fin dalla terza classe ho sentito emergere con timore molestie fisiche e offese verbali difficili da dire.
Se insisti però, quei bambini ti dicono che è meglio far finta di niente e mostrare un sorriso divertito piuttosto che far vedere l’umiliazione e il dolore.
Il silenzio, come sempre nella violenza, nasconde paura e vergogna.
Mi hanno colpito i risultati di questionari raccolti in forma anonima in una Scuola primaria della Provincia di Bolzano che hanno reso evidente quanto i piccoli abbiano bisogno di vuotare il sacco e anche di qualcuno che ascolti la loro sofferenza nascosta.
Mi sono reso conto più volte che oggi c’è una linea continua tra le offese reali e quelle che si sviluppano in rete e che un Internet Sicuro si raggiunge non solo con il passaggio di informazioni, ma soprattutto con spazi dove i bambini possano narrare le storie di prevaricazioni e affidarsi a un adulto sicuro che li aiuti a trasformare il dolore.
Se fai loro domande, ti rivelano che tra i 9 e gli 11 anni c’è una maggioranza (52,7%) che ha già visto e vissuto prepotenze e offese.
Scopri che in una piccola scuola di periferia, le più frequenti sono prese in giro (62,5%), insulti (50%), minacce (35,7%) e l’esclusione dal gruppo (28,6%), faticosa da sopportare forse più ancora delle aggressioni fisiche (26,6%).
Sai in partenza che il bullo, ovunque, agisce di nascosto e che il cortile è pericoloso (46,4%) perché lo è sempre stato, ma ti sorprende sentire che ancora oggi in classe non si sta al sicuro perché molti vengono derisi (35,7%) poi quelle prese in giro finiscono sui social.
Conforta sapere che ci c’è un 51,8% di compagni che aiuta la vittima, ma ti scoraggia vedere un gruppo (19,6%) che sa e non interviene e un altro (14,3%) che tace perché ha paura.
Deprime scoprire che non sono pochi quelli che si divertono (8,9%) alle spalle di chi sta male.
Se ti dicono che il 67,9% degli insegnanti sa intervenire per proteggere i più deboli, ti chiedi come mai dalle loro risposte emerge un 19,6% che ancora non si accorge della violenza dei gesti e delle parole dietro le loro spalle.
Come sempre è la prevenzione e la formazione che serve.
Sono i progetti di educazione digitale che devono trovare spazio nella scuola. E c'è sempre più bisogno di una comunità educante capace di cogliere il disagio, lo sconforto e le paure di un bambino offeso in classe e sui social.
Gli adulti significativi devono essere affidabili e capaci di accorgersi sia delle vittime che dei bulli e intervenire prima che sia tardi.
Per riconoscere le vittime è importante che non si trascurino i cambiamenti improvvisi del comportamento e ancor meno liquidare come scusa il malessere del mattino che spinge a non andare a scuola, quando invece a bloccare potrebbe essere la paura dei bulli.
Ma anche il timore delle verifiche o delle interrogazioni potrebbe essere un segnale di ansia e il calo repentino del rendimento scolastico un campanello d’allarme.
Se mancano gli amici reali o sono rare le conversazioni telefoniche e pochi gli inviti dei pari, c’è da domandarsi perché.
I disturbi del sonno, quelli che ti fanno tirar tardi la notte, sono da controllare così come il ritirarsi troppo a lungo nella propria camera può essere il segnale di un iniziale ritiro da un mondo.
Ma ancora di più devono allertare i polsi coperti di bracciali e le felpe con maniche troppo lunghe.
Giuseppe Maiolo – psicoanalista
Università di Trento - www.iovivobene.it