Operazione Themis, il significato per l’Italia – DI A.G. Dibenedetto

È l’operazione nel Mediterraneo centrale che ha preso il posto dell'operazione Frontex di nome Triton – In situazioni d’emergenza può mettere in campo 1.500 unità

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Da oramai quasi cinque anni il fenomeno migratorio che dalle coste del Nord Africa e del Medio Oriente attraversa il mar Mediterraneo e si riversa nel territorio europeo rappresenta una sfida impegnativa per quegli Stati e le agenzie dell’Unione Europea che cercano di contenerlo.
Nel tempo sono state lanciate varie operazioni di stampo europeo, in cui l’Italia ha sempre avuto un ruolo determinante, volte a gestire la crisi; la più recente è stata avviata il primo febbraio 2018, si chiama Themis ed è gestita dall’agenzia dell’Unione Frontex.
Anzitutto, è doveroso ricordare che Frontex era stata fondata nel 2005 come Agenzia per la Gestione della Cooperazione Operativa delle Frontiere Esterne. Il suo compito, infatti, era quello di aiutare gli Stati dell’Unione nell’implementare le regole comunitarie circa i controlli dei confini dell’area Schengen, assicurando che lo standard di efficienza fosse mantenuto ad alti livelli, e coordinare la collaborazione tra gli Stati membri in merito.
 
Successivamente, nel 2016, proprio in risposta alla crisi migratoria e alla realizzazione dell’incapacità dell’agenzia di gestirla, il suo mandato è stato ampliato e rinforzato trasformando Frontex nell’Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera.
Entrando nel dettaglio, Frontex oggi può, in situazioni di emergenza, schierare rapidamente agenti di frontiera e di guardia costiera da un pool di reazione rapida di almeno 1.500 uomini e donne.
Inoltre, tra le altre funzioni che svolge, l’agenzia condivide l’intelligence raccolta su individui sospettati di essere coinvolti in attività criminali con le autorità nazionali e le altre istituzioni europee.
È proprio in questo nuovo quadro che nasce l’operazione Themis nel mar Mediterraneo centrale, prendendo il posto della precedente operazione Frontex di nome Triton.
Al fine di individuare il cambio di percorso realizzato dall’agenzia con il lancio di Themis, è necessario, quindi, ricordare compiti, area operazionale, successi e fallimenti di Triton.
 
Quest’ultima era stata creata ad agosto 2014 e operava sotto il comando del Ministero dell’Interno italiano. Seguendo le direttive del mandato, Triton contribuiva, attraverso i suoi assetti navali e aerei, a coordinare quelle attività di controllo dei flussi migratori irregolari e di contrasto al crimine transfrontaliero, e effettuava operazioni di ricerca e soccorso di persone in pericolo nel mar Mediterraneo centrale, più precisamente in un’area che si estendeva per 30 miglia nautiche a partire dalle coste italiane.
Nel 2015, a seguito dei pochi successi raggiunti da Triton (il numero delle vittime in mare non solo non era diminuito, ma anzi, aveva registrato un aumento), la Commissione europea decise di ampliare il mandato dell’operazione espandendo la sua area di intervento a 50 miglia nautiche e aggiungendo ulteriori fondi, personale, navi e velivoli anche al fine di contribuire a smantellare la fitta rete di trafficanti di persone tramite il miglioramento della raccolta di informazioni.
Circa dopo un anno, l’operazione fu sottoposta a un’ulteriore revisione che si tradusse nell’allargamento della zona in cui svolgeva le proprie funzioni a 138 miglia nautiche dalle coste della Sicilia e in una maggiore attenzione nell’individuazione di traffici di droga, di casi di pesca illegale e inquinamento marittimo.
 
