Altro attacco demagogico contro le autonomie di Trento e Bolzano

Stavolta viene dalla presidente della Provincia di Cuneo, Gianna Gancia. Forse è giunto il momento di fare informazione

Nel corso di una conferenza stampa sulla riduzione delle province in Italia, e sulla spending review più in generale, la presidente della Provincia di Cuneo, Gianna Gancia, ha rivolto oggi uno dei tanti attacchi alle autonomie speciali fatti senza cognizione di causa.
«Auspicabile una ripresa del percorso del federalismo, – ha detto. – Una riorganizzazione fondata sulla ridistribuzione dei costi in egual misura. Ha senso pensare ancora alle province a statuto speciale? La Provincia di Bolzano ha un bilancio, comprensivo delle spese sanitarie e scolastiche, di cinque miliardi [sono 4,5 - NdR] di euro. Quella di Cuneo, davvero di poco più piccola, pareggia a 120milioni, cifra neanche minimamente paragonabile ancorché in assenza di competenze dirette in materia sanitaria e scolastica. Una sproporzione oggi ingiustificata. Si può tranquillamente parlare di concorrenza sleale.»
 
Siamo senza parole. Che senso ha paragonare il bilancio di una provincia a statuto ordinario come Cuneo, con quelle di Trento e Bolzano che gestiscono tutto ciò che non riguarda Forze Armate, Forze dell’Ordine e Magistratura?
La sola Sanità (che la presidente Gancia liquida con incredibile superficialità) costa circa un miliardo, quasi un quarto del bilancio. Ma mai pensato – così per citare alcune competenze – quanto costino la scuola (università compresa), la guardia forestale, i bacini montani, o cosa significhi gestire anche le strade statali, la protezione civile? Ha idea di quanto costino gli ammortizzatori sociali? Ha mai pensato quanto spetti ai comuni del Trentino e dell’Alto Adige, che come tutti gli enti locali prendono quattrini solo dalle rispettive province?
 
No, non ha senso fare un paragone neanche se si trattasse di una regione come il Piemonte, che qualche competenza in più di una provincia come Cuneo ce l’ha.
Ma il punto è un altro. Perché invece che lamentarsi delle autonomie altrui, non pensa piuttosto a un federalismo reale, autonomo da Roma come quello del Trentino e dell’Alto Adige?
Probabilmente non lo fa per due motivi. Il primo è che un’auspicabile autonomia come quella da lei invidiata non potrebbe comunque andare a una provincia ma alla Regione.
La seconda è che la demagogia rimane l’ultima spiaggia di chi non ha argomenti.
 
Ci spiace dover spiegare sempre le stesse cose, perché alla fine si arriva sempre lì. Quanto i Trentini e gli Altoatesini erano «poveri come il Gana» [vedi intervista a Durnwalder], hanno pensato di aiutarci concedendoci i nove decimi delle nostre tasse che non bastavano neanche per mantenere le spese correnti.
Le competenze ce le siamo conquistate noi, man mano che da una parte cresceva il reddito e dall’altra si riusciva a spendere meno e meglio dello Stato.
Adesso che il Governo si è accorto che riusciamo a vivere con meno, non certo per merito suo, quei nove decimi sono stati ridotti – tra Patto di Stabilità e Riserva per l’Erario – in sei decimi e mezzo.
 
In conclusione, torniamo a una proposta che avevamo fatto già un paio d’anni fa, invitando i presidenti delle province di Trento e di Bolzano a veicolare una campagna di comunicazione per spiegare non solo la differenza reale tra statuti ordinari e speciali, ma anche la convenienza che avrebbero lo Stato e le regioni ad assumere i livelli di autonomia che hanno portato ai risultati del Trentino Alto Adige che, citando forse irriverentemente la scuola socratica della maieutica, ha imparato a cercare dentro di sé la verità del riscatto e del rilancio.
L’alternativa è quella di alimentare la diffusa credenza popolare per cui chi ha un benessere superiore non se lo è sudato ma lo ha portato via a qualcuno.
 
Guido de Mozzi
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