Maso Martis, le 30 vendemmie dell'enologo Matteo Ferrari – Di Giuseppe Casagrande

È lo «chef de cave» della casa spumantistica di Martignano: iniziò l'avventura nel 1994 con due sposini coetanei: Antonio Stelzer e Roberta Giuriali

Matteo Ferrari, lo chef de cave della maison spumantistiuca Maso Martis.

Non ho mai amato gli oroscopi. Spazio sprecato, dicevo ai miei esordi giornalistici. Col tempo però ho capito che c'era un perchè di tale scelta da parte degli editori: le proteste di molti lettori che senza le previsioni zodiacali non avrebbero più acquistato il giornale. Mi adeguai.

Oggi il fenomeno è addirittura esploso al punto che tutti gli organi d'informazione (giornali, riviste, radio, tv) dedicano all'oroscopo rubriche giornaliere e intere pagine.
Io stesso - lo confesso - Acquario romantico, ogni tanto mi diverto «en passant» a sbirciare, tra una notizia di attualità e una di cronaca, il responso degli astrologi.

Consultando il segno zodiacale della Vergine, la costellazione che i Greci associavano a Demetra, la dea protettrice della Terra e della fertilità, ho scoperto che i nati tra il 23 agosto e il 22 settembre hanno un'attitudine particolare al lavoro. In particolare, quelli nati il 16 settembre sono descritti come persone metodiche, concrete, razionali, meticolose, perfezioniste e affidabili sul lavoro.

Sembra proprio il ritratto di Matteo Ferrari, classe 1974, giorno di nascita il 16 settembre, lo «chef de cave» della casa spumantistica Maso Martis che quest'anno festeggia a Martignano il traguardo delle 30 vendemmie.
Un'avventura iniziata nel 1994 assieme a due giovani sposini coetanei, i patron dell'azienda trentina: Antonio Stelzer e Roberta Giuriali.

 

L'enologo di Maso Martis Matteo Ferrari con la famiglia Stelzer al completo.
 
 La passione giovanile per la campagna e per l'enologia in particolare 
Trentino doc, sposato con Daniela, di origini sarde, e padre di tre figli (Niccolò di 14 anni, Giacomo di 10 anni e Leonardo di 6 anni), Matteo fin da bambino è attratto dal richiamo del mondo agricolo, impegnato, d'estate e in autunno, a dare una mano nei vigneti e nei frutteti della famiglia. La passione per il mondo agricolo lo porta a iscriversi all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, un percorso formativo che lo conduce verso l’enologia grazie ai tirocini svolti in cantina, un ambiente che non aveva mai frequentato prima e che subito ha sentito come familiare.
In cantina il giovane Matteo trova la sua vocazione e da lì non se n’è più andato contribuendo al successo delle bollicine Trentodoc di Maso Martis che, dalle poche migliaia di bottiglie iniziali, oggi vanta una produzione annua di 120 mila bottiglie.
 

A Maso Martis si brinda per festeggiare le 30 vendemmie di Matteo Ferrari.
 
 L'incontro a Martignano con i coetanei Antonio Stelzer e Roberta Giuriati 
Legato alla scuola è anche il primo incontro con gli allora novelli sposi Antonio Stelzer e Roberta Giuriali, giovanissimi titolari di Maso Martis. Galeotta fu una festa scolastica, la Enomarcia dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige: tre giorni di degustazioni, cibo e musica.
Matteo è un diplomando e gli viene assegnato l’incarico di contattare le cantine del territorio della collina di Trento a caccia di qualche bottiglia omaggio: è così che incontra Antonio e Roberta che, a loro volta, all’avvio dell’attività, erano alla ricerca di una risorsa che potesse dare una mano in cantina.
I contatti tra Matteo e Antonio continuano anche nell’anno successivo in occasione di vari eventi: Vinitaly, Cantine Aperte, rassegne enogastronomiche. Hanno modo di conoscersi meglio, assaggiano insieme i vini di Maso Martis e, come in ogni storia a lieto fine, ecco che la conoscenza si trasforma in un’opportunità di lavoro e poi in una grandissima amicizia che dura da allora.
 

