Il salvagente a chi sbandiera l’estrema ratio delle dimissioni
«Si dimetta Baratter insieme con i Filistei» – «Si dimetta l'Olivi privo bacchetta magica»
Due eventi ci hanno fatto lanciare il «salvagente» della nostra rubrica pungente, nata per impedirci di «annegare in questo mare di cavolate».
In comune a entrambi gli eventi le dimissioni, richieste a profusione.
Il primo evento riguarda il consigliere provinciale Lorenzo Baratter.
Il consigliere del PATT ha commesso una leggerezza incommensurabile, promettendo all’associazione degli Schützen un certo compenso mensile nel caso fosse stato eletto.
Naturalmente «non doveva era un voto di scambio», dato che per definizione promesse di questo genere i politici sono portati a farne tante, proverbialmente mai mantenute.
Ma nel caso di specie, ha commesso l’errore di mettere per iscritto l’accordo. Come dire che, conoscendo la memoria corta dei politici, era meglio ottenere un titolo di qualche genere a garanzia. E questo ha fatto cadere il presupposto di promessa da marinaio un accordo vero e proprio.
Una volta presentato all’incasso, il titolo ha inevitabilmente sollevato le ire della gente perbene, più della stessa Procura della Repubblica che riteneva che il fatto non sussistesse, stante l’impossibilità tecnica da parte dei dirigenti degli Schützen di poter garantire l’appoggio degli associati.
In realtà però il magistrato giudicante ha ritenuto che il fatto esistesse per la sola ragione che qualcuno lo aveva messo nero su bianco.
E così si è andati a processo. Cioè, ci sono andati solo i due dirigenti, perché Baratter ha preferito (saggiamente) chiedere al giudice la cosiddetta «Messa alla prova». Una sorta di patteggiamento minore, nel senso che la messa alla prova viene concessa in luogo del processo: se alla fine della «prova» il magistrato ritiene che il Baratter ha avuto modo di ravvedersi, il processo non si farà e basta, l'azione si estingue.
Presupponendo che la messa alla prova avrà risultato positivo, Baratter ha evitato la pur lieve condanna che invece i due compagni di «leggerezza» hanno subito. Nel caso di una condanna, Baratter avrebbe dovuto fare i conti con la Legge Severino. Così invece, a prova superata, avrà chiuso i conti con la legge.
Ovviamente, però, dal punto di vista politico non si tratta di una leggerezza ma di una cavolata vera e propria. Anche volendola vedere con benevolenza, per assurdo, una buona fede in questo campo è più grave di una volontà vera e propria di commettere una «truffa elettorale».
Dimissioni? È quanto chiedono certe opposizioni.
Già che ci sono, però, non chiedono le dimissioni del solo Baratter, ma dell’intera Giunta provinciale che ha accolto tra le fila della propria maggioranza l’autore di queste «leggerezze». Certo non è questo l’insegnamento che il consigliere – autore dell’opuscolo «L’autonomia spiegata ai miei figli» – può dare a chicchessia, ma non va mescolato il sacro al profano.
Così lanciamo il salvagente sia a chi chiede le dimisisoni di massa che a chi non ci pensa per nulla.
Lo stesso PATT ha invitato Baratter a pensarci alle dimissioni; come dire, quantomeno, che non si ripresenterà alle prossime elezioni provinciali.
Il secondo evento riguarda una dimostrazione popolare che oggi ha animato la piazza.
I lavoratori licenziati dalla Whirlpool che non hanno ancora trovato una nuova occupazione sono scesi in strada per protestare contro la Provincia che non è riuscita ancora a reinserirli nel mondo del lavoro.
Noi siamo dalla parte dei lavoratori, sia ben chiaro. Il lavoro è l’unico elemento che dà dignità all’uomo civile. Perderlo è un dramma personale ed esistenziale.
Ma un cosa vogliamo aggiungere. È ingeneroso chiedere a Olivi le dimissioni perché è riuscito a trovare lavoro solo a una parte di essi.
La Provincia siamo noi cittadini e tutti noi avremmo fatto il possibile per trovare lavoro ai migliaia di concittadini disocucpati.
Ovviamente non sappiamo se Olivi abbia giocato ne sue carte al meglio, ma se ci fossero suggerimenti da dargli, questi sarebbero sempre più utili e coerenti della richiesta di dimissioni.
Vista la differenza dei temi trattati, potrebbe sembrare irriverente riportare insieme l’imbarazzo generato dalla vicenda Baratter con il dramma della mancanza di lavoro.
Ma visto che in entrambi i casi le dimissioni vengono chieste con una logica controproducente, ci permettiamo di lanciare un altro salvagente nel nome del buonsenso.
G. de Mozzi.