Intervista alla poeta Anna Maria Ercilli – Di Luciana Grillo
Il 21 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Poesia istituita dall’UNESCO
Titolo: La porpora delle api
Autrice: Anna Maria Ercilli
Editore: Fara, 2021
Genere: Libro di poesia femminile
Pagine: 56, Rilegato
Prezzo di copertina: € 10
Ho scritto spesso articoli sulla poesia, e sempre mi sono chiesta se poeta si nasca o si diventi e che cosa sia veramente la poesia.
Penso ai lirici greci, che ho molto amato, a Catullo, Lucrezio, Orazio che hanno accompagnato i miei anni liceali, a Petrarca e a Foscolo che mi hanno regalato emozioni profonde, e poi ai poeti novecenteschi, italiani e stranieri.
L’elenco sarebbe lungo, e probabilmente inutile.
Penso a quanti versi abbiamo imparato a memoria, versi che, come scrive Vivian Lamarque, «recitavamo a ritmo variabile, ora precipitosi, ora esitanti, ora nel panico del buio pesto della smemoratezza, a volte soccorsi in extremis da provvidenziali compagni suggeritori».
Roba del secolo scorso, non si usa più!
Però la poesia esiste e resiste, magari non in rima, ma con versi liberi da schemi.
Perciò ho pensato di chiedere ad Anna Maria Ercilli, poetessa trentina rigorosa e sensibile - che ama la natura e la canta nei suoi versi limpidi e scarni, che sembrano scivolare morbidamente dalla penna, senza costruzioni, mai artefatti - di sciogliere i miei dubbi.
Anna Maria, poeta si nasce o si diventa?
«Credo che si diventi poeta attraverso esempi, ascolto, curiosità, studio. Io ho imparato molto da mio padre, l’ho sempre considerato un poeta…dell’anima. Ma lui non lo sapeva!»
Chi ha letto le sue prime poesie?
«Quando ero una studentessa, chiedevo a mia madre di leggere i miei versi, acerbi. Per me scrivere una poesia era una sorta di esercizio, un passatempo. Spesso scrivevo in caratteri stenografici.
«Da adulta, i giudici sono stati i miei figli.»
Quali poeti ha amato di più, quali l’hanno ispirata?
«Al primo posto, Esenin, il poeta russo che a nove anni componeva poesie e a ventuno le pubblicò. Ne ho amato la sensibilità sottile, la freschezza, la dolcezza, così come ho apprezzato in Pascoli l’amore per la natura, per le parole sempre esatte quando descriveva una foglia o un fiore.
«E poi Sbarbaro, che ha messo in versi i paesaggi liguri, le erbe e i licheni che importanti musei comprarono ed esposero, e Montale, con i suoi limoni e le scale, i poeti laureati e il male di vivere… l’elenco è lungo, dovrei aggiungere i poeti russi, i francesi, gli americani, Allen Ginsberg e Hadda be Playn on a Jukebox, Pessoa, Drummond de Andrade, e infine il trentino Marco Pola che mi ha incoraggiato a scrivere e a pubblicare.
«Naturalmente, per i poeti stranieri mi sono affidata ai traduttori, sperando che siano stati fedeli.»
[Tutti uomini… - NdR]
Scrive più per sé o per gli altri?
«Per me, per me.»
Quante pubblicazioni ha al suo attivo?
«Molte mie poesie sono state inserite in antologie, in riviste, nel dizionario delle parole perdute Nelle pagine del tempo, in alcuni volumi editi da LUA di Anghiari; le pubblicazioni di poesie esclusivamente mie sono tante, ricordo le più recenti: Dall’aria, alla terra, all’oblio, del 1996; La porta di Tàriso, del 2004; La stanza del colore provvisorio, del 2013 e l’ultima, La porpora delle api del 2021.»
Ha mai scritto in dialetto?
«Mai, perché non ho un dialetto mio, sono figlia di una ligure e un milanese… però amo i poeti che sanno usarlo, penso a Trilussa, a Di Giacomo, a Totò, a Biagio Marin. Li leggo, cerco di capirli e mi confronto con suoni diversi dai miei.»
L’intervista si conclude qui, ma io vorrei aggiungere due poesie che mi sembrano speciali, una (tratta da «La porta di Tàriso») è dedicata a Magritte, il pittore dei cieli, dei notturni e delle nuvole che entrambe amiamo: si intitola:
Dipinti e vocali e ne trascrivo una parte
Dubbi e scontri
di pensiero
forme alate di sparviero
upupa
ala spezzata fra le tele di Magritte
e gli squarci
appesi alle pareti…
La seconda poesia è a mio avviso più intensa, si intitola
Le parole
Le parole non portano
rancore sono disarmate,
ma sanno ferire
le parole incontrano finestre chiuse,
aprono porte nei cortili
sfregiano muri di argilla
non entrano nell’arido tempo
non lasciano arrivare il sonno,
rodono il dubbio nel rumore
indefinito, stridono
nella lingua della notte
travisano il senso
a te pensano.
Credo che questi versi definiscano perfettamente la qualità e l’intensità della poesia di Anna Maria Ercilli e ci permettano di festeggiare degnamente la giornata mondiale della poesia.
Luciana Grillo - [email protected]