Giornata internazionale dell’epilessia – Di Nadia Clementi
Ne parliamo col dott. Flavio Villani Direttore di Neurofisiopatologia e del Centro Regionale per l’Epilessia dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino a Genova
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Ogni anno, il secondo lunedì di febbraio, in tutto il mondo si celebra la «Giornata Internazionale dell’Epilessia».
In Italia la manifestazione è stata coordinata dalla Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) con lo scopo di divulgare le problematiche riguardanti l’epilessia, al fine di evidenziare le difficoltà delle persone affette dalla patologia e delle loro famiglie.
L’epilessia è un disagio cerebrale caratterizzato da una anormale attività elettrica del cervello che può causare convulsioni o comportamenti inusuali, sensazione di straniamento e, talvolta, perdita di coscienza.
A dispetto della reperibilità e del basso costo dei farmaci per controllare la patologia, più del 75% delle persone affette da epilessia nei Paesi sottosviluppati non ha accesso ai trattamenti.
Nei paesi industrializzati, l’epilessia interessa circa 1 persona su 100. Si stima quindi che nel mondo le persone con epilessia siano oltre 50 milioni, che in Europa il numero si aggiri attorno ai 6 milioni e che la malattia interessi circa 500.000-600.000 casi nel nostro Paese.
In Italia si registrano ogni anno 86 nuovi casi ogni 100.000 abitanti e 180 casi ogni 100.000 abitanti dopo i 75 anni.
Sempre nel nostro Paese, si stima in 880 milioni di Euro la spesa a carico del SSN per l’epilessia e un impatto sulla spesa farmaceutica di circa 300 milioni di Euro, pari a un costo medio per paziente di 600 Euro (vedi).
All’indomani della Giornata Internazionale dell’Epilessia abbiamo avuto la possibilità di intervistare il dott. Flavio Villani, Direttore dell’Unità Operativa di Neurofisiopatologia e del Centro Regionale per l’Epilessia dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino a Genova.
CURRICULUM VITAE BREVE DR FLAVIO VILLANI Nato a Milano nel 1962, ha effettuato i suoi studi medici presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi «summa cum laude» nel 1987. Presso la stessa Università ha conseguito il diploma di specializzazione in Neurologia nel 1991. Al fine di completare il proprio iter di formazione professionale il Dr. Villani ha lavorato per tre anni come «post-doctoral fellow» presso i Dipartimenti di Neurologia e Neuroscienze del Baylor College of Medicine di Houston, negli Stati Uniti, sotto la guida dei professori Stanley H. Appel e Daniel Johnston, occupandosi di modelli autoimmuni di patologie del Sistema Nervoso e dei meccanismi neurofisiologici della memoria. Dal 1993 al 2019 ha svolto la propria attività clinica e di ricerca presso la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico «Carlo Besta», occupandosi di epilessia, neurofisiologia clinica e disturbi del sonno, con particolare enfasi sui meccanismi della farmacoresistenza, sul trattamento chirurgico dell’epilessia, sulle tecniche d’indagine neurofisiologiche e neuroradiologiche, sul rapporto tra epilessia e sonno, sulle epilessie autoimmuni. Attualmente è Direttore della Unità Operativa Complessa di Neurofisiopatologia e del Centro Regionale per l’Epilessia presso l’IRCCS Ospedale Policlinico Universitario San Martino di Genova. Il Dr. Villani è autore di più di 90 articoli scientifici, pubblicati su riviste internazionali di settore, con Impact Factor. È altresì autore di numerosi capitoli di testi scientifici a tema neurologico ed epilettologico. Il Dr. Villani è stato membro eletto del Consiglio Direttivo della Lega Italiana Contro l’Epilessia, è membro dell’Editorial Board di riviste internazionali di settore ed è referee per riviste internazionali quali Lancet Neurology, Epilepsia, Seizure, Epilepsy Research. |
Dott. Flavio Villani, che cos’è l’epilessia?
«In primo luogo, dobbiamo dire che l’epilessia è una condizione molto diffusa (l’1% della popolazione ne risulta affetta, più di 500.000 persone solo in Italia), ma anche molto eterogenea per quanto riguarda cause e prognosi, essendo manifestazione di diverse condizioni patologiche del cervello.
«Volendo darne una definizione unificante possiamo dire che l’epilessia è un disturbo cronico del cervello caratterizzato da una persistente ipereccitabilità di gruppi più o meno estesi di neuroni (le cellule fondamentali della corteccia cerebrale) che si riflette in attività elettriche patologiche.
