Mass Media e Democrazia: Il pluralismo è democrazia
Confalonieri: «Berlusconi? Gli italiani lo hanno votato tre volte…» Lloyd: «Internet arriva anche dove non c'è democrazia» Mucchetti: «La Rete ci sommerge di notizie che poi non sappiamo analizzare...»
Mass media e democrazia: ovvero
pluralismo esterno, negli assetti del mercato, nell'esistenza, più
o meno garantita da norme antitrust, di diverse testate in
competizione fra loro, e pluralismo interno ad ogni singola
azienda, a sua volta dipendente - fra le altre cose - dagli assetti
proprietari. Questo lo scenario delineato oggi pomeriggio da
Michele Polo, docente di Economia politica alla Bocconi,
nell'introdurre il forum dedicato ai media, alla democrazia, e ai
rapporti variabili che intercorrono fra queste due entità.
Ospiti d'onore, Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset spa,
Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della Sera e John
Lloyd, editorialista del Financial Times.
Fuori dalla sala va in scena la protesta - anche questa è
democrazia - di due distinti gruppi, Italia del Valori per la
vicenda di Rete 4, conclusasi oggi con una sentenza del Consiglio
di Stato a favore dell'emittente, e gli operai della
Sogefi di Mantova (di proprietà di De Benedetti, che però
non è intervenuto al forum), minacciati di licenziamento.
Il dibattito, moderato dalla giornalista Luisella Costamagna, ha
toccato un po' tutti i temi caldi del momento, compreso quello di
Internet, per alcuni probabile nuovo garante del pluralismo
mediatico in virtù della sua accessibilità e pervasività, per altri
strumento ancora troppo acerbo, sul piano del business, per
impensierire i colossi dell'informazione.
Prevedibili le posizioni delineatesi nel corso degli interventi: ad
un Polo che afferma che «il malato è grave», sia nel campo
televisivo (nonostante i nuovi concorrenti, Sky su tutti) sia in
quello giornalistico (soprattutto a livello locale, dove le testate
continuano a calare, ma evidentemente il caso Trentino è
un'eccezione), Confalonieri replica che «il mercato c'è e funziona,
e il suo principale attore è il giornalista con la sua
professionalità».
Riguardo alla questione di Rete 4 e del ricorso presentato da
Europa 7, «per tre giorni hanno fatto una "batracomiomachia", poi
siccome anche nel Pd ci sono persone intelligenti hanno tirato
indietro il piede. Comunque, se una trasmissione piace può
permettersi di attaccare chi vuole e lo stesso Montanelli diceva:
il mio padrone è il lettore.»
Qualche mugugno in sala quando il presidente di Mediaset, parlando
di conflitto di interessi, ha affermato che «Berlusconi è
proprietario solo di un terzo dell'azienda». Subito precisando «Gli
altri due terzi sono di proprietà di fondi esteri, che certo non
investirebbero lì se le nostre tv, per ragioni legate alla loro
proprietà, non fossero gradite al pubblico. Poi si può non essere
d'accordo che un proprietario di televisioni faccia anche politica
ma così è l'Italia e comunque gli italiani hanno votato Berlusconi
tre volte.»
Mucchetti ha spostato il dibattito sulle redazioni.
«Le notizie le diamo più o meno tutte, ma bisogna vedere come. La
verità è che c'è conformismo culturale anche nelle redazioni. A me
questo interessa, il dibattito su Rete 4 non mi appassiona. Il
problema è avere una tv di Stato che deve rincorrere audience e
pubblicità, mettendosi in competizione con il privato, magari
rinunciando a fare inchieste. Negli Usa, un ex-banchiere di
orientamento liberista apre un'azienda che si propone di diventare
la più grande testata mondiale nel campo del giornalismo
investigativo, semplicemente perché si accorge che è qualcosa che
manca, anche se gli Usa sono la patria del giornalismo
investigativo. Noi non abbiamo questi banchieri, abbiamo la
televisione di Stato. Se non dovessero competere per l'audience,
forse potremmo avere non una ma dieci Gabanelli.»
Per Lloyd il fattore proprietà rimane determinante. In un sistema
democratico, che ha nei media uno dei suoi pilastri, la proprietà
deve condividere gli stessi valori, la stessa «missione» del
giornalista. In quanto ad Internet, la realtà è che i blog sono
sempre più importanti, basti pensare a Beppe Grillo. Internet
arriva anche dove non c'è libertà.
Di George Lloyd abbiamo parlato ieri riportando la sua intervista
sul tema dei giornali in rete: «Russia a Cina hanno dimostrato che
il potere non riesce a fermare l'informazione via Internet».
«E' vero, Internet è importante - ha aggiunto Mucchetti - perché
garantisce un accesso all'informazione a bassissimo costo. Ma non
sostituisce le testate giornalistiche, - ha concluso, pensando più
a se stesso che al pubblico. - La rete ci sommerge di informazioni
che poi non sappiamo analizzare.»
Anche Polo è tornato sulla questione della proprietà.
«E' importante, non è vero che contano solo i giornalisti. Per
usare una metafora calcistica: contano i giocatori, ma conta anche
l'allenatore e la proprietà che lo ha assunto. Il punto è che il
mercato, come sempre, tende alla concentrazione, se non è regolato
in altro modo. Ma se anche le testate si riducono o le sedi
periferiche chiudono io cittadino devo farmi lo stesso un'idea di
quello che succede, e me la farò con quello che rimane, anche con
un solo giornale.»