Intitolata a Massimo Ranzani la caserma del V Reggimento Alpini di Vipiteno

Alla cerimonia erano presenti i genitori dell’ufficiale caduto a Shindand lo scorso 28 febbraio in un attentato sulla Ring Road

Il 28 febbraio di quest’anno moriva il capitano Massimo Ranzani in un attentato avvenuto a Sindand, parte meridionale dell’Afghanistan posto al controllo italiano.
Ranzani era in forza presso il Quinti Reggimento Alpini, di stanza a Vipiteno e allora operativo nella base di Shindand, comandato dal colonnello di Mattarello Giovanni Corradello.
Il nostro giornale aveva pubblicato la notizia a più riprese, man mano che arrivavano le notizie dall’Ufficio per la Pubblica Informazione della Brigata Julia, tuttora reperibili tramite i link del primo, del secondo, del terzo, del quarto e del quinto articolo.
La notizia mi aveva colpito particolarmente, perché, come avevo scritto in quell’occasione, l'essere stati in quel teatro operativo, aver conosciuto i ragazzi e averli visti all'opera mi aveva coinvolto emotivamente.
E non è solo perché mi ero ritrovato alla stessa ora, nello stesso posto e nelle medesime circostanze in cui si sono consumati gli attentati che hanno coinvolto il Quinto Reggimento degli Alpini.
L'atmosfera che avevo respirato a Herat era alimentata da aspetti che credevo appartenessero ormai a un mondo scomparso con la generazione di mio padre e non ancora entrati nell’epoca che ci tocca vivere.
 
Oggi è stata ufficialmente intitolata al capitano Massimo Ranzani la caserma del V Reggimento Alpini, di stanza a Vipiteno.
Alla cerimonia erano presenti i genitori del povero capitano caduto a Shindand, i quali erano stati invitati senza essere informati della cerimonia.
Ovviamente la commozione ha coinvolto tutti, non solo i genitori, ma anche tutti i colleghi e il comandante Giovanni Corradello.
Nella foto sotto il titolo, la scritta che riporta il nome e cognome di Massimo Ranzani. 
Nella foto sotto, il reggimento schierato davanti ai propri comandanti. 
Nella foto a pié di pagina, il portale dove è stata collocata la scritta. 
  
  
    
I ragazzi che ho conosciuto in Afghanistan sono responsabili, preparati, specializzati, organizzati. Fiduciosi nei propri superiori. Dotati di buonsenso.
Pronti a morire per motivi umanitari, senza che glielo chieda nessuno. Ma decisi a vivere.
Che considerano un connazionale come qualcosa che vale di più della loro missione.
Che vivono la Patria senza fanatismo ma in pieno rispetto.
Che non vedevano l'ora di tornare a casa. E incontrare la morosa (che sentivano tutte le sere con Skype). E vedere la mamma (che non chiamano mai, ma alla quale pensano sempre nei momenti di difficoltà).
 
Il capitano Massimo Ranzani non era tornato a casa vivo. Non incontrerà la morosa e probabilmente non ha avuto i tempo di invocare la mamma prima di morire.
Oggi viene ricordata la sua memoria sull’ingresso della caserma. Capitano Massimo Ranzani.
«Presente.»
 
Guido de Mozzi
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