«PIL? Il Bhutan sceglie la felicità. Sceglietelo anche voi»
Il premier del paese himalayano Jigmi Y. Thinley, alla ricerca di nuovi indicatori che servano da guida
Vanno subito premessi due
concetti.
Il primo è che il PIL è un misuratore tecnico, cioè che non serve a
misurare altro che lo stato della ricchezza prodotta all'interno di
un medesimo Paese. Di per sé dunque non può misurare stati d'animo
o cose che c'entrano poco con i numeri.
Uno Stato deve sapere come andranno le tasse per l'anno in corso e
quelli a venire. Della felicità, poco gli importa.
Il secondo è che comunque il concetto portato avanti da Jigmi Y.
Thinley è fantastico e forse per questo rappresenta il tema più
interessante per il pubblico dello Scoiattolo.
Sia perché alla gente interessa molto più l'essere felice che avere
tasse da versare allo Stato, sia pure perché si sta crescendo
economicamente.
Se si vuole misurare la felicità, dunque, il PIL è uno degli
elementi che deve essere preso in considerazione.
Da tempo si dice che il Pil (Prodotto interno lordo), indicatore
che misura il valore dei beni e dei servizi prodotti da un paese,
non dovrebbe essere assunto come l'unico o il principale indicatore
dello sviluppo economico.
Il Bhutan, piccolo stato himalayano che solo nel 2008 si è dato per
la prima volta un governo eletto dal popolo, ha tradotto queste
critiche in realtà, sostituendo al Pil (Gdp nei paesi anglosassoni)
la Gross National Happyness (Gnh), ovvero la «Felicità nazionale
lorda».
Per parlare di questa esperienza, singolare e senza dubbio
affascinante, è venuto in Trentino il primo ministro del Bhutan
Jigmi Y. Thinley, classe 1952, studi a Delhi, India, e negli Stati
Uniti prima di ricoprire diverse cariche politiche significative
nel suo paese ed essere infine eletto premier due anni fa, al
termine della fase di transizione che la monarchia bhutanese ha
portato a compimento per democratizzare le sue istituzioni senza
tuttavia snaturarsi, o meglio «globalizzarsi».
Interloquendo con Andrea Brandolini della Banca d'Italia, il primo
ministro ha spiegato che quello della Felicità nazionale non è una
trovata «folcloristica» ma al contrario un sistema rigoroso per
misurare gli effetti dell'attività economica in termini meno
astratti del Pil, indirizzando le politiche pubbliche verso un
obiettivo condiviso dalla gente.
Quattro i pilastri su cui poggia la Felicità nazionale lorda:
sviluppo sociale equo, sostenibilità ambientale, promozione della
cultura e delle relazioni, buongoverno.
«La crisi economica mondiale - ha detto in apertura dei lavori il
giornalista del Corriere della Sera Federico Fubini - sta
rimettendo in discussione strumenti e obiettivi dello sviluppo
economico occidentale. Ecco allora l'interesse sviluppato
dall'occidente nei confronti della Felicità interna lorda come
obiettivi delle politiche pubbliche.»
Il primo ministro bhutanese ha esordito esprimendo la sua
soddisfazione per essere venuto in Trentino e per avere accettato
di partecipare, per la prima volta, ad un festival
dell'Economia.
«In questi 5 anni, da quando il festival di Trento è iniziato, nel
mondo si sono succedute le peggiori catastrofi economiche. Quando
il re del Bhutan salì al trono, aveva solo 16 anni. All'epoca
avevamo una monarchia assoluta, e quindi il giovane re si chiese
che cosa la sua gente volesse da lui e quali fossero i migliori
modelli economici da adottare per soddisfare le aspettative di
ciascuno.
«Presto - continua il premier - si rese conto che tutti questi
modelli, a prescindere dalle loro aspirazioni politiche e dalle
filosofie che li sorreggevano, erano guidati da un unico
indicatore, il Pil, che promuove la crescita economica materiale,
trascurando le esigenze e i bisogni della gente, cioè la sua
felicità. Quindi il re si convinse che questi modelli non erano
adeguati a dare le risposte che stava cercando.»
