Il salvagente a chi «tonca» le Istituzioni
Condannati alla «Tonca» Grassi, Baratter, Andreatta… bene. Ma perché toncare anche il questore D’Ambrosio?
Mario Cagol, giudice inappellabile delle Feste Vigiliane, ha emesso la sentenza dell’edizione 2017.
Sono stati condannati alla «tonca» i noti personaggi dell’Itas, il sindaco Andreatta, il consigliere Baratter e il Questore di Trento.
Le motivazioni sono note, anzi prevedibili. Si parla dell’ex direttore generale dell’ITAS Ermanno Grassi, licenziato in tronco per aver arrotondato lo stipendio in maniera piuttosto disinvolta. Una condanna scontata, che però ha visto coinvolgere anche la dipendente dalla quale era partita l’inchiesta. E questo era più sbordato che scontato.
A seguire vediamo nuovamente un imputato eccellente (ovvio anche questo), il consigliere provinciale Lorenzo Baratter, che è riuscito a evitare un processo nell’ipotesi di voto di scambio grazie alla «messa alla prova». Non è stata una scelta da poco, dato che una sentenza non emessa non poteva costargli l’elezione. Ne abbiamo parlato per primi a suo tempo: sarà l’elettorato a emettere la vera sentenza l’anno prossimo
Poi vediamo anche la condanna del sindaco Alessandro Andreatta che, a dispetto delle lodevoli iniziative volte a risanare Piazza Dante e dintorni, si è visto scorazzare nel salotto della città orde di extracomunitari scatenate in guerre di bande, come se i cittadini trentini non esistessero neanche. Ne abbiamo parlato in profondità nei giorni scorsi, denunciando come nei cinque anni trascorsi la pulizia della city altro non è stato che un trasloco.
Poi però vediamo inserire nell’elenco, insieme al sindaco Andreatta, anche il questore Massimo D’Ambrosio. Secondo il giudice Cagol, la colpa delle guerre di bande è da attribuire anche al Questore.
Su questo non siamo c’accordo nella maniera più assoluta. Non solo perché quotidianamente leggiamo i verbali delle brillanti operazioni di polizia che vengono attuate a Trento (soprattutto contro spacciatori), ma perché le Istituzioni non si toccano. Punto.
Il nostro giornale cura la pubblicazione di alcune rubriche di satira (la Talpa) e d’ironia (il Salvagente).
Più volte siamo stati feroci soprattutto contro la mancanza del buonsenso, contro le contraddizioni, le banalità intellettuali, i fallimenti progettuali, la pubblica dispersione di know-how, la facciatosta, le promesse mancate e quant’altro commesso dagli uomini di potere.
Ma in tutti i casi non abbiamo mai toccato il Potere Costituito. La differenza tra uno Stato di Diritto e un paese incivile sta proprio nel ruolo fondante delle strutture portanti dello Stato.
Se i politici - come si dice in dialetto trentino per stare in tema - «te podi empiegnirli de peàde» proprio perché eletti dal popolo, i personaggi istituzionali del Sistema vanno tenuti al di fuori delle diatribe popolari.
Non vogliamo dire che siano intoccabili e anzi sono suscettibili di critiche anche pungenti, ma non per come stanno svolgendo il loro lavoro.
Non possiamo lamentarci dei giudici che scarcerano con apparente leggerezza i ladri conclamati, dato che è il potere legislativo a decidere le regole.
Non possiamo attaccare il Questore perché agisce nei termini di legge, dato che il potere esecutivo è sottoposto a quello legislativo.
La problematica degli immigrati irregolari è di competenza statale: è a Roma che si decidono le regole. Ma anche per lo Stato si tratta di una questione di lana caprina, perché va oltre le capacità oggettive di uno Stato di diritto.
Far quadrare i diritti degli individui con la necessità di sicurezza è una questione quasi irrisolvibile finché non si trova una soluzione alla radice, cioè alle basi di partenza, e finché continuano ad arrivare in Italia migliaia di immigrati al giorno
Non possiamo obbligare dei giovani migrati ventenni a non far nulla dalla mattina alla sera e poi lamentarci che occupano il tempo in maniera illegale.
La gente pensa facilmente a soluzioni semplicistiche, per la semplice ragione che non si trova a dover decidere rispettando la legge, sempre e a ogni costo.
Sappiamo che la satira non è suscettibile di censure: o piace o non piace. Punto.
E leggere tra i «toncati» il nome del Questore in quanto tale non ci è piaciuto. Nulla di più. Nessuna censura.
Però abbiamo istituito anche noi la rubrica ironica del «salvagente», un po’ l’antitesi alla tonca: un attrezzo virtuale per non annegare in un mare di cavolate.
Per questo gettiamo il salvagente a Mario Cagol, affinché non anneghi virtualmente nella tonca sbagliata.
GdM