È morto Erich Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine
Aveva compiuto da poco i 100 anni – Fu condannato all’ergastolo per aver partecipato alla pianificazione e all'esecuzione dell'eccidio delle Fosse Ardeatine

È morto all’età di oltre 100 anni Erich Priebke, il capitano delle SS che venne condannato all’ergastolo per aver partecipato alla pianificazione e al compimento della strage delle Fosse Ardeatine. Lui si è sempre giustificato dicendo di aver eseguito un ordine. E questo è vero. Il suo capo diretto colonnello Herbert Kappler, infatti, che «non» si era limitato a eseguire l’ordine di Hitler, nell’immediato dopoguerra venne condannato all’ergastolo per aver ucciso «cinque innocenti in più». L’eccesso di zelo fu l’errore che gli costò la condanna a vita. Ma allora cosa ha portato la giustizia italiana a condannare (sia pure in modo confuso) Erich Priebke per aver «semplicemente» obbedito? Due ragioni. Anzitutto, la sola appartenenza al corpo delle SS ha comportato a tutti una condanna in quanto si trattava di un corpo militare nato per compere delitti efferati nel nome del Nazismo. Anche gli SS chi non avevano commesso delitti si fecero due anni di carcere per la sola ragione che avevano indossato quella divisa. In affetti, si trattava di volontari. Cioè condividevano per partito preso l’operato del vertice. Priebke dunque eseguì un ordine che condivideva in pieno. E del quale, purtroppo, non si pentì mai. L’altra ragione che, grazie alla crescita culturale e morale del mondo Occidentale, è cambiata nei decenni che hanno seguito la fine della Seconda Guerra Mondiale è il concetto di «delitto contro l’umanità». Priebke aveva un debito di sangue nei confronti dell’intera umanità. Non è stata la sola Italia a condannarlo all’ergastolo, ma la storia dell’Umanità. |
Erich Priebke aderì al Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi nel 1933 (aveva 20 anni), segnalandosi come un membro solido e determinato.
Queste caratteristiche piacquero a Heinrich Himmler, che lo fece entrare nelle SS dove Priebke raggiunse il grado di capitano (SS-Hauptsturmführer).
Dopo l'armistizio e fino al mese di maggio 1944 opera a Roma sotto il comando di Herbert Kappler.
Dopo l'attentato che i Gruppi di Azione Patriottica (o GAP) fecero ai danni di una compagnia del battaglione Bozen [erano soldati altoatesini di leva – NdR] in via Rasella, il 23 marzo 1944, Kappler ordinò le esecuzioni di 335 ostaggi, da fucilare per rappresaglia alle Fosse Ardeatine.
La sentenza di condanna evidenzia l'erroneità del luogo comune secondo il quale la legge di guerra avrebbe permesso la fucilazione di 330 prigionieri (10 per ogni soldato tedesco morto nell'attentato) come rappresaglia dell'attentato di via Rasella e che il mero numero delle vittime fucilate, 335 persone (cinque in più), sia stato il solo capo di imputazione a carico di Priebke (le 330 residue essendo considerate obbedienza agli ordini).
La condanna è stata infatti emessa per tutte le 335 vittime della strage.
Nel corso della seconda guerra mondiale soggiornò in Italia, dove insieme ad altri militari tedeschi partecipò al coordinamento delle tattiche e delle strategie che il Terzo Reich avrebbe dovuto adottare nella penisola. Il 14 giugno 1944 divenne ufficiale di collegamento con lo stato maggiore della GNR, con sede a Brescia e diede un forte impulso alle perquisizioni e alle azioni di rastrellamento, allo scopo di individuare le cellule cittadine di supporto ai partigiani che presidiavano le montagne bresciane.
Centinaia di arrestati, appartenenti alla resistenza o semplici sospetti, furono catturati e rinchiusi nella prigione di Canton Mombello, per poi essere condotti nel suo quartier generale ove svolgeva, spesso personalmente, gli interrogatori.
All'uopo aveva requisito una palazzina in stile liberty (tuttora esistente e sita in via Privata Mai), all'epoca periferica ed isolata, verosimilmente per poter interrogare i sospetti in assenza delle, ormai latitanti, autorità costituite e, soprattutto, lontano da occhi e orecchi indiscreti o indesiderati.
Dopo la sconfitta della Germania, Priebke fuggì da un campo di prigionia presso Rimini e, dopo aver ricevuto documenti falsi a Roma, si rifugiò in Argentina, a San Carlos de Bariloche, ai piedi delle Ande argentine, dopo essere passato per Bolzano grazie all'assistenza dell'organizzazione ODESSA.