«Il Pil è nato attorno al 1934, - ha aggiunto Thinley, - dopo la
grande crisi economica del '29. Esso non doveva essere utilizzato
come indice del progresso umano complessivamente inteso. Ma così è
stato. Il risultato è il caos che abbiamo sotto i nostri occhi.
«Il Pil promuove la crescita economica continua e senza limiti.
Questo è un processo insostenibile in una realtà in cui le risorse
sono invece finite, a partire dalle risorse ambientali, necessarie
ai fini della produzione dei beni di consumo. Pensiamo alla
maggiore frequenza dei disastri naturali, al progressivo venir meno
delle risorse e alle competizioni che esso scatena, alla crescita
stessa della povertà.»
«Il Bhutan, - è sempre Thinley che parla,- prendendo la parola
all'assemblea delle Nazioni unite, ha proposto di considerare
questi problemi in maniera olistica, cioè nel loro insieme, non
separatamente. Il punto fondamentale è che noi non viviamo in
maniera sostenibile. Da qui è nata l'idea della Felicità interna
lorda.
«In Bhutan si ritiene che la felicità è data dall'equilibrio fra i
bisogni del corpo e quelli della mente. Il Pil è servito a
soddisfare i bisogni del corpo. Esso ha portato però ad uno stile
di vita consumistico. Noi crediamo che il nostro concetto di
felicità debba essere qualcosa di concreto e misurabile; se è così,
esso diventa una responsabilità della classe dirigente e l'oggetto
delle sue politiche.»
«Il re - ha proseguito il premier del Bhutan - formulò i quattro
pilastri su cui poggia il concetto di Felicità interna lorda.»
«Il primo pilastro è uno sviluppo sociale equo e sostenibile, che
assicuri assistenza sociale, salute, istruzione, giustizia, in modo
tale da mettere ciascun cittadino nella condizione di perseguire la
sua personale via alla felicità.
«Il Bhutan si è aperto al mondo solo nel 1961, prima eravamo un
regno medioevale, feudale; sono lieto di poter affermare oggi che
ogni passo avanti sulla strada dello sviluppo è stato compiuto
tenendo a mente i criteri di giustizia e sostenibilità.»
«Il secondo pilastro è quello della sostenibilità ambientale. Il
Bhutan vive ai piedi dell'Himalaya, una catena montuosa giovane,
che sta ancora crescendo.
«Con un ambiente così bisogna fare molta attenzione: se maltrattato
reagisce con alluvioni, valanghe, erosione dei pendii e così
via.
«Oggi siamo forse l'unico paese in via di sviluppo al mondo in cui
la copertura boscosa è cresciuta (oggi è pari al 72% del
territorio), nonostante la crescita della popolazione e delle
attività economiche.»
«Il terzo pilastro è la promozione della cultura, che implica anche
la conservazione della cultura. Vediamo la cultura come un insieme
di valori che servono a promuovere il progresso della società.
«Anche pratiche che non sembrerebbero utili al progresso nel mondo
globalizzato noi pensiamo debbano essere conservate; al tempo
stesso, siamo pronti ad adottarne altre.
«Possiamo apparire un po' arcaici, come gli abiti che indossiamo;
ma noi in realtà vogliamo cambiare, anche questi abiti cambiano.
Crediamo però sia importante mantenere i legami familiari e la rete
delle relazioni.
«Quindi per noi la cultura ha a che fare innanzitutto con le
relazioni.»
«Il quarto pilastro è il buon governo. La nostra è, credo, la
democrazia più giovane al mondo. Ciononostante non possiamo non
vedere i difetti di altre democrazie, specie nei paesi in via di
sviluppo. In queste pseudodemocrazie la libertà è qualcosa che in
realtà non esiste.
