Paolo Gentiloni convocato al Quirinale per le 12.30
Sergio Mattarella gli conferirà l’incarico di formare un nuovo governo
Come aveva promesso, il presidente della Repubblica ha sciolto la riserva in brevissimo tempo e, dopo la conclusione delle audizioni con le delegazioni dei partiti avvenuta ieri sera, ha raccolto le idee e convocato al Quirinale il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
Gentiloni, insieme a Padoan, era una delle scelte più probabili e così infatti è avvenuto.
Padoan è troppo importante in questo momento per gestire le emergenze economiche, che vanno dal Decreto sul Monte dei Paschi di Siena alla gestione dei rapporti con l’Europa sulla Legge di Stabilità.
Da questo punto di vista, dunque, Gentiloni sembra la persona più adatta a dirigere il nuovo esecutivo che, se ufficialmente non porta l’etichetta dell’emergenza, in realtà dovrà interagire in maniera sensibile con le emergenze dettate dall’UE.
Nei giorni scorsi Matteo Renzi aveva convocato a Palazzo Chigi proprio Mattarella e Padoan, per concordare con loro le direttive per il nuovo esecutivo che sarebbe venuto dopo di lui. Molto probabilmente ha anche discusso la riformulazione della nuova squadra di governo, in quanto sarà necessario un nuovo ministro degli esteri e. di logica, anche la Ministro Boschi, le cui riforme sono state bocciate.
Il ruolo di Renzi sarà comunque determinante nelle azioni di Governo, in veste di segretario del PD, il partito di maggioranza relativa in Parlamento.
Anche se non esistono mandati a termine negli incarichi di governo, pare che la tabella di marcia preveda la soluzione delle emergenze economiche e internazionali e la riformulazione della legge elettorale, per poi procedere ad elezioni anticipate.
D’altronde, questo sembra esattamente l’orientamento di tutte le forze politiche. Le opposizioni, dopo la vittoria del NO, hanno pensato che sia possibile ribaltare la situazione politica in Italia; la maggioranza di governo pure perché, mentre le opposizioni non sono compatibilmente portate a coalizioni di sorta, il PD saprebbe comunque aggregare a sé, se non quel 40% dei voti del SÌ, una buona parte dell’elettorato.
Con ogni probabuilità, dunque, si andrà al voto in primavera.