«Tali attività sono alla base della crisi epilettica, elemento essenziale di ogni forma di epilessia. Possiamo pertanto dire che la crisi epilettica è un insieme di manifestazioni involontarie di tipo motorio, sensitivo, psichico o vegetativo, determinato dall’attivazione patologica di un pool di neuroni ipereccitabili.
«La definizione di epilessia richiede il verificarsi di almeno una crisi epilettica non provocata da fattori acuti quali un’intossicazione, un trauma cranico, un’infezione del cervello, etc.»
Quanti e quali fattori possono far insorgere l'epilessia?
«I fattori sono molti, e variano a seconda delle diverse fasce di età: nelle età più precoci prevalgono le forme che hanno una base genetica o che si associano a malformazioni del cervello. Salendo con l’età incrementano i casi legati alla presenza di lesioni cerebrali quali tumori o cicatrici di varia origine.
«Nell’età senile sono assai frequenti le forme legate a lesioni vascolari quali ischemie ed emorragie cerebrali, malattie neurodegenerative ed encefaliti, talora a origine autoimmunitaria.»
Come si manifestano le crisi?
«Nell’immaginario collettivo le crisi epilettiche si manifestano sempre con l’emissione di un urlo, la perdita di coscienza, la violenta caduta a terra, le convulsioni, il morso della lingua e l’incontinenza urinaria.
«In realtà, quel tipo di manifestazione, così eclatante e di facile riconoscimento, è una delle tante possibili forme con le quali le crisi epilettiche possono manifestarsi.
«Esistono moltissime manifestazioni meno eclatanti, e non così facilmente riconducibili a un disturbo epilettico, talora difficili da riconoscere anche per il medico che non abbia una specifica preparazione in questo settore.
«In tutti i casi le manifestazioni dipendono dalle specifiche zone del cervello interessate dall’attività epilettica.
«Si possono avere manifestazioni puramente soggettive e senza alterazione del contatto con l’ambiente, fino a eventi complessi in cui l’alterazione della coscienza può essere parziale o totale, e si associano manifestazioni psichiche a movimenti involontari denominati tecnicamente automatismi.
«La sequenza temporale con cui compaiono i sintomi e i segni della crisi permettono allo specialista di tracciare l’attività epilettica nel suo percorso attraverso le diverse strutture funzionali del cervello, e di definire così l’area di origine e di prima manifestazione delle crisi o zona epilettogena.»
C’è qualche segnale d’allarme che può anticipare una crisi epilettica?
«Alcuni tipi di crisi si caratterizzano per una fase iniziale soggettiva, detta aura, durante la quale il paziente può presentare manifestazioni coscienti di vario genere, che vanno da sensazioni corporee e vegetative spesso sgradevoli, a esperienze psichiche legate alla memoria, come per esempio i déjà vu epilettici, fino ad allucinazioni di diverso tipo (uditive, visive, olfattive, ecc.), dalle più semplici alle più complesse.
«Durante queste fasi i pazienti possono essere ancora in contatto con la realtà e in grado di avvertire gli astanti del manifestarsi della crisi, cautelandosi in qualche modo da una possibile successiva caduta.»
Qual è il carattere comune delle crisi e con quale frequenza avviene?
«L’andamento parossistico, ovvero l’inizio brusco e la fine altrettanto brusca degli episodi, insieme alla loro sostanziale imprevedibilità. Questi sono i caratteri più comuni e pressoché costanti delle crisi, che le rendono tanto impattanti sulla qualità della vita delle persone affette.»
Cosa si deve fare in caso di attacco epilettico?
«In primo luogo bisogna cercare di non farsi prendere dal panico. Mantenere il controllo della situazione permette di essere davvero di aiuto per la persona che sta presentando la crisi. Cercare soccorso senza panico può essere un primo aiuto che tutti sono in grado di fornire senza difficoltà.
«Se si tratta di un episodio convulsivo è importante evitare che la persona possa farsi male cadendo o sbattendo contro oggetti presenti nell’ambiente. Bisogna inoltre ricordare di non introdurre oggetti o le dita nella bocca del paziente, e di evitare di forzare l’apertura della mandibola bloccata da una potente contrazione muscolare detta trisma.
