Si può migliorare l’educazione finanziaria degli Italiani?
Ne hanno parlato Francesco Giavazzi, Francesco Vella, Guido Roberto Vitale, Bruno Mangiatordi
Non solo si può ma si deve. Il
mercato finanziario è estremamente complesso e sempre più raffinato
e, anche se non ci si pensa, rischioso. Nel campo dell'educazione
finanziaria ci sono già esperienze positive nel mondo anglosassone
che possono essere prese ad esempio. Potrebbe essere costituita
un'apposita Autorità a partecipazione pubblico - privata. Per
questo servirebbe un'iniziativa politica che potrebbe far
convergere le volontà sia della maggioranza che dell'opposizione.
L'indipendenza dell'analisi e la competenza di chi informa sono i
punti di partenza di questo processo di trasformazione del rapporto
tra investitori e mercato.
«Negli Stati Uniti - ha ricordato Francesco Giavazzi, docente di
Economia Politica all'Università Bocconi - l'amministrazione Bush
ha avviato un programma specifico per migliorare la capacità dei
cittadini di fare scelte finanziarie consapevoli. Da noi,
purtroppo, siamo in una situazione di quasi analfabetismo
finanziario a fronte di un mercato che invece è sempre più
sofisticato. Una corretta e puntuale informazione finanziaria è un
tema non banale anche per le persone comuni.»
Le regole, ha ricordato il giurista Francesco Vella, per essere
percepite devono essere semplici e comprensibili. Soprattutto in un
campo così tecnico come la finanza, l'informazione non deve essere
eccessiva ma va invece personalizzata. Chi propone un investimento
o un prodotto finanziario non può limitarsi a consegnare al cliente
un'informativa ma deve spiegarne il contenuto.
«È fondamentale che la comunicazione finanziaria si differenzi
rispetto al marketing e soprattutto che sia indipendente. La
maggior parte della clientela - ha spiegato Vella - non ha una
cultura finanziaria sufficiente a fare un acquisto ragionato e vi
dedica anche poco tempo. Una recente indagine ha dimostrato infatti
che mediamente impieghiamo un mese per concretizzare l'acquisto di
una macchina e circa una settimana per scegliere un prodotto
finanziario.»
Alla base di questo comportamento vi è forse la sottovalutazione di
quanto sia rischiosa ogni scelta in campo finanziario o viceversa
l'eccesso di fiducia nei confronti degli operatori finanziari che
propongono l'investimento. Quello che il legislatore può fare nel
campo dell'educazione finanziaria è organizzare un sistema
educativo che controlli e coordini le tante iniziative già
esistenti. Negli Stati Uniti, a partire dal 2003, hanno realizzato
un sito internet che organizza tutte le iniziative volte a far
conoscere le attività e le problematiche finanziarie e a diffondere
i vari progetti di educazione.
Bruno Mangiatordi ha ricordato che nel 2007 i lavoratori in larga
parte hanno scelto di tenere i loro soldi nelle aziende invece di
spostarli nei fondi pensione. Per invertire questa tendenza bisogna
costruire un sistema di fondi pensione che abbia una grande
credibilità.
«L'educazione finanziaria - ha detto - non deve essere considerata
uno strumento per incrementare l'utilizzo dei prodotti finanziari
da parte del pubblico, questa è una conseguenza minore. Dovrebbe
crearsi anche da noi un organismo pubblico-privato in grado di
replicare le positive esperienze dei paesi anglosassoni in materia
di informazione finanziaria. Per creare questa Autorità ci vorrebbe
un'iniziativa politica che, visto il tema, potrebbe essere anche
bipartisan.»
Guido Roberto Vitale ha spiegato che gli italiani spesso
preferiscono fare da soli piuttosto che affidarsi ai gestori
professionali perché ce ne sono pochi, perché spesso i fondi di
investimento hanno rendimenti minori rispetto ai portafogli auto
gestiti e poi anche perché è forte l'ingerenza delle banche nei
fondi di investimento e questo crea oggettivamente contrasti di
interessi.
Anche i media hanno le loro responsabilità.
«I giornalisti - ha detto Vitale - raramente hanno una cultura
specifica in materia economico finanziaria. Drammatizzano i
fenomeni spesso senza spiegarli a fondo. Si scrive molto di finanza
ma c'è poca informazione puntuale e approfondita. Molte delle
informazioni che girano, anche nel mondo anglosassone, non sono
sempre attendibili perché frutto spesso di analisi non accurate o
troppo aleatorie per aziende che hanno una notevole dimensione o
complessità.»