Storie di donne, letteratura di genere/ 559 – Di Luciana Grillo
Phyllis Rose, «Vite Parallele» – L’autrice racconta la vita di coppie dell'era Vittoriana, felici o infelici che fossero
Titolo: Vite parallele. Charles Dickens, John Ruskin,
Thomas Carlyle, John Stuart Mill, George Eliot:
cinque matrimoni vittoriani
Autrice: Rose Phyllis
Traduttrice: Franca Castellenghi Piazza
Editore: UTET, 2024
Pagine: 368, Rilegato
Prezzo di copertina: € 24
Matrimoni d’amore e non nell’Inghilterra vittoriana, raccontati con brio da una brillante critica letteraria statunitense che si muove con disinvoltura fra amori, amanti e tradimenti, tradizioni, viaggi e fughe.
Rose vuole smentire il concetto che vittoriano sia sinonimo di puritano, cita esempi clamorosi di vita libera, come il caso di Harriet Taylor che condusse per più di vent’anni un inedito ménage à trois o quello del matrimonio «aperto» di Agnes e George Lewes.
In realtà lo scopo di Rose è anche un altro: dato per scontato che «ciascun matrimonio è a suo modo un racconto - o due racconti. I matrimoni infelici, per esempio, sono due diverse versioni della realtà piuttosto che il conflitto di due persone, e vi si ravvisa chiaramente la costante lotta fra i coniugi per affermare il predominio del proprio immaginario», è il ruolo della donna che le interessa sottolineare.
La donna è una fattrice, deve piegarsi all’autorità maschile, deve sposare chi le viene suggerito o imposto, deve adeguarsi e adattarsi alle esigenze altrui.
«Tutto sommato, mi sembra che tra i matrimoni di allora e d’adesso esistano più somiglianze che differenze… anche adesso come allora di solito l’amore se ne va dalla porta quando dalla finestra entra la miseria».
L’autrice, dunque, ha preso in considerazione alcune coppie e ne ha ripercorso la storia, servendosi come fil rouge di una coppia che attraversa tutto il libro e che fa per così dire da cornice.
Si tratta di Jane Welsh e Thomas Carlyle che aprono e chiudono il testo: Jane era una giovane di famiglia molto benestante, il padre medico ne apprezzava l’intelligenza vivace, la volontà di istruirsi, la capacità di scrivere.
Jane sapeva di esercitare un certo fascino sugli uomini, «era gaia, spiritosa, irresistibile».
Thomas era un insegnante di origini modeste, trovò in Jane la sua donna ideale, le inviò libri da leggere e tra loro iniziò una fitta corrispondenza.
Per Jane era un buon amico, sicuramente non un uomo da sposare perché di rango diverso. Eppure lo sposò, perché gli altri non comprendevano la sua voglia di scrivere e di leggere. La mamma di Jane tentò di ostacolare le nozze. Invano.
La vita coniugale, cementata dal comune interesse culturale, cominciò bene.
La casa divenne un salotto di intellettuali, ma Jane cominciò a sentirsi a disagio, non adatta a frequentare residenze lussuose, mentre nella sua casa riceveva con signorilità e garbo Dickens, Eliot, Forster e persino Mazzini.
Forse Thomas cominciò a tradirla.
Jane iniziò a scrivere un diario, probabilmente per colpevolizzare il marito, negli anni 1855-1856: aveva fatto tanti sacrifici per lui, era «una ricca ereditiera ridotta a fare la domestica; una moglie non più giovane trascurata per una rivale più affascinante; una donna malata le cui infermità non vengono prese sul serio o almeno compatite…».
O invece era una donna nevrotica e gelosa, perché «da bambina aveva imparato il latino come un maschio, a nove anni aveva letto Virgilio, a dieci aveva studiato matematica e a quattordici aveva scritto una tragedia»?
Rose allude al concetto che una donna che studia rappresenta un “pericolo”?
Le vicende delle altre coppie si rincorrono, mentre i Carlyle si scandalizzano se una di loro non è regolarmente sposata!
Anche Dickens e consorte litigavano e lui tradiva lei; Miss Evans, nubile e non particolarmente dotata dal punto di vista fisico, prima di diventare George Eliot, era stata segretaria dell’editore e libraio Chapman.
Viveva a pensione presso i Chapman, in una strana confusione: la bambinaia era l’amante del libraio, ma era alleata con la moglie nel temere la Evans che nel contempo crede di essere amata da Spencer che le presentò Lewes, sposato con Agnes.
Jane Carlyle li considerava una coppia perfetta, «piccioncini… ma ora sembra che la piccioncina sia volata fuori dal nido e osservi con occhio alquanto critico il suo spennacchiato compagno»… e si diceva che alcuni dei figli di Agnes non fossero del suo legittimo marito, ma dell’amante Hunt.
Evans confortò e curò Lewes e per ventiquattro anni restò al suo fianco, diventando autore di successo con lo pseudonimo di George Eliot!
Marian Evans riconosceva a Lewes il merito di averle fatto scoprire una vera vocazione, per cui la sua trasformazione in George era frutto della interdipendenza tra amore e creatività.
La loro convivenza aveva fatto scandalo, come fece scandalo poi - dopo la morte di Lewes - il matrimonio fra Marian-George e Johnny Cross, suo allievo quarantenne, «sano e robusto, devoto e premuroso».
Questa era l’età vittoriana, un’età di coppie infelici e di coppie felici, la cui vita è stata analizzata con cura da Phyllis Rose, aggiungendo a volte un po’ di frizzante gossip.
Luciana Grillo - [email protected]
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