L’operazione Triton poteva contare, nei suoi ultimi mesi di missione, su tre velivoli per la sorveglianza marittima, nove navi, due elicotteri e sette team incaricati di raccogliere dati e condurre attività di identificazione di trafficanti e migranti negli hotspots italiani.
Tirando le somme, Triton nei suoi quattro anni di attività ha visto il supporto materiale di 26 nazioni europee e ha contribuito a salvare circa 85.000 uomini e donne in operazioni di ricerca e soccorso.
Tuttavia, non solo i casi di annegamento continuavano a essere innumerevoli, ma inoltre, l’operazione si è rivelata poco efficace nella gestione del flusso di migranti come previsto nel suo mandato.
Infatti, nel corso del tempo le dinamiche migratorie sono cambiate e i trafficanti hanno adattato le rotte agli ostacoli incontrati nel Mediterraneo.
Nello specifico, sono due i fattori che hanno concorso a far diversificare i tragitti marittimi impiegati per la tratta di esseri umani. In primo luogo, l’impegno dell’UE con il dispiegamento dell’operazione EUNAVFOR MED Sophia1 nel mar Mediterraneo centrale, ha agito da deterrente rispetto alle rotte consolidate della tratta dei migranti.
 
In secondo luogo, grazie alla formazione che l’Italia, con l’aiuto dell’UE, ha fornito alla Guardia costiera libica (Paese da cui partivano gran parte delle imbarcazioni), quest’ultima è ora in grado di meglio monitorare le coste e controllare le partenze dall’area occidentale del Paese posta sotto l’autorità del Governo di Tripoli.
L’operazione Themis, quindi, nasce proprio dalla necessità di adeguare lo scopo geografico e funzionale dell’attività di Frontex al mutato scenario strategico. In concreto, Themis si differenzia dal suo predecessore Triton nel mandato, nella definizione dell’area operazionale, nella sua componente securitaria, e nei possibili porti in cui effettuare gli sbarchi.
Al centro del mandato di Themis vi è un triplice impegno: assistere l’Italia nelle attività di controllo delle frontiere marittime, l’operazione rientra nell’ambito delle missioni di Politica di Sicurezza e di Difesa Comune dell’UE ed ha lo scopo di adottare misure sistematiche per individuare, catturare e distruggere imbarcazioni e attrezzature utilizzate o sospettate di essere utilizzate da trafficanti di migranti a continuare a svolgere operazioni di ricerca e salvataggio, e far rispettare le normative internazionali nelle acque del Mediterraneo.
 
Per quel che concerne l’area operazionale, se quella di Triton si limitava al sud delle coste siciliane, Themis può svolgere le sue attività di pattugliamento in due zone: nella parte più orientale del mar Mediterraneo per controllare i flussi provenienti da Egitto, Turchia e Albania e in quella più occidentale per gestire i traffici in rotta da Algeria, Tunisia e Libia.
Evidentemente, rispetto a Triton la nuova operazione di Frontex meglio riflette il mutamento dei modelli migratori. Un’ulteriore responsabilità che si assume il personale di Themis è la lotta alle attività criminali transfrontaliere.
Nello specifico, l’operazione supporterà l’Italia nel contrasto al traffico di droga e nell’individuazione di possibili minacce terroristiche ai confini dell’Unione attraverso la raccolta di intelligence e l’implementazione di altre misure volte a prevenire che gruppi criminali o terroristici entrino nel territorio dell’UE.
Tale componente securitaria mira all’obiettivo più ampio di garantire la sicurezza interna di tutti gli Stati membri grazie ad un costate lavoro di monitoraggio dei flussi migratori, delle eventuali infiltrazioni di foreign fighters dalla rotta tunisina (la più credibile per possibili jihadisti per raggiungere l’Europa e del traffico di stupefacenti.
 
Negli ultimi anni, infatti, le reti di contrabbando di cocaina hanno diversificato le rotte utilizzando centri di trasbordo in Africa occidentale da cui poi la merce parte verso Paesi europei.
Inoltre, la rotta balcanica viene sempre più impiegata per esportare la cannabis dall’Europa del sud-est (l’Albania in particolare) verso l’Europa occidentale e centrale attraverso il mar Adriatico.
Una novità che contraddistingue l’operazione Themis, e che ha particolare rilevanza per l’Italia, è il rinnovato impegno nel fare applicare la legge del mare come stabilita dalla convenzione di Amburgo: i migranti soccorsi dovranno essere accompagnati.
La rotta che collega la Tunisia alle coste della Sicilia orientale, infatti, risulta essere la più sicura da percorrere in quanto ha una durata nettamente inferiore rispetto ai viaggi che partono dalla Libia. Inoltre per la traversata vengono utilizzate appositamente imbarcazioni di legno o motoscafi fornendo quello che può essere definito un vero e proprio «servizio navetta».
Di conseguenza, tale servizio ha un costo superiore rispetto alle tratte più comunemente usate nel Mediterraneo centrale e fatti sbarcare nel porto europeo più vicino al punto in cui è stato effettuato il salvataggio.
 
