L'educazione che manca ai figli – Di Giuseppe Maiolo, psicanalista
Dopo i fatti accaduti a Rimini e a Napoli dobbiamo chiederci se ancora siamo all’anno zero per quanto riguarda l’educazione alla sessualità
>
I casi recenti di Rimini e Napoli di qualche giorno fa, con l’eco mediatico che suscitano, ci spaventano e ci fanno indignare.
Solo però per qualche giorno.
Ci interroghiamo sul perché è sul per come, apriamo dibattiti e commenti su FB e poi nel giro di qualche tempo tutto rientra nella solita quotidiana distrazione.
Per alcuni si direbbe che si tratta di assuefazione alle notizie che affollano le nostre cronache.
Per altri ho la sensazione che sia vera e propria indifferenza.
Per molti, certamente, è distanza culturale. Altrimenti non si spiega perché mai, facendo interventi con genitori e insegnanti, mi capita di trovare che molti di questi adulti competenti non sanno ancora cosa sia il SEXTING e quali conseguenze produca.
Sappiamo dalle cronache che nella storia della ragazza di Rimini come per Tiziana Cantone si è trattato prima di tutto di materiale privato e intimo che è girato in rete.
E il punto è proprio questo: le nuove e potenti tecnologie di comunicazione ci stanno facendo diventare tutti dei voyeristi avidi di immagini, curiosi di vedere le intimità degli altri e spavaldi esibizionisti di immagini nostre, e dei nostri figli.
Cosa possiamo aspettarci dai ragazzi se a parole diciamo di non postare foto private e poi come adulti siamo i primi a pubblicare per tutti, sui Social, i nostri bambini svestiti in pose intime mentre dovremmo proteggerli davvero e insegnare con l’esempio, non a parole, che le foto pubblicate su un social non si cancellano più dalla rete.
Girando per le scuole con un progetto di prevenzione sui rischi Internet e per un Web sicuro, ho scoperto bambini della scuola primaria che già avevano ricevuto messaggi e immagini pornografiche e sapevano bene cosa fosse il SEXTING.
Poi sono venuto a conoscere anche che diversi piccoli dalle loro camerette, di notte e all’insaputa dei genitori che non controllano dove sia stato lasciato il telefonino dei figli, chattano con Whatsapp e mandano messaggi di ogni tipo, fanno i bulletti in rete e non si rendono conto di quello che combinano.
«Dei bambini non si sa niente» scriveva anni fa Simona Vinci, nel suo più famoso romanzo-denuncia di un’infanzia sconosciuta.
Mi sembra che sia un tema più che mai attuale: viviamo all’oscuro di quello che fanno, pensano, sognano i nostri figli, lontani dalle loro aspirazioni, distanti dal loro mondo e spesso assenti sul piano educativo.
Distratti dalle nostre incombenze. Quanto meno trascuranti.
Sul Corriere della sera la settimana scorsa Aldo Cazzullo rilevava che siamo di fronte ad una «generazione impreparata alla vita, all’amore, al sesso, ed esposta alle sirene di una rivoluzione tecnologica».
Condivido: non stiamo facendo educazione digitale ma forse neanche educazione.
Perché dovremmo chiederci dove stavano gli adulti capaci di aiutare una trentenne a riconoscere se erano davvero «amiche» le persone che poi hanno messo in giro su Whatsapp il video che la ritraeva a fare sesso.
Dobbiamo chiederci se in questi anni abbiamo davvero sdoganato il sesso da tutti gli orpelli del pregiudizio o se ancora siamo all’anno zero per quanto riguarda l’educazione alla sessualità.
Interroghiamoci su quale educazione ai sentimenti stiamo fornendo e quante informazioni sul sesso diamo oggi ai bambini se con la nostra assenza «deleghiamo» questo compito a Youporn dove, come sappiamo, i giovani di oggi passano parecchio tempo ad eccitarsi e fare sesso virtuale.
Cerchiamo risposte a queste domande e non demonizziamo quei dispositivi utili, utilissimi, che abbiamo e ci servono quotidianamente, ma impariamo a saperli governare.
Altrimenti sarà partita persa.
Giuseppe Maiolo - www.officina-benessere.it