«Lavoce.info» si interroga sul futuro dei ricercatori italiani – Italia – Usa: Mercati accademici a confronto

Fuga di cervelli dall'Italia: il nostro sistema accademico può competere con il job market internazionale?

Un piccolo spazio per un grande tema. Stamane a Trento, nello stand di piazza Duomo allestito da lavoce.info, ha ospitato il penultimo incontro della serie a viva voce.
Il tema del dibattito è stato introdotto dall'economista e redattore de lavoce.info Pietro Garibaldi. «Spiegare come le università italiane ed americane assumano i nuovi professori universitari».

Il giovane Mario Macis, docente economia "emigrato" all'università del Michigan, è la dimostrazione tangibile delle forti difficoltà che il nostro sistema accademico manifesta nel trattenere in Italia le menti brillanti formate nei nostri atenei.
L'economista ha tracciato i caratteri salienti del job market americano. «È un meccanismo di mercato del lavoro nel quale il merito viene sempre premiato». I ricercatori più promettenti, non solo italiani, si inseriscono in una competizione globale che solitamente premia con un elevato standard di ricerca ed "invitanti" prospettive economiche.
«Si immette il curriculum sul sito dell'università - spiega Macis - al fine di ottenere il colloquio che prelude ad una breve prova conferenziale pubblica nell'ateneo interessato. Sulla scorta di questa verifica, l'università decide se assumere per 7 anni il ricercatore o "assistant professor", sottoponendolo a verifiche intermedie».
Macis ha fotografato il sistema specificando che «solo dopo un settennato proficuo, l'università assume il ricercatore a tempo indeterminato in qualità di professore associato. L'ultimo gradino sarà la cattedra ordinaria».
La conclusione di Macis è stata chiarissima. «Questo sistema consente un globale ed ottimale allocamento dei ricercatori nelle università; permette dunque di far incontrare le specifiche competenze di ogni ricercatore con le specificità tecniche dei singoli dipartimenti».

Su Daniele Checchi, docente di economia del lavoro all'università di Milano, è ricaduto il compito di descrivere il mercato accademico italiano. «L'università italiana - ha esordito Checchi - recluta i propri ricercatori per concorso».
La rigidità di questo sistema è dato dalla natura pubblicistica del contratto dei ricercatori: «Questo significa - dice Checchi - assenza di contrattazione e durata a tempo indeterminato dell'incarico».
L'economista ha spiegato che la persona assunta ha tre funzioni: svolgere ricerca scientifica, condurre l'attività didattica ed assolvere funzioni amministrative.
«Tutto ciò è atipico - sottolinea l'economista - ed in particolare la ricerca scientifica molto spesso non viene svolta oppure non valutata».
Ancora Checchi: «L'Italia soffre la carenza dei fondi necessari a competere con le facoltose offerte delle università americane e qualora il ricercatore accetti di restare in Italia, si scopre spesso che in realtà non ha lasciato l'incarico all'estero».
Queste parole anticipano la conclusione del discorso. «Rispetto ai validi tentativi dell'ex ministro Moratti di migliorare il mercato accademico, l'attuale ministro Mussi ha adottato una politica centralista, e realizzato una riforma che arreca danno al sistema di allocamento dei ricercatori».