L'enologo di Maso Martis,  Matteo Ferrari, durante una prova d'assaggio in cantina.
 
 «Quando decidemmo di puntare sullo spumante Metodo Classico» 
Maso Martis è stata la prima esperienza per Matteo Ferrari, si potrebbe dire il suo primo amore.
«Sono arrivato - confessa - con l’idea di vedere cosa succedeva e non me ne sono più andato. Una prima assunzione che è stata poi una scelta di vita perché siamo cresciuti insieme.
«La mia è una storia semplice, all’inizio l’azienda vinificava poco e conferiva molta uva. Il mio lavoro era in cantina, ma soprattutto in campagna, poi è cambiato tutto.
«Abbiamo deciso di puntare sullo spumante Metodo Classico e ho scelto di affrontare questa sfida insieme a loro: eravamo giovani, appassionati e ci siamo trovati subito in sintonia.»
 

Antonio Stelzer, prova d'assaggio nella cantina di Maso Martis a Martignano.
 
 L'avventura inizia nel 1994: i protagonisti sono tre giovani ventenni 
L’avventura inizia a Martignano nel 1994 e i protagonisti sono tre giovani ventenni che, forti della loro passione e curiosità, danno vita ad una delle maison spumantistiche oggi più rinomate d’Italia, partendo non da un garage – come nelle migliori storie delle start-up tecnologiche – ma da un maso, da una cantina e da 10 ettari di vigneto. Un’avventura che, come nella maggior parte dei casi, prende il via con un inizio non facilissimo.
Quella che oggi può apparire una scelta lungimirante e di tendenza, infatti, a quei tempi rappresentava una sfida vera e propria, perché in quegli anni questa tipologia enologica non aveva ancora raggiunto la reputazione di alta qualità che ha oggi con il marchio Trentodoc, nato nel 2007 e che oggi raggruppa 67 produttori trentini.
 

I vigneti di Maso Martis a Martignano con la casa padronale e la cantina.
 
 Studi, ricerca, sperimentazione e l'umiltà di voler imparare 
«All’inizio non è stato facile – spiega Matteo Ferrari – è stata tutta una scoperta, una novità. C’era molto da lavorare e, fortunatamente, ci sono state persone che mi hanno aiutato e consigliato perché appena diplomato non avevo l’esperienza necessaria.
«Mi sono rimboccato le maniche con tanta volontà, impegno e una predisposizione a voler imparare, sempre con grande umiltà. Il nostro è un lavoro nel quale l’aggiornamento delle competenze e delle conoscenze è fondamentale.
«All’inizio sono stati anni di studio, di ricerca, di prove e di sperimentazione. Dal 1995 fino al 2000 il mercato dello spumante in Trentino non era così facile, il consumo era ancora legato molto alla stagionalità.
«Il nostro progetto però era crescere come produttori anche se c’era un po’ di incertezza su quanto e quando avremmo raggiunto l’obiettivo.»
 

Roberta e Antonio Stelzer brinda con le figlie Maddalena e Alessandra.
 
 La svolta nel Duemila con le nuove tendenze di mercato 
Nel Duemila la svolta. Cambiano i consumi e le tendenze di mercato. Le bollicine non sono più viste come gli spumanti da stappare a Capodanno o in occasione di qualche festività o compleanno. Grazie a nuovi modelli di consumo (vedi le bollicine a tutto pasto) anche i Trentodoc di Maso Martis iniziano la loro ascesa.
«I nostri spumanti – commenta Matteo Ferrari – sono stati via via sempre più apprezzati dalla clientela e così abbiamo potuto dedicarci solamente alla produzione, fino ad ampliare anche gli ettari di vigneto con dei terreni in affitto.
«La crescita esponenziale e l'aver raggiunto livelli di assoluta eccellenza sono due traguardi che mi regalano tanta soddisfazione oltre a splendidi momenti da ricordare.»
 

Alessandra e Maddalena Stelzer, il futuro di Maso Martis è nelle loro mani.
 
