L’equilibrio tra le esigenze di mercato e i diritti dei lavoratori
L'incontro tra il segretario della Cgil, Susanna Camusso, e Pietro Garibaldi, tra scienza e demagogia
Fiat. Produttività. Diritti dei lavoratori. Precariato. Etica.
Queste alcune delle parole chiave che hanno dominato l'incontro tra
il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso e il professore
di economia politica a Torino, consigliere di sorveglianza e membro
del Comitato di controllo di Intesa Sanpaolo, Pietro Garibaldi.
A moderare l'incontro davanti ad un numeroso pubblico accorso al
Castello del Buonconsiglio, il giornalista di La Repubblica Marco
Panara.
È contenta che Fiat sia diventata azionista maggioritaria di
Crhysler?
«Sì perché ha bisogno di internazionalizzarsi.»
Considera un successo che Fiat sia tornata ad investire in
Italia?
«Quando lo vedrò, finora siamo ancora alla fase agli annunci, sarò
contenta.»
Ritiene che i lavoratori di Fiat abbiano pagato un prezzo
troppo alto per questo?
«Sì.»
Sono tre domande secche e relative risposte, che il moderatore
Marco Panara rivolge a Susanna Camusso.
Inizia così, davanti ad un pubblico delle grandi occasioni al
Castello del Buonconsiglio, l'incontro tra il segretario generale
della Cgil e Pietro Garibaldi. E comincia con uno sguardo critico
alla vicenda economico-industriale più in vista in questo momento
nel nostro Paese.
Fiat. L'azienda ha sempre sostenuto le proprie richieste adducendo
un bisogno di maggiore produttività e quindi proponendo soluzioni
quali un'organizzazione diversa dell'orario di lavoro e dei
turni.
«Questo va benissimo, - interviene Susanna Camusso. - È materia di
contrattazione ordinaria, ma su tale base si è preteso il blocco di
diritti fondamentali come la libera scelta dei lavoratori sulla
rappresentanza sindacale e lo sciopero.»
«Fiat pretende di farsi le proprie regole - prosegue - e di non
rispettare quelle del Paese, altrimenti se ne va, e in tutto ciò ha
avuto un ruolo fondamentale l'ingerenza del Governo (anche se si
afferma il contrario), che ha pesato per la divisione sindacale. In
questo modo, Fiat avrebbe costruito un modello a suo uso e consumo:
un contratto nazionale e una serie di contratti aziendali, entrambi
ad hoc.»
Una qualche forma di «strategia della tensione» [termine
decisamente duro - NdR] nell'atteggiamento dell'azienda torinese
viene descritto anche da Pietro Garibaldi.
«Dal punto di vista di un osservatore esterno un modello di
relazioni industriali che finisce in tribunale o che culmina in un
referendum con la pistola puntata alla tempia dei lavoratori è un
sistema caotico in una fase di empasse.»
Dal caso specifico si passa quindi a quello generale. Da Fiat al
sistema della contrattazione diffuso nel Paese.
Pietro Garibaldi descrive un sistema ingessato, frammentato,
vecchio di vent'anni, lento, inesistente nelle piccole imprese e,
infine, praticamente incapace di legare produttività e salario.
«Come migliorarlo? Io sono favorevole a un decentramento della
contrattazione - afferma Garibaldi - perché le decisioni prese a
livello aziendale sono più consone alle necessità delle imprese e
dei lavoratori.»
Cosa ne pensa Susanna Camusso?
«Credo sia interessante ragionare su quali sono oggi i problemi
della contrattazione e quale potrebbe essere una proposta di
miglioramento - risponde. - Abbiamo bisogno di un progetto
collettivo che tenga conto di due punti: il primo è ricostruire la
produttività del Paese nel suo complesso e non solo di poche
aziende, il secondo si chiama giovani.»
Un altro tema molto specifico affrontato viene proposto da
Garibaldi.
«È giusto allargare le tutele anche nelle piccole imprese, dove
spesso i sindacati non arrivano, ma in ogni caso non si raggiungerà
mai la totalità dei lavoratori e quindi perché non prevedere almeno
la garanzia di un salario minimo?»
«Perché - ribatte Camusso - credo che il salario minimo in Italia
avrebbe un effetto generale di abbassamento della retribuzione; del
resto nei contratti esistono minimi tabellari ma questi non sempre
vengono applicati in quanto in ogni azienda ci sono una miriade di
trattamenti, co.co.co, co.co.pro, e chi più ne ha più ne
metta.»
La discussione si sposta quindi su temi meno tecnici e più di
sistema.
Precariato. Costi sociali. Discriminazioni. Assenza di un progetto
collettivo condiviso.
Fino ad ricercare nel campo dell'economia un tema spesso
considerato scomodo o volutamente ignorato: l'etica.
«Io credo che sia giusto parlare un po' di etica come tema di
riferimento per esempio considerando la questione dell'equità -
dice il segretario generale della Cgil - una volta le retribuzioni
stavano su una scala di 1: 200, ora si parla di 1 : 1.500: ma
davvero il lavoro di un manager vale 1.500 volte più di quello di
un operaio?»
Dal pubblico si alza un applauso.
Anche in questo caso aggiungiamo il
nostro parere. |