Flavio Insinna: «Il teatro è felicità condivisa» – Di Sandra Matuella
Proposto dal Comune di Lavis, lo spettacolo di ben 3 ore ininterrotte è stato un fiume in piena di battute, di provocazioni tra una vena comica inesauribile
>
Attore teatrale e cinematografico, nonché popolare conduttore dell’Eredità, il quiz tra i più amati e longevi della televisione italiana, Flavio Insinna domenica sera ha presentato all’Auditorium di Lavis «La macchina della felicità», un appuntamento teatrale davvero originale, tratto dal suo omonimo romanzo, in cui gli spettatori sono stati letteralmente coinvolti ancora prima di entrare in sala, scrivendo su dei foglietti le personali definizioni di felicità.
Dal foyer del teatro i foglietti sono, quindi, arrivati sulla scena per essere letti-declamati da Insinna, che chiama per nome gli spettatori autori di questi messaggi, mentre si prodiga in commenti davvero spassosi ed esilaranti.
Proposto dal Comune di Lavis con il Coordinamento Teatrale Trentino, questo evento ha donato ben 3 ore ininterrotte di un Insinna fiume in piena di battute, di provocazioni sparse qua e là, tra una vena comica inesauribile, un’emozione appena sussurrata, e pensieri profondi, il tutto punteggiato da musica e canzoni proposte dalla Piccola Orchestra diretta da Angelo Nigro: non sono mancati momenti di puro teatro, come quello in cui Insinna recita un toccante monologo sull’amore che vince la solitudine.
In teatro è difficile vedere un pubblico davvero partecipe e coinvolto, ma il grande mattatore Flavio Insinna ci è riuscito benissimo: a fine spettacolo si arriva perfino a giocare tutti insieme con dei grandi palloni che rimbalzano dal palco alla sala, mentre dopo lo spettacolo, autografi e selfie di rito per tutti.
E a l'Adigetto.it Flavio Insinna ha concesso un’intensa intervista circa la sua missione teatrale.
«Il mio non è uno spettacolo, non c’è un sipario che si apre, è qualcosa di diverso, è una festa, un giocare insieme alle persone, è un gioco collettivo in cui facciamo delle cose che ci piacciono e le facciamo insieme agli spettatori, altrimenti se ci divertissimo solo noi sul palco, non sarebbe interessante, non sarebbe felicità condivisa.»
Questi però sono tempi incerti e arrabbiati, che senso ha parlare di felicità?
«A maggior ragione, se questi fossero tempi felici avrei parlato della malinconia, mentre, essendo tutto grigio, parlare alle persone della felicità è necessario: ho armadi pieni di biglietti della felicità scritti dalle persone prima dello spettacolo, spero che anche stasera prima entrare in sala, le persone scrivano la loro idea di felicità, così poi ne leggo alcune e partiamo da lì.
«Molte cose del mondo oggi sono complicate, così cerchiamo di portare un po' di felicità, di leggerezza, di allegria e un po' di dolcezza: di solito ci riesce, ma è chiaro che la sfida riparte tutte le sere.»
Oggi è in scena a Lavis, il 29 dicembre tornerà al Teatro Comunale di Predazzo: lei è un attore e conduttore televisivo di successo, e allora perché macinare chilometri e chilometri per raggiungere i piccoli teatri di periferia di tutta Italia? Perché tanta fatica?
«Il teatro è da dove sono partito, a vent’anni ho fatto la scuola di teatro, poi il Festival dei Due Mondi di Spoleto, il cinema, i telefilm e la conduzione televisiva: quando ho potuto, ho sempre fatto teatro, serio e meno serio, perché questo fa bene alla televisione e, la televisione fa bene a quello che faccio andando in giro con il teatro.
«Quanto alla fatica, è vero, i chilometri ci sono e io c’ho un’età – commenta scherzando – ma vengo in macchina e non a piedi.
«La fatica la fa l’operario, il minatore, chi non ha un lavoro e lo cerca, le casalinghe, le mamme, gli insegnanti, mentre per me tutto questo girare è un gioco che mi diverte, e spero possa divertire anche gli altri.»
In che senso il teatro fa bene alla televisione?
«Grazie al teatro non si perde mai il contatto con le persone e questa è la cosa più importante per chi fa questo mestiere, in modo da vedere gli altri non solo come degli spettatori o dei concorrenti, ma persone nella loro interezza. Sembra una banalità, ma non lo è, o meglio, lo sarebbe se mi limitassi a dirlo tanto per dire, invece c'è la mia vita spesa per chi non ha nulla, per i poveri, i malati migranti: il contatto con le persone è tutta la mia vita.»
Oltre al contatto umano, cosa altro le dona il teatro?
«Un bellissimo spaccato dell'Italia, perché in questi anni siamo andati dappertutto, sud- nord-centro, centro-nord, centro-sud, e quindi puoi anche capire pensieri umori e sfumature diverse del nostro Paese.
«Quest'anno siamo ripartiti dalla Calabria, poi siamo arrivati al nord, quasi al confine, siamo tornati giù, poi in Toscana e oggi siamo qui in Trentino: abbiamo conosciuto tante Italie, tante persone di grande sensibilità che scrivono cose molto belle sulla felicità, e questo mi conforta e conforta tutti noi nel voler andare ancora più in giro, quindi stasera essere qui per noi è tutto meno che un sacrificio.»
Delle tante anime di questa nostra piccola, grande Italia, qual è una delle immagini più belle che conserva nella sua memoria?
«Senza andare tanto lontano, prima stavo parlando con uno dei ragazzi del teatro, qui di Lavis, e ho ricordato un concorrente di Roverè della Luna, che venne a giocare ad Affari tuoi: ebbene, se tu fai il tuo mestiere, ricordandoti appunto che prima siamo persone e poi conduttori o giocatori, l'immagine più bella è di questa persona simpaticissima, che vive a 10, 15 minuti di macchina da Lavis, e che mi disse una cosa che mi rimarrà per sempre in testa: lavio, la mattina in cui sono partito per venire a Roma ad Affari Tuoi, senza dirmi nulla, tutto il paese mi ha accompagnato alla stazione.
«Questa immagine sembra uscita da un film di Don Camillo, e in un mondo dove manco ti saluti con quelli del palazzo in cui vivi, è straordinaria.»
In effetti, per fortuna l’Italia è anche questo: era già stato qui in Trentino?
«Sì da ragazzo, a Trento, perché come dicevo, negli ultimi tre anni del mio curriculum, c’è la televisione, ma prima ci sono cento anni di teatro, e il teatro si fa in giro per l’Italia: siamo degli scavalca-montagne.»
A proposito di montagne, cosa pensa del Trentino?
«Che non c’è il mare, – osserva sorridendo. – il Trentino è bellissimo, ma io sono meridionale, mi serve il mare: la montagna è bella ma, ragazzi miei, a voi piace sciare, mentre io quando vedo la neve, me la immagino già sciolta, che mi ci tuffo dentro.»
Sandra Matuella - [email protected]