Conflict archaeology: quel che resta della Grande Guerra
Venerdì 15 alle ore 10 e alle 16.30 allo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas
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Doppio appuntamento con il teatro venerdì 15 dicembre allo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas, a Trento sotto piazza Cesare Battisti, dove andrà in scena «Conflict archaeology. Quel che resta della Grande Guerra», lezione recitata scritta da Valentina Cabiale e interpretata da Giuliano Comin. Alle ore 10 lo spettacolo sarà riservato alle scuole mentre nel pomeriggio, alle ore 16.30, sarà rivolto a tutto il pubblico.
Alla parte recitata seguirà l'intervento di Franco Nicolis già direttore dell’Ufficio beni archeologici provinciale e curatore della mostra «La memoria nel ghiaccio.
Archeologia della Grande Guerra a Punta Linke» allestita nel sito e visitabile fino al 7 gennaio prossimo. La proposta è dei Servizi Educativi dell'Ufficio beni archeologici dell’UMSt Soprintendenza per i beni e le attività culturali provinciali. L’ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Il recital è composto da tre parti: «Le scarpe», «I corpi» e «La memoria della materia».
La voce di Giuliano Comin condurrà il pubblico in un viaggio tra le tracce «tangibili» della Grande Guerra, a partire da un paio di soprascarponi in paglia usati un secolo fa nella postazione austro-ungarica di Punta Linke, nei pressi di Cima Vioz, nel gruppo Ortles-Cevedale a 3.629 metri di altitudine, sul fronte più alto della Prima guerra mondiale.
Nella narrazione si avvicendano i corpi, gli oggetti, i vestiti dei soldati, in un appassionante equilibrio fra conoscenza emotiva e ricostruzione storica.
«Conflict archaeology: quel che resta della Grande Guerra» intende essere una riflessione divulgativa sul senso ultimo della «archeologia dei conflitti», che cerca di comprendere il rapporto tra le rimanenze di ciò che è stato e il modo in cui vogliamo - o non vogliamo - integrarle e riconoscerle nel presente.
L'incontro delle arti con la disciplina dell'archeologia è anche un modo per contribuire a renderla - nel senso alto del termine - popolare, per svelarne aspetti inediti e contemporanei, insieme a funzioni ancora più complesse e affascinanti di quelle che solitamente le vengono attribuite.
L’archeologia della Grande Guerra è una disciplina relativamente nuova e innovativa nel panorama italiano. Da alcuni anni il ritiro e lo scioglimento dei ghiacciai del Trentino causati dall’emergenza climatica, hanno portato gli archeologi su quello che era il fronte più alto della Prima guerra mondiale a oltre 3000 metri di altitudine.
Gli interventi, condotti con metodo archeologico da équipe multidisciplinari composte da archeologi, geologi, guide alpine, restauratori, hanno riguardato il recupero di strutture, come la teleferica riemersa dai ghiacci di Punta Linke, e di oggetti, ma anche e soprattutto di resti di soldati affiorati dal ghiaccio e rinvenuti casualmente da escursionisti alle alte quote del ghiacciaio del Presena e alle pendici occidentali del Corno di Cavento nel Gruppo dell'Adamello. Un compito non facile e delicato per restituire alla memoria collettiva tasselli di storia e di micro-storie e per rendere omaggio a chi è stato suo malgrado protagonista di questi tragici eventi.