San Giuseppe, Festa del papà – Di G. Maiolo, psicoanalista
Fare festa al padre vuol dire recuperare con urgenza quel Giuseppe attento e presente, silenzioso e forte, capace di proteggere e orientare
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San Giuseppe, festa del padre. Si ricorda il padre per antonomasia anche se «putativo» che le Scritture descrivono con tratti leggeri.
Colpisce la sua silenziosa presenza che vediamo nell’iconografia della Sacra Famiglia dove non è mai in primo piano ma di lato o sullo sfondo e fanno pensare a virtù importanti come l’umiltà, la pazienza, l’obbedienza.
Si direbbe che non rappresenti il «logos» cioè la parola e la ragione, tanto cari all’universo maschile, ma quell’umile mestiere di falegname ci fa pensare più alle valenze del «fare» che quelle del «dire».
Il suo silenzio operoso indica il compito che gli è stato affidato: fare il custode e proteggere i componenti della famiglia.
Ruolo per nulla secondario. Anzi, una funzione basilare del padre in quanto è colui che dà protezione e trasmette sicurezza.
Giuseppe è il padre che osserva, ascolta, contiene e conforta, ovvero azioni che danno energia e si coniugano benissimo con la tenerezza e la dolcezza.
Bisognerebbe ricordarsi di più di questi aspetti nel festeggiare i padri.
Ci aiuterebbe a riflettere sulle funzioni specifiche della paternità così necessarie oggi.
I nuovi padri in effetti così diversi dai padri violenti di un tempo, sono teneri e affettuosi, hanno imparato ad accudire i figli quando sono piccoli ma nei confronti dei figli quando sono più grandi e adolescenti, sembrano ancora andare alla ricerca di un’identità.
Hanno scoperto il codice materno ma appaiono in difficoltà a contenere l’autorevolezza e la determinazione con cui vanno guidati i figli soprattutto quando crescono.
Se il padre «materno» è una conquista, il «mammo» è una perdita di funzioni.
E oggi i tanti adolescenti che devono affrontare la vita hanno bisogno di guida, rassicurazione, spinta a lasciare le sponde rassicuranti della famiglia, le comodità di un nido caldo e necessitano di fiducia nel futuro.
In altre parole ai figli di oggi serve un padre «disarmato» nel vero senso della parola, ma autorevole in grado di guidare e non sia geloso del figlio o invidioso della sua età.
Troppi invece sono ancora i padri che disertano la scena familiare per motivi diversi e delegano alla madre le responsabilità paterne.
Possono essere assenti, ma più di tutto sono mancanti.
Mancano delle funzioni specifiche del padre. Sono deboli e non sanno prendere decisioni, non proteggono e non rassicurano.
Distratti da altre cose o assorbiti dai nuovi dispostivi di comunicazione, colludono con i figli, fanno gli “amici” comportandosi come loro e li temono, contrariamente ad un tempo in cui erano i figli ad avere paura dei padri.
Spesso sembrano dominati dalla paura di diventare impopolari mettendo confini e «paletti».
Fare festa al padre allora vuol dire recuperare con urgenza quel Giuseppe attento e presente, silenzioso e forte, capace di proteggere e orientare.
Quel padre a cui Salvatore Quasimodo dedica una famosa poesia dicendo: «la tua pazienza triste, delicata, ci rubò la paura».
Giuseppe Maiolo – psicoanalista
Università di Trento - www.iovivobene.it