Una lettera al Direttore che merita leggere

Trentino Solidale: da una notizia di cronaca lo spunto per presentare la preziosa attività di un’Associazione che da 10 anni lotta contro la povertà

Egregio Direttore,

La giornata dello scorso 5 febbraio è stata dedicata allo «spreco alimentare» e molte testate giornalistiche sono intervenute sul tema.
Mi permetta, ora, un contributo aggiuntivo - da parte dell’Associazione che nel nostro territorio si dedica, oramai da dieci anni, alla lotta contro lo spreco alimentare e, contemporaneamente, contro la povertà nelle sue tante forme costruendo così un’avanguardia nella condivisione delle risorse; da parte della stessa Associazione che ha trovato pubblica visibilità nelle scorse settimane a causa di alcuni episodi odiosi di ruberie (fra cui il furto di un automezzo che è stato sì ritrovato ma gravemente danneggiato) ma che vorrebbe essere maggiormente conosciuta per come e per quanto opera quotidianamente.
Desidero, anzitutto, fornire alcuni dati sullo spreco alimentare mettendo in rilievo che, purtroppo, non esistono ancora metodologie condivise per la sua definizione e quantificazione per cui, correttamente, si deve quasi sempre parlare di stime.

Ebbene, è noto che tra le priorità individuate dall’Agenda ONU 2030 vi è la riduzione degli sprechi alimentari globali: l'obiettivo 12.3 indica che entro il 2030 gli sprechi alimentari globali per persona a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori dovrebbero essere dimezzati e le perdite di cibo lungo le catene di produzione e di fornitura ridotte. E secondo un altro studio della FAO la perdita di cibo e gli sprechi generano una quantità di gas ad effetto serra pari a circa 3,3 miliardi di tonnellate equivalenti di anidride carbonica.
In questo scenario mondiale, la buona notizia è che la perdita di cibo sta cominciando a ottenere l'attenzione che merita.
Difatti, nel 2018 l’Unione Europea ha recepito l’obiettivo 12.3 imponendo agli Stati membri di ridurre del 50% i rifiuti alimentari globali pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumatori e di ridurre le perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento.
L’Italia, e anche la Provincia di Trento, hanno approvato leggi sugli sprechi alimentari.

L’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel dicembre 2018 ha pubblicato un corposo rapporto sullo spreco alimentare dove, per la prima volta, sono raccolti e analizzati dati mondali, europei e italiani specificando che si tratta di stime.
Nel rapporto si legge che lo spreco inizia ancora con i prodotti agricoli non raccolti e lasciati in campo e prosegue nell’industria agroalimentare dove ammonta a circa il 3% del totale trattato; che lo spreco di cibo nelle mense scolastiche si aggira mediamente intorno al 13; che le percentuali di alimenti sprecati nel consumo finale oscillano intorno al 50 per cento in peso perché verdura, frutta e carne sono soggetti a uno spreco superiore al 50%.
E si legge pure che le forniture commerciali in Italia corrispondono a circa 3.700 kcal per persona, ossia a circa una volta e mezzo il fabbisogno energetico medio quotidiano che, per un adulto, va da un minimo di 1.800 a un massimo di 2.600 kcal/persona/giorno.

A livello del consumatore finale, in casa, si stima che venga mediamente sprecato il 7% di quanto speso per il cibo: del totale in valore economico degli sprechi il 35% è composto da latte, uova, carne, formaggi; il 19% dal pane; il 16% da frutta e verdura.
In media, ogni anno una famiglia italiana butta 49 kg di cibo che, in termini economici, corrisponde a circa 7,65 miliardi di euro (pari 316 euro per famiglia).
Ciononostante, lo spreco «percepito» dalle famiglie è stimato in circa 0,6 kg a settimana mentre dai risultati dei campionamenti diretti dei rifiuti emerge uno spreco effettivo superiore del 50% rispetto a quello percepito, pari dunque a circa 1 kg per famiglia a settimana.
Lo studio analizza anche le misure strutturali per prevenire e ridurre le eccedenze e gli sprechi (tra cui il potenziamento di reti alimentari corte, locali e di piccola scala; di politiche alimentari locali; di campagne di sensibilizzazione e di educazione alimentare e nutrizionale) e le buone pratiche ed esperienze messe in atto per la prevenzione degli sprechi e per la riduzione dei rifiuti riconosciute efficaci e utili e sviluppate per lo più da istituzioni locali e da organizzazioni private.