«Credo che la libertà sia essenziale. Libertà di scegliere il
proprio destino, libertà di fare le proprie scelte quotidianamente.
Nel caso del Bhutan, ci sono persone che ci ammirano per il
percorso fatto.
«Il re, dopo l'adozione della democrazia, ha abdicato, per
sostenere questo nuovo percorso, e ha trasmesso i poteri al figlio,
che però è un monarca costituzionale con prerogative limitate.»
Come si può misurare la felicità? Degli indicatori sono pur sempre
indispensabili.
«Abbiamo identificato - ha detto ancora il primo ministro - nove
ambiti in cui questa felicità si manifesta.»
E le ha così elencate.
- Tenore di vita (reddito disponibile, sicurezza del lavoro
ecc.);
- Stato di salute;
- Livello di istruzione;
- Ambiente e natura;
- Cultura; vitalità della comunità;
- Utilizzo del tempo (anche il tempo che si usa per stare da soli,
per pensare, per riflettere, un tempo che non adoperiamo per
ottenere dei vantaggi materiali);
- Benessere psicologico;
- Buon governo.
«Queste sono le 9 dimensioni, che hanno a loro volta 72 variabili.
Quindi, quando facciamo delle indagini sulla felicità nel nostro
paese, noi facciamo domande su 72 variabili.
«Tutti i progetti, tutte le politiche devono passare un esame per
stabilire se sono positive o negative rispetto a questi 9 ambiti.
Altrimenti tornano al parlamento e vengono ridiscusse.
«Nell'ultimo studio condotto in Bhutan le persone che hanno
dichiarato di essere felici erano il 52%, il 45% si sono dette
molto felici, il 3% non molto felici.
«Qualcuno ci chiede come si comportano questi valori rispetto alle
diversità culturali e religiose. Ma stiamo parlando di valori
universali, valori che tutti condividono.»
Brandolini nel suo commento ha spostato l'accento nuovamente sul
Pil.
«Il problema non è il Pil di per se stesso ma come viene adoperato.
Sotto attacco qui ci sono le politiche macroeconomiche. Io lavoro
per la Banca d'Italia, un'istituzione fra le più conservatrici al
mondo, ma credo davvero che dovremmo riflettere su come realizziamo
le nostre politiche economiche.
«La questione non è quella di bloccare la crescita economica ma i
limiti che ad essa vanno posti. Forse non possiamo cambiare il
complesso degli indicatori; però nel Pil dovremmo incorporare molte
cose che oggi non sono considerate, ad esempio l'ecologia.
«Non credo sia corretto dire che abbiamo iniziato a criticare il
Pil perché non riusciamo più a crescere come una volta. Già negli
anni '70 c'è chi ha criticato il Pil sostenendo che esso non tiene
conto, ad esempio, della distribuzione della ricchezza, per cui
possiamo avere paesi con un Pil alto e il 50% della popolazione in
povertà.
«La stessa strategia di Lisbona adottata dall'Unione europea
all'inizio degli anni 2000 è basata su un portafoglio di
indicatori, fra cui alcuni di natura anche non economica. Quindi
qualcosa sta cambiando. Ma come misurare la felicità?
«Essa è un concetto multidimensionale; si basa perlomeno sulla
realizzazione dei propri desideri e sulla libertà di perseguirli.
Le 9 dimensioni proposte dal Bhutan possono essere discusse, ma
credo siamo tutti d'accordo col riconoscere che sono importanti e
la loro portata è i qualche modo universale, non attinente solo al
Bhutan o alla cultura buddista.
«Anche in Europa Abbiamo sviluppato esperienze del genere, per
quanto un europeo si troverebbe forse in difficoltà con il concetto
di karma.
«Quindi i 72 indicatori sottostanti dovrebbero essere adattati alle
diverse realtà, ma le 9 dimensioni hanno una validità universale,
che supera i confini del Bhutan e può essere d'aiuto per l'intero
pianeta.»