«Piné: lo Stadio del Ghiaccio s'ha da fare» – Di Nadia Clementi
Lo dice Franca Merz, per 44 anni giudice di gara sul ghiaccio, prima donna «accettata» come giudice nel mondo del pattinaggio
>
I nostri lettori conoscono Franca Merz perché dal 2014 a oggi ha pubblicato nella sua rubrica L’Adigetto.it intitolata «Il venerdì di Franca Merz» più di 400 ricette, una migliore dell’altra.
La sua rubrica è un libro di cucina a tutti gli effetti e ne andiamo fieri, anche perché i suoi lettori sono sempre numerosi. Affezionati. Sopraffini.
E la sua cucina non è solo teoria. Tutte le ricette che abbiamo pubblicato sono state realizzate nei corsi che periodicamente organizza nel ristorante situato nel suo albergo di Piné, «Locanda due Camini».
Non solo. Alcuni suoi piatti hanno ammaliato molti lettori, primo dei quali il nostro direttore, che si reca spesso da lei per gustarsi i suoi famosissimi taglierini ai funghi.
Non è un caso se la prima ricetta che abbiamo pubblicato fosse appunto questa (vedi), come non è un caso che da otto anni va a cena ai 2 Camini per gustarsi sempre lo stesso piatto.
Ma quello che i nostri lettori non sanno è che Franca Merz è stata per 44 anni giudice degli sport di velocità su ghiaccio, seguendo una passione che l’ha portata in tutto il mondo sia per i campionati che per ben 4 Olimpiadi.
Ovviamente, il fatto che la sua base sia a Piné è stato determinante per farla innamorare del ghiaccio.
Ma è bene cominciare dall’inizio e raccontare la sua esperienza in una piacevole intervista.
Franca, quand’è che hai cominciato a pattinare?
«Avevo 6 anni, ma non ho mai praticato l’agonismo.»
Come era il lago di Piné allora?
«Fantastico, aspettavo il 13 dicembre per poter inaugurare i pattini nuovi che portava S.Lucia.
«A quell’epoca il lago ghiacciava presto, ora si pattina se va bene in gennaio.»
Quand’è che si è smesso di pattinare sul lago ghiacciato?
«A livello agonistico nel 1977, ma tutt’ora si pattina per divertimento quando è gelato.»
Com’è che sei entrata come giudice nel mondo dell’agonismo?
«Cooptata dagli amici di mio padre alla sua morte.
«Lui era un membro del Circolo Pattinatori Pine’ e della FISG federazione italiana sport ghiaccio.
«Avevo 16 anni e ho fatto la gavetta.»
Cosa si deve fare per entrare nel mondo dei giudici-arbitri?
«Avere spirito sportivo, tempo a disposizione e passione. L’arte s’impara come tutte le cose, ci sono dei regolamenti da seguire.»
In cosa consiste (o consisteva) fare il giudice di gara?
«All’epoca, 1970/80, dovevo trascrivere i tempi di gara e fare le classifiche, altri avevano la responsabilità dell’andamento di gara.
«Poi le cose sono diventate più complesse. Diventando arbitro si ha la responsabilità sia civile che penale della competizione, ecco il perché dei regolamenti.»
Quante lingue si devono conoscere? Quante lingue parli?
«Io parlo 3 lingue, Italiano, Francese, Inglese, fondamentale è l’Inglese.»
Qual è stato il primo viaggio da giudice arbitro? Te lo ricordi ancora?
«Certo, Norvegia campionati Europei 1994. Anno in cui la Norvegia ospitò le olimpiadi invernali.»
Il primo mondiale dove lo hai seguito?
«A Baselga di Pinè, sulla pista, ICE RINK, di Miola.»
La prima Olimpiade? Ti emoziona ancora ricordarla?
«La prima in assoluto fu a Calgary, Canada. Era il 1988 ed ero li come competitor steward per lo short track.
«C’erano molte aspettative con questa nuova disciplina e per me fu un vero battesimo del fuoco. Lo short track fu introdotto come demonstrative event proprio in quella Olimpiade. L’Italia è sempre stata piuttosto forte in questo sport.
