Alla ricerca del gran gusto: il Ristorante Clesio
È il ristorante presso il Grand Hotel Trento, dove si raccordano i prodotti della tradizione trentina con la cucina internazionale
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Come avevamo anticipato nel precedente servizio, dedicato al Grand Hotel Terme di Comano, abbiamo voluto visitare un altro ristorante inserito in una struttura alberghiera di altissimo livello, il Grand Hotel Trento, il massimo per definizione in città.
Il locale porta un nome che ha segnato la storia dei Trentini, Ristorante Clesio. E nelle sale c’è anche un bellissimo ritratto del Cardinale che aveva organizzato il Concilio di Trento, che guarda severo i politici che hanno calcato la scena nella Provincia autonoma di Trento.
Come dicevamo, i ristoranti degli hotel sono penalizzati perché sono vissuti come luogo dei pranzi di lavoro, dove vanno sostanzialmente gli ospiti dell’albergo.
L’Hotel Trento, poi, si trova nel cuore della città e basta uscire a far due passi per trovare locali caratteristici, per cui anche i clienti dell’albergo potrebbero uscire per cenare lontani dal… posto di lavoro.
Per contro, però, l’essere inseriti in una così blasonata struttura alberghiera favorisce le grandi cene, i grandi banchetti, i rinfreschi, le conferenze di lavoro, le serate dei circoli e tante altre occasioni conviviali dove si può socializzare in un posto che non fa certo difetto di spazi e per i servizi che offre.
Ma i cittadini che incentivo possono avere per andare a cena al Grand Hotel?
Beh, per esempio conoscendo cosa prepara lo chef. Difficilmente si può trovare un altro locale così centrale, così elegante e così riservato come il Ristorante Clesio. E che tipo di cucina vi si trova?
Il migliore raccordo tra la tradizione locale e la cucina internazionale.
Il ristorante è gestito da una società italiana specializzata nella ristorazione dei più grandi alberghi nazionali, la «Fede Group», che ha sede a Milano.
Abbiamo come sempre lasciato mano libera allo chef, cioè senza scegliere le portate ma affidandoci al buongusto del ristorante. E la prima sorpresa è stata che - essendo noi in tre – hanno voluto preparare ogni portata in tre soluzioni differenti. Il risultato è stato che ognuno di noi ha potuto così scegliere quello che più lo ispirava.
Proposti i vini Gewürztraminer 2014 della cantina Hofstätter di Termeno e un Lagrein 2013 della cantina Franz Hass di Montagna (BZ). Il primo è un vino bianco noto per la sua tipicità aromatica, con note speziate-affumicate, di fiori secchi e di rose che tendono ad espandersi e ad infittirsi nel bicchiere. Il secondo è un vino rosso fermo, corposo, floreale e fruttato con note erbacee e tostate, affinato in barrique. Entrambi vini superlativi, ma il Lagrein ci ha meravigliato per la sua eccellenza.
Prima di cominciare, ci è stato portato il benvenuto della cucina, un assaggio sfizioso in attesa delle portate vere, tanto per farci venir fame… Un assaggio formato da salmone marinato negli agrumi, arrotolato in un cous cous (si può scrivere cuscus) cotto al vapore.
Certamente non espressione della cucina trentina, ma un biglietto da visita per la qualità che avrebbe accompagnato le portate.
I tre antipasti, li vediamo nelle foto, erano una tartara al tartufo nero, una trilogia di caprese e il cappello di porcino su un’alzata di polenta. E qui c’è l’impronta trentina, perché - a parte la caprese - lo scorzone era del Baldo, la polenta di Storo.
Il migliore dei tre è stato senza dubbio la tartara al tartufo del Baldo. La carne cruda di scottona era a tocchetti e non supertritata, ricoperta da scaglie di trentingrana, mentre le sei fettine di tartufo poggiavano su cubetti di pane tostato.
La trilogia di caprese era costituita dalla classica torretta di pomodoro e mozzarella (gustata subito), dalla scomposta e dal contenitore di olio, aromi e pesto.
La testa di porcino appena grigliata, tra la polenta di Storo e le scaglie di vezzena, rappresentava degnamente i prodotti del territorio.
E ora i primi. Quello che abbiamo votato all’unanimità come migliore erano i bigoi di pasta fresca al torchio con ragù di anatra.
Eccellente il risotto alla zucca con scaglie di tartufo (sempre scorzone del Baldo), che è piaciuto moltissimo al sottoscritto amante dei tartufi, perfettamente amalgamati con il dolce della zucca. Il piatto era arricchito da asiago stagionato e profumato di cannella.
Infine, i due canederli, uno strangolapreti e un classico, entrambi su crostone di trentingrana e burro fuso spumeggiante. Il tocco finale era dato dal pepe rosa e il rosmarino.
Un’ottima cucina, in parte trentina, in parte nazionale del Bel Paese.
I tre secondi erano formati da una tagliata di bue con patate al timo, porcini saltati in padella e scaglie di grana e noci, una rana pescatrice (coda di rospo) calda e fredda cotta a bassa temperatura e castellata, e una lombata di agnello su cuscino di verdura ristretto al marzemino.
Quest’ultimo era forse il piatto migliore dei secondi, grazie anche all’abbinamento perfetto con il lagrein.
Ovviamente la coda di rospo andava a nozze con il gewürztraminer.
Non si trattava di specialità esclusivamente trentine, ma certamente fanno fare bella figura nei confronti della clientela del ristorante.
I tre dessert erano ben congegnati con la stagionalità.
La cassata millefoglie era il tipico dolce siciliano con frutta candita e con ricotta di capra. Sul fondo, salsa di pistacchio e caramello.
Il semifreddo era di marron glacé con coulis (una specie di salsa di cachi).
La «île (isola) flottante» - come viene chiamata – era una crema inglese sulla quale poggiava l’emulsione di albume sbattuto con lo zucchero.
Certamente il dessert che più ci ha sedotti è stato il semifreddo di stagione con castagne e cachi.
Ma le sorprese non sono finite qui. Dopo il pranzo ci è stato fatto scegliere tra uno dei più esclusivi liquori, di cui il bar dell’Hotel Trento (gestito sempre dalla società F&DE) può vantarsi nella maniera più assoluta.
C’era da scegliere tra il rum Zacapa (25 anni), l’armagnac Janneau (25 anni), il whisky torbato Bowmore (15 anni) e tanti altri. Noi abbiamo preferito assaggiare il Cardenal Mendoza riserva speciale De Lujo, un brandy di 25 anni.
Di solito non consumiamo superalcolici, ma nel caso del bar del ristorante Clesio presso il Grand Hotel Trento, abbiamo fatto un’eccezione. Alla fin dei conti è in centro e non richiede l’uso dell’automobile.
E nel caso della riserva Cardenal Mendoza, credeteci, ne sarebbe comunque valso la pena.
G. de Mozzi
Ristorante Clesio - Piazza Dante 20, Trento - +39 0461 271000
Nella foto che segue, il tesoretto dei grandi liquori.