La «buona prassi» trentina è dunque l’esperienza di Trentinosolidale che con circa 300 punti di raccolta, 34 punti di distribuzione, 18 automezzi e 200 volontari attivi quotidianamente, raccoglie ogni giorno lavorativo presso grandi e medi supermercati (ma anche piccoli esercenti, servizi di catering e piccoli produttori) circa 60 quintali di derrate alimentari in eccedenza, in confezioni danneggiate o prossime alla scadenza e, previa selezione, ancora nella stessa giornata le distribuisce a tanti soggetti bisognosi, a famiglie e a utenti di circa 20 istituzioni e associazioni che operano con le categorie più svantaggiate (i dormitori, chi si occupa di donne sole o vittime di violenza, di soggetti fragili, di anziani, di italiani e stranieri economicamente deboli) garantendo così a centinaia di persone l’accesso al cibo, bene primario della vita quotidiana.

Negli anni l’attività è cresciuta esponenzialmente: dalle 200 tonnellate di alimenti raccolte nell’anno 2009 alle 1.688 raccolte nell’anno 2018.
Significa che in ogni mese si raccolgono circa 1.500 quintali e che - tenuto conto degli abitanti del Trentino pari a 541.098 - per ogni paese di circa 6.000 abitanti si riscontra uno spreco/recuperato pari a circa 17 quintali al mese.
La peculiarità di Trentinosolidale è che distribuisce gli alimenti raccolti in giornata e con il sistema dei cosiddetti temporary shop ossia (non consegnando pacchi preconfezionati) consentendo a ciascuno di fare la spesa, dignitosamente e gratuitamente, scegliendosi i generi alimentari da portare a casa.

Trentinosolidale costituisce un esempio di cittadinanza attiva perché coinvolge volontari di varie età e provenienze (lavoratori che dedicano il tempo libero, studenti, pensionati, soggetti che devono - per un periodo della loro vita - svolgere lavori di pubblica utilità) fino ai beneficiari stessi dei prodotti alimentari che spesso si attivano per adoperarsi assieme ai volontari.
Il progetto è in rete con vari enti e associazioni e ha creato un sistema di solidarietà. Di recente, in alcune vallate più periferiche l’Associazione ha organizzato gruppi autonomi di volontari che raccolgono e distribuiscono in zona, così riducendo gli spostamenti dei mezzi e il consumo di carburante.
Trentinosolidale, in definitiva, attua direttamente i principi della Direttiva europea e dell’Agenda 2030 citati all’inizio di questo scritto.

Ma Trentinosolidale non opera solo come una buona prassi di mitigazione del problema.
Infatti, da tempo, guarda a un approccio più ampio, alle cause strutturali e, in particolare, non potendo direttamente incidere nei sistemi alimentari in un’ottica sistemica, guarda alle iniziative di sensibilizzazione: interventi nelle scuole (soprattutto dell’infanzia e primarie) per informare i cittadini più giovani che, sempre, si dimostrano ricettivi e interessati.

Tanto dovevo, come presidente dell’Associazione trentina che opera direttamente contro lo spreco alimentare, per informare compiutamente la Comunità di quanto si sta facendo e di quanto ancora si può fare con l’obiettivo di condividere meglio, di contribuire a un sistema di solidarietà dove si valorizza l’autonomia dei più fragili e dove lo spreco diventa risorsa, ripensando così valori personali e sociali.
L’occasione mi è gradita per porgere un cordiale saluto. E resto naturalmente a disposizione per fornire ogni altro chiarimento e anche per un’eventuale visita alla nostra sede.

Il Presidente Giorgio Casagranda
335 6378242

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) un terzo di tutti i prodotti alimentari a livello mondiale (pari a 1,3 miliardi di tonnellate edibili) vengono perduti o sprecati ogni anno lungo l'intera catena di approvvigionamento, per un valore di 2.600 miliardi di dollari. Conseguentemente, è stato calcolato che la prevenzione degli sprechi potrebbe risolvere abbondantemente l’intero problema della fame nel mondo.

Se fossero una nazione, lo spreco e le perdite alimentari mondiali sarebbero al terzo posto nel mondo, dopo la Cina e gli Stati Uniti, per livello di emissioni di gas serra. Inoltre, grandi quantità di acqua e di fertilizzanti vengono impiegate nella produzione di questo cibo che, purtroppo, non raggiunge mai il consumo umano.

Le stime italiane sulla quantità di cibo gettato da parte dei mercati all’ingrosso e della distribuzione organizzata ammontano a circa 400.000 t di prodotti alimentari (pari circa 900 milioni di euro), il 40% delle quali è costituito da prodotti ortofrutticoli.

Gli alimenti più sprecati solo le verdure (23%), la pasta (19%), il pane (16%).