Riuscì quindi a sfuggire alla cattura e ai processi per crimini di guerra e, nonostante i servizi segreti israeliani per molto tempo gli avessero dato la caccia, non fu mai scoperto.
Nel 1991, la partecipazione di Priebke al massacro delle Fosse Ardeatine viene denunciata nel libro di Esteban Buch El pintor de la Suiza Argentina.
Nel maggio 1994 (50 anni dopo l’eccidio delle Ardeatine), partendo da questo libro, il giornalista statunitense Sam Donaldson intervistò Priebke a San Carlos de Bariloche in Argentina per conto dell'emittente ABC.
Le autorità italiane inoltrarono immediatamente la richiesta di estradizione a quelle argentine, che la concessero.
Estradato in Italia nel novembre 1995, venne rinchiuso nel carcere militare Forte Boccea di Roma.
La Procura militare chiese e ottenne il rinvio a giudizio di Priebke per crimini di guerra.
Priebke fu quindi imputato di «concorso in violenza con omicidio continuato in danno di cittadini italiani» per i fatti accaduti presso le Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.
Il 1° agosto 1996, il Tribunale militare dichiarò di «non doversi procedere, essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione» e ordinò l'immediata scarcerazione dell'imputato.
La sentenza non fu mai eseguita per un tumulto organizzato da membri della comunità ebraica guidati da Riccardo Pacifici, nell'aula giudiziaria, tumulto placatosi solo quando arrivarono da parte del governo italiano precise rassicurazioni sul fatto che Priebke non sarebbe stato liberato nonostante la sentenza del Tribunale Militare.
Piovvero molte critiche, sia in Italia sia all'estero, dalle comunità ebraiche che si sentivano offese dal proscioglimento di quello che loro reputano «un aggressivo e pericoloso criminale di guerra».
La Corte di Cassazione annullò quella sentenza, disponendo così un nuovo processo a carico di Priebke.
Egli fu prima condannato a 15 anni, poi ridotti a 10 per motivi di età e di salute; poi, nel marzo 1998, la Corte d'appello militare lo condannò all'ergastolo, insieme all'altro ex membro delle SS Karl Hass.
La sentenza è stata confermata nel novembre dello stesso anno dalla Corte di Cassazione.
A causa della sua età avanzata, sia a Priebke che ad Hass fu concessa la detenzione domiciliare.
La vicenda giudiziaria, per la distanza temporale dagli eventi, la subalternità di Priebke nei confronti di Herbert Kappler, le pressioni della piazza dopo la prima sentenza e l'atteggiamento di esponenti del governo come l'allora Guardasigilli Giovanni Maria Flick, suscitò anche critiche e perplessità in altre fasce dell'opinione pubblica e da parte di politici, intellettuali e giornalisti quali Indro Montanelli e Vittorio Feltri.
Nel 2000 il Senatore Antonio Serena chiede per Priebke la grazia per «ragioni umanitarie», mentre nel 2003 invia a tutti i parlamentari una videocassetta intitolata «Guai ai vinti» proprio sulle vicende di Priebke (atto che gli costò l'espulsione dal partito Alleanza Nazionale).
Il 12 giugno 2007 il giudice militare concede a Priebke, 93enne, il permesso per uscire di casa «per recarsi al lavoro» presso lo studio del suo avvocato.
Il 18 giugno 2007 alcuni dimostranti della Comunità Ebraica hanno protestato davanti all'abitazione in cui risiede il Priebke agli arresti domiciliari e in via Panisperna, davanti allo studio dell'avvocato Paolo Giachini, sede dell'Associazione Uomo e Libertà.
Dal 2009, godendo ancora di ottima salute, gli è concesso uscire di casa «per fare la spesa, andare a messa, in farmacia» ed affrontare «indispensabili esigenze di vita».
La conferma è arrivata dal suo legale Paolo Giachini.
Questa concessione è stata resa nota solo nel mese di ottobre 2010.
La polizia comunque lo sorveglia costantemente soprattutto per tutelare la sua incolumità, per quanto nelle sue uscite Priebke non sia mai stato oggetto di offese o azioni violente.
A 100 anni dalla sua nascita, a Roma sono apparsi slogan e svastiche inneggianti riportanti la scritta «Dio stramaledica i tuoi accusatori», dedicatogli dalla «Comunità militante Tiburtina», probabilmente appartenente all'estrema destra.
Pochi mesi dopo, l'11 ottobre, è morto a Roma serenamente sul suo divano.
Si ringrazia Wikipedia per i testi e le immagini che ci hanno concesso di scrivere questo articolo.