 Il successo di Maso Martis: la unicità e riconoscibilità del prodotto 
Alla base della qualità dei vini di Maso Martis c’è la filosofia enologica di Matteo, condivisa in pieno dalla famiglia Stelzer, che si riassume in due termini apparentemente contrastanti: unicità e costante riconoscibilità.
«L’enologia è cambiata moltissimo negli anni, a causa soprattutto del mutamento climatico che ci costringe a fare scelte diverse. Ad esempio, se nei primi anni si doveva togliere acidità alle basi spumanti, oggi siamo quasi costretti a rincorrere questa acidità.
«Il modo di fare enologia nella spumantistica si è quindi rovesciato ed è fondamentale capire quali sono i punti su cui lavorare per ottenere un prodotto di qualità che riesca però a essere riconoscibile nel tempo.»
Se i cambiamenti climatici obbligano a cambiare, lo stile enologico di Matteo Ferrari e di Maso Martis resta fedele e costante: «Vogliamo che i nostri vini siamo riconoscibili nel tempo e costanti nel gusto: su una Riserva che ricorda il millesimo può anche esserci la peculiarità, ma su un prodotto senza annata o su un’etichetta di primo ingresso sul mercato bisogna essere riconoscibili, con un gusto e un’idea solo tua.
«Il pubblico deve bere un Maso Martis, non un Blanc de Blancs qualsiasi.»
 

 
 Il passaggio da un'agricoltura convenzionale alla pratica biologica 
Altro passaggio importante: la scelta del biologico. È questa la sfida più grande secondo l’enologo trentino che sottolinea anche altri cambiamenti fondamentali: «Siamo passati da un’agricoltura convenzionale ad una pratica totalmente biologica, con una lavorazione delle uve che ha influito sul nostro modo di vinificare. Comunque credo che in questo processo siamo riusciti ad essere molto rispettosi di Madre Natura e di quello che ci offre, senza stravolgere i nostri prodotti e cercando di ottenere un’identità di prodotto che ben rappresenta l’uva, i vigneti e il territorio.»
L’unicità dei vini di Maso Martis è ben descritta da Matteo Ferrari, la cui visione si ispira alle caratteristiche del territorio e non a modelli o maestri dell’enologia:
«Credo serva un sistema di lavoro proprio che si forma nel tempo, conoscendo bene il territorio e l’uva che si ha in mano, alla quale dobbiamo poi dare un senso. È chiaro che enologi e tecnici debbano continuamente assaggiare, imparare, confrontarsi ed esplorare anche il lavoro di altri, ma penso altresì che l’idea alla base di ogni filosofia enologica debba essere propria e originale, senza ispirarsi a Dom Pérignon o Ruinart, alla maison trentina Ferrari o alla franciacortina Cà del Bosco.
«Lo dico con molta umiltà. Ognuno ha uno stile proprio che è strettamente legato e riferito al territorio. Difficile che quello che faccio io a Martignano possa essere replicato in Alto Adige, in Toscana o in altri luoghi.»
 

Il team di Maso Martis con la famiglia Stelzer e i collaboratori. Il primo a sinistra è l'enologo Matteo Ferrari.
 
 «Fondamentale a Maso Martis è l'affiatamento del nostro team» 
Da meticoloso «chef de cave», Matteo Ferrari trova nella sintonia del team il segreto del successo di Maso Martis:
«Difficile spiegare quale possa essere il nostro segreto, ma sicuramente l’alchimia tra tutti noi e l’affiatamento che abbiamo raggiunto creano le condizioni ideali per realizzare grandi vini.
«Ci confrontiamo e spesso anche ci scontriamo, come è giusto che sia, ma da queste scintille nasce quel mix di idee che valorizza le nostre etichette e i nostri progetti. Forse il segreto del maso è la serenità che qui si respira e che si percepisce in ogni fase del processo: non solo durante le degustazioni, ma già in campagna c’è un confronto costruttivo con gli agronomi Daniele Tomasi e Daniel Fedrizzi e con l'intero team.
«Un’unità di intenti che ci consente di lavorare in modo puntuale e dettagliato su un’uva che servirà per un prodotto di cui vedremo i risultati, nel caso di Madame Martis, ad esempio, fra 10 anni.»
 

