Storie di donne, letteratura di genere/ 477 – Di Luciana Grillo

Maria Rosaria Valentini, Di armadilli e charango…» – Raccolta di racconti intensi, scritti con delicatezza e sapienza, aprono finestre discrete su mondi lontani

Titolo: Di armadilli e charango...
Autrice: Maria Rosaria Valentini
 
Editore: GCE, 2008
Genere: letteratura contemporanea femminile
 
Pagine: 112, Rilegato
Prezzo di copertina: € 13,50
 
Racconti brevi, storie di viaggi e dolori, ma anche di solidarietà e sentimenti sinceri, di migrazioni da un continente all’altro…
C’è la storia di Nicolina pretesa da Mingofuoco, che visse con i briganti, assistendoli, servendoli, «sempre presente… ma senza parole e senza pensieri»; e c’è la storia di una montagna, la montagna di Pietro, che sua moglie, ormai vedova, sente sua, sui cui fianchi «un muto corteo di quarantacinque sfollati si inerpica… alla ricerca di un rifugio nascosto».
 
E poi incontriamo Maria, che «parlava della primavera di qua, tutta diversa dalla primavera di là…», Maria che aveva lasciato i suoi cari e i suoi Paesi, fuggendo prima dal Cile e poi dall’Argentina in Italia, Maria che, durante il volo, «mi prese la mano. Mi volsi verso l’oblò e, per la prima volta nella mia vita, guardai le nuvole sotto di me», Maria che passava delle ore scrivendo, «manteneva i contatti con le nostre famiglie… leggevo quelle lettere meravigliandomi sempre per il ripieno tenero che racchiudevano, sebbene la nostra vita fosse avvolta in una crosta bruciata».
 
Altra storia, quella di una comare e una tìa, della siciliana Rosalia spedita nella Svizzera tedesca come con un tiro di fionda, forte contro le tante avversità della vita, pronta a sostenere con generosità la nuova amica cilena che a lei aveva «consegnato la mia vita perché mi sentivo persa e pensavo che fosse per sempre».
Anche la cilena lentamente si inserisce nell’ambiente svizzero; come il suo compagno Pedro, trova lavoro, ha un figlio, conosce Gladys - la tìa - che morendo lascia un vuoto incolmabile. Rosalia comprende, aiuta tacendo a sopportare il dolore.
 
I racconti si susseguono, brevi e intensi, intervallati da poesie.
Luca fugge, da solo, senza famiglia, arriva a Genova, «sarà carpentiere per tutta la vita… intanto tutto sorre, come è giusto che sia. Un giorno cucito nell’altro, un punto attaccato al precedente, ogni buco con la sua toppa, ogni strappo con il suo rammendo. E si diventa vecchi senza rendersene conto».
 
Non ci sono solo fughe dal Sud America, una meta è Belgrado – furgoni e case bruciate, «il viaggio è lungo, dura notte intera, ma io sono ancora tanto confusa… mi sento perduta. Scendo da furgone come un robot e vado cercare donna di biglietto…», da dove poi si raggiunge la Svizzera attraverso l’Ungheria e l’Italia, «quando arrivo in Ticino io sono come un budello vuoto… depressa, confusa, stanca…».
 
Insomma, storie di coraggio e di nostalgia, nel tentativo di riprendere a vivere, anche quando non si nutrono che astio e risentimento verso una vita che non regalava nulla: «adolescenza aspra, confronto severo con mia madre, matrimonio fallimentare… e intanto mio padre, con la sua assenza, marcava sempre più ogni mio territorio intimo e dissestato».
Prossima meta è l’Africa, il Ruanda, terra dai «cieli limpidi, misteriosi, accoglienti… Ovunque banani, eucalipti e gerani, margherite… L’occhio avrebbe voluto fermarsi lì, ma l’olfatto conduceva altrove. L’obice e il machete seminavano l’indicibile. I cadaveri marcivano in cataste… I bambini che incontravo non piangevano. Erano attoniti, silenti… Il Ruanda è un canto che chiama».
 
L’ultimo piccolo racconto è dedicato a Irene, che conosceva fiabe e favole, che era figlia di nessuno, che non sapeva nulla di sé… accompagnata nel suo ultimo viaggio anche dalla bimba di un tempo che serenamente si addormentava nelle sue braccia.
Racconti intensi, scritti con delicatezza e sapienza, aprono finestre discrete su mondi lontani.

Luciana Grillo - [email protected]
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