«La prima in pista lunga fu in Giappone, 1998, la prima donna accettata nella rosa degli arbitri. Lì all’epoca, non so ora, le donne dovevano camminare dietro agli uomini. Fui nominata arbitro della gara femminile e per non creare un problema diplomatico dovettero mettermi assistente arbitro in quanto donna, fu il mio collega Svedese ad essere arbitro capo.»
Quanti e quali mondiali e Olimpiadi hai seguito?
«Ho fatto 4 olimpiadi, 2 come arbitro in pista lunga, Giappone e Italia, Torino. 2 olimpiadi in pista corta, ambedue in Canada per lo Short Track, (è un anello di 100 metri tracciato sulla pista da hockey, regole e pattini diversi rispetto alla pista lunga, più spettacolare). 1988 e 2010 Vancouver.»
So che fare il giudice è su base volontaria, ma le spese ti sono sempre state pagate. È sempre stato sufficiente? Cambia qualcosa in questo tra campionati del mondo e Olimpiadi? Puoi scendere nei dettagli?
«Per le Olimpiadi pagano trasporti e alloggio e poi danno una diaria giornaliera con la quale devi pagarti i pasti, se non vai in ristoranti costosi i soldi sono sufficienti, si sta fuori casa 2 settimane.
«Per campionati del mondo, europei o coppe del mondo, durata 3 o 4 giorni, pagano trasporto e hotel con pasti compresi.»
Lo hai fatto per 44 anni… Ti sei divertita?
«Sì, mi sono divertita ma ho sempre subito il fatto di essere donna in un ambiente quasi totalmente maschile.
«Le novità e le sfide mi sono sempre piaciute. Il conoscere gente e paesi nuovi è bello. Vivere in un ambiente poco sofisticato, dove la fatica è all’ordine del giorno, e dove devi conseguire dei tempi cronometrici buoni se vuoi dei risultati, ti fa vivere il tutto in modo sereno e veritiero.
«Tutt’altra cosa è il mondo del pattinaggio di figura.»
Perché hai smesso? Hai voluto o hai dovuto smettere?
«Ho smesso prima per motivi di lavoro e comunque a 65 anni non si è più abilitati ad arbitrare gare Olimpiche o Mondiali, si possono comunque occupare altre posizioni con meno responsabilità.»
Cosa è cambiato oggi nel mondo dei giudici su ghiaccio?
«Non ti so rispondere in quanto ormai sono fuori dall’ambiente giudicante, ma credo che ci si affidi sempre più alla tecnologia e le regole da rispettare sono ancora quelle di una volta, probabilmente forse di più.»
Cosa pensi del nuovo stadio del ghiaccio che la Provincia costruirà a Piné?
«Noi a Pinè abbiamo il pattinaggio velocità nel cuore e, se posso dire, nel DNA. Parliamo di competizioni dal 1946 con le prime gare sul lago.
«Non vedo l’ora di vedere come verrà realizzato. Se ben progettato potrà portare un impulso economico e di visibilità al nostro magnifico Altopiano.
«A parte l’aspetto architettonico-ingegneristico, in uno stadio di pattinaggio velocità importante è l’altitudine, siamo a 1 000 metri, il fattore umano, da sempre organizziamo gare, l’acqua che si utilizza per fare il ghiaccio deve avere la giusta mineralizzazione e non essere calcarea, tutti aspetti determinanti che qui possediamo.»
Puoi descrivere qualche caratteristica tecnica che uno stadio del ghiaccio deve avere?
«Parliamo di un ovale di 400mt che dal punto di vista arbitrale deve avere accessi sicuri alla pista ghiacciata, macchine levigatrici efficienti, protezioni di ultima generazione per gli atleti che competono.
«Spogliatoi e sale d’allenamento adeguati. Impianti di cronometraggio all’avanguardia.
Il progetto ti piace o hai qualche suggerimento da fare?
«Al momento non ho visto il progetto definitivo, mi auguro che lo definiscano in breve tempo. Comunque come si dice: nessuno è profeta in patria!»
Piné ci guadagnerà dal nuovo stadio?
«Ne sono assolutamente convinta!»
Vai ancora a pattinare?
«Nooo, troppo freddo! Ho già dato… Tanti anni sul ghiaccio.»
Nadia Clementi – [email protected]