 
 «Stiamo lavorado sull'invecchiamento del vino base spumante» 
Altra perla di saggezza di Matteo Ferrari:
«Nella nostra vita abbiamo tre cose importanti: il tempo dedicato al sonno, quello dedicato al lavoro e alla famiglia, il divertimento. Quindi, il tempo dedicato al lavoro, vissuto in un ambiente famigliare e sereno come il nostro, credo possa essere considerato un successo che auguro a tutti».
E in un ambiente così non mancano di certo nuovi obiettivi da raggiungere e sfide da superare:
«Sicuramente la sfida dei cambiamenti climatici occupa molte risorse e sforzi. Dal punto di vista enologico abbiamo sempre dei dardi nel nostro arco e siamo costantemente impegnati nel fare prove e sperimentazioni.
«Stiamo lavorando da qualche anno - osserva Matteo - sull’invecchiamento del vino base spumante, utilizzando il sistema dei vini di riserva tipico della Champagne e con questi vini di riserva stiamo creando delle cuvée che spumantizzeremo, qualcuna già nel 2024, e che tra qualche anno dovrebbero dare vita a una nuova etichetta. Siamo sempre alla ricerca di qualche novità perché ci piace metterci in gioco.»
 

 
 I vini del cuore di Matteo: Madame Martis e il Dosaggio Zero Riserva 
Se per il futuro sicuramente vedranno la luce nuove etichette è però tra i cavalli di battaglia di Maso Martis che Matteo Ferrari trova i suoi vini del cuore come Madame Martis, creata nel 1999, il Trentodoc grazie al quale la maison trentina si è consacrata a livello nazionale e internazionale, mietendo premi e consensi di critica.
«Sono tutti figli miei enologici, ma tra i prediletti, anche se non glielo faremo sapere, ci sono gli spumanti invecchiati e la Madame è quella che meglio rispecchia la mia filosofia: un vino maturo e verticale che regala grandi emozioni. C’è poi il nostro Dosaggio Zero Riserva che è sicuramente tra i miei preferiti.»
 

 
La storia di Maso Martis e quella di Matteo Ferrari sono legate a doppio filo alla storia della denominazione Trentodoc a cui l’enotecnico riconosce il merito di un’efficace azione di promozione e sviluppo del marchio:
«Ci sono molte cantine nuove e giovani produttori e tecnici che si affacciano alla produzione di Trentodoc e questo mi fa piacere perché siamo una realtà tendenzialmente piccola e credo ci sia posto per tutti, soprattutto se i prodotti finali sono piacevoli e di bella beva.
«L’unico pericolo potrebbe essere quello di trovare nei prossimi anni dei prodotti forse troppo semplici, ma sono fiducioso che non accadrà perché i giovani hanno idee brillanti per valorizzare i vitigni e la produzione di nuovi Trentodoc.
«Dobbiamo lasciare loro lo spazio. La promozione e gli investimenti fatti dall’Istituto e dalle singole cantine stanno dando i loro frutti. Il marchio è ormai conosciuto e apprezzato in tutta Italia e anche nel mondo. Questo ci stimola a fare sempre meglio.»
 

 
 Il futuro di Maso Martis ora è nelle mani di Alessandra e Maddalena 
Non è infine un caso, ma più un segno del destino, il fatto che il riconoscimento della Doc Trento nel 1993 sia coinciso con la nascita di Alessandra, primogenita di Antonio e Roberta, cui è seguito poi l’arrivo di Maddalena nel 1996, due giovani Donne del Vino che ora guidano l’azienda e che hanno un posto speciale nel cuore di Matteo Ferrari:
«Tra i momenti più belli vissuti in azienda c’è sicuramente quello poter osservare Alessandra e Maddalena diventare parte attiva della cantina.
«Le ho viste nascere, poi crescere e io sono cresciuto un po’ con loro. Vedere la nuova generazione di Maso Martis così appassionata come lo eravamo noi è un’altra grande soddisfazione.»

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Giuseppe casagrande - [email protected]