Lettere al direttore – Claudio Riccadonna, Ala
Alberto Sordi, l’Albertone Nazionale, va studiato e insegnato. I suoi personaggi solo lo specchio di una società - ancora oggi e non di rado - crudele e spietata
Quando si sostiene che Alberto Sordi abbia fatto ridere gli italiani si afferma una verità parziale che, probabilmente, non tributa il giusto peso all’«Albertone nazionale».
Sordi non è stato, se non marginalmente, un attore comico o brillante, almeno nelle accezioni intese grossolanamente e superficialmente, ma un eccellente attore drammatico e versatile, il più bravo in assoluto, che ha posto l’attenzione sulle storture del sistema, sui vizi e sui difetti degli italiani.
C’è riuscito divertendo (volgendo in altra direzione i nostri pensieri e distraendo), spingendo al sorriso, ma, particolarmente, promuovendo la riflessione e il pensiero critico anche dei più riottosi, attraverso una complessità di personaggi che incarnavano le debolezze, gli opportunismi talora cinici, le sottili vigliaccherie dell'essere umano¸ tendenzialmente arroganti con i deboli e servili con i potenti, a cui cercano di mendicare qualche privilegio, ma anche nel ruolo scomodo «di tanti sempre pronti a criticare istituzioni e gerarchie sociali ma poi irrimediabilmente schiacciati da una realtà contro cui non riescono ad opporsi realmente» (Monicelli).
E poi ha precorso temi e fenomenologie sociali, come quelli delle bustarelle, delle gerarchie, della corruzione… In tale direzione, hanno risposto in modo eclatante numerosi film, tra cui «Detenuto in attesa di giudizio», «Un borghese piccolo piccolo», «Finchè c’è guerra, c’è speranza» e «Il maestro di Vigevano».
Come ha sostenuto un critico cinematografico «Alberto Sordi era capace di far ridere, ma anche di far andare lo spettatore oltre la risata ed ecco perché l’Italiano medio (quello disonesto, qualunquista e malevolo) si rispecchiava in Sordi. Perché Sordi sapeva farlo immedesimare. Perché i personaggi di Sordi erano, prima che comici, drammaticamente umani».
Non la risata fine a se stessa quindi, piuttosto il sorriso amaro, capace di cogliere, oltre il comportamento buffo e apparentemente comico dei suoi personaggi, la sofferenza, la disperazione, le contraddizioni dolorose dell’esistere, nell’affannoso combattimento per la vita. Insomma, nel raccontare questa disperata commedia umana, nessuno lo ha fatto, lo fa o, difficilmente, lo farà meglio di lui.
A distanza di oltre un secolo dalla sua nascita e da quasi un ventennio dalla sua morte, perché non proporne lo studio, attraverso la visione e un'attenta riflessione scolastiche, delle sue magistrali interpretazioni fortemente attualizzanti, specchio di una società ancora oggi, non di rado, crudele e spietata?
Claudio Riccadonna - Ala