Durante le attività di Triton, invece, gli uomini e le donne salvati in mare venivano condotti indistintamente in Italia, a prescindere, quindi, dalla vicinanza geografica di altri Paesi.
Questo cambio di direzione da parte di Frontex è frutto anche delle numerose critiche mosse da Roma circa tale procedura e mira a un contributo solidale più forte da parte degli altri Paesi dell’Unione.
Infine, l’agenzia europea continuerà a essere presente con i suoi funzionari negli hotspots italiani al fine di dare supporto al personale locale nel registrare i migranti e prendere le loro impronte digitali.
Tirando le somme, Themis si presenta con un mandato più ampio rispetto a quello di Triton, nonché più conforme ai modelli mutevoli della migrazione.
La missione, infatti, ha la durata di un anno e verrà posta sotto riesame ogni tre mesi, a sottolineare la flessibilità e adattabilità con cui Frontex ha voluto modellare il nuovo impegno operativo. In aggiunta, la forte componente securitaria che caratterizza l’operazione e il cambiamento di direzione rispetto alla scelta dei porti di sbarco, rendono Themis più solida, vasta e coerente.
 
Nella sua nuova conformazione, l’operazione lanciata da Frontex è molto vicina al mandato di EUNAVFOR MED Sophia ed è quindi possibile immaginare una maggiore cooperazione tra le due realtà. Nello specifico, l’operazione Sophia potrebbe rappresentare il braccio militare di Themis dato che possiede una capacità operativa più robusta e un raggio di azione più ampio.
In conclusione, l’operazione Themis, che è nata da un patto sottoscritto tra Viminale e Frontex, darà un supporto più concreto alle azioni messe in campo dall’Italia rispetto alla crisi migratoria e al fine di garantire sicurezza alle acque del Mediterraneo.
Non a caso il Ministero dell’Interno ha definito la nuova missione come un passo significativo per l’Europa in termini di solidarietà e cooperazione tra Stati. A ben vedere, l’operazione di Frontex sarà d’aiuto per supportare gli sforzi che ogni giorno il Sistema di Sicurezza e
Difesa italiano compie per migliorare la protezione del confine sud dell’Europa. Nonostante queste note positive, è possibile mettere in discussione l’efficacia del nuovo impegno di Themis nel far sbarcare i migranti nel porto più vicino alla zona dell’avvenuto salvataggio in mare.
 
Le ragioni alla base di questa affermazione sono principalmente due, anzitutto l’Italia ha da sempre assunto gran parte della responsabilità in merito di accoglienza, dato non solo il suo maggior coinvolgimento in operazioni di soccorso, ma anche la scarsa collaborazione da parte dei vicini Paesi europei.
In secondo luogo, benché Roma abbia deciso di limitare l’area di pattugliamento delle unità navali italiane impegnate nell’operazione di Frontex a 24 miglia dalle coste nazionali, non è ancora chiaro quale sia il raggio di azione degli altri assetti europei sotto l’egida di Themis.
Se anche questi ultimi restringeranno la propria area operazionale, giocoforza l’Italia risulterà geograficamente il Paese con i porti più vicini per effettuare gli sbarchi, salvo che Malta non decida di avere un ruolo più proattivo in merito.
Nonostante questi aspetti ancora perfettibili, la crescita di ambizione di Frontex e l’ampio mandato di Themis, se saranno coronati dal successo operativo, potrebbero generare effetti politico-strategici positivi, nel medio lungo periodo, con la possibilità di una vera e propria gestione sotto l’egida di Bruxelles delle frontiere marittime europee.
 
Alessandra Giada Dibenedetto
(Ce.S.I.)