«Quel tipo di azione, del tutto inutile per il paziente, potrà produrre invece un effetto finale dannoso per denti e articolazioni temporo-mandibolari, cosa assai più grave della morsicatura della lingua. Una volta finito l’episodio e in attesa di soccorsi è importante mettere la persona ancora priva di coscienza in posizione di sicurezza, quindi sul fianco e con la testa lievemente estesa indietro. Questo eviterà l’aspirazione di liquidi e produrrà l’automatico avanzamento della lingua, che così non ostruirà le prime vie respiratorie rendendo difficile la respirazione.
«In caso di crisi non convulsive è importante tenere un atteggiamento calmo e rassicurante, evitando, finché il soggetto è in stato confusionale, di interagire in modo invasivo e aggressivo, ma cercando nel contempo di evitare che il paziente si produca danni.»
Quali sono i tipi principali di crisi?
«Si distinguono due tipi principali di crisi: le crisi generalizzate e le crisi focali. Le prime, prodotte da attività epilettiche che interessano il cervello in modo estremamente diffuso e bilaterale, sono, semplificando, di due tipologie, entrambe usualmente non preavvertite: le assenze, caratterizzate da una improvvisa alterazione del contatto con l’ambiente e arresto motorio, e le crisi generalizzate tonico-cloniche che si manifestano con un forte incremento del tono muscolare (l’urlo emesso è dovuto proprio alla violenta contrazione della muscolatura toracica e al passaggio forzato dell’aria attraverso le vie respiratorie) e scosse motorie, definite clonie, che interessano i quattro arti (le cosiddette crisi convulsive, anche note come crisi di Grande Male).
«Le crisi focali, generate da attività epilettiche localizzate in aree più o meno estese di un emisfero cerebrale, si manifestano, come già accennato sopra, con sintomi e segni che dipendono specificamente dalla zona di corteccia cerebrale attivata dalla scarica epilettica.
«In qualche caso, se la regione del cervello interessata non ha una funzione molto specifica, i sintomi possono essere di difficile interpretazione, mentre se la scarica interessa una zona importante per una determinata funzione (per esempio l’area motoria, visiva, uditiva, ecc.) il sintomo può essere facilmente riconoscibile.»
Quali sono i disagi che il soggetto con crisi subisce?
«Le problematiche per le persone che soffrono di questa patologia sono molte e assai specifiche, complessivamente diverse da quelle che si possono presentare in gran parte delle più comuni condizioni patologiche. Un primo problema è senz’altro connesso all’imprevedibilità delle crisi e alla possibilità di essere, per periodi di tempo più o meno prolungati, privati del controllo delle proprie azioni, e quindi in balia dei presenti.
«Ancora oggi troppo spesso le persone sono spinte a nascondere la propria condizione epilettica per l’idea ancora diffusa che l’epilessia sia una malattia mentale o che possa essere associata a un deficit cognitivo, ma anche per la paura e il disagio che le persone provano di fronte a una crisi epilettica. Per questi motivi le persone con epilessia sono spesso discriminate sul lavoro e nella vita di relazione. Lo stigma è ancora un problema molto reale per una larga parte di persone con epilessia.
«Più nella sfera personale, gravi disagi, spesso vissuti con elevata emotività, sono la mancanza di autonomia quando la guida è vietata, e la sensazione di essere sostanzialmente sotto tutela da parte dei familiari, preoccupati, a volte in modo fino eccessivo, per la possibile evenienza di crisi.»
Come si diagnostica l’epilessia?
«In primo luogo, attraverso un’anamnesi molto accurata, possibilmente raccolta da uno specialista neurologo con particolare expertise in questo settore, che descriva nel modo più puntuale possibile le manifestazioni critiche. In molti casi, soprattutto laddove il paziente non è in grado di descrivere le proprie manifestazioni, è indispensabile la presenza di un testimone.
«Molto utile, quando possibile, la ripresa video-domestica degli eventi che il medico esperto può valutare in un secondo momento.
«Dopo un primo e fondamentale inquadramento clinico delle crisi, il medico potrà richiedere tutti gli esami strumentali necessari per confermare il sospetto diagnostico, e che comprendono l’elettroencefalografia, esame fondamentale per la diagnosi, e gli esami di neuroimmagine più avanzati a partire dalla risonanza magnetica cerebrale eseguita secondo protocolli standardizzati.
«Esistono sul territorio Centri Epilessia riconosciuti dalla Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE), la Società Scientifica di riferimento per i medici che si occupano di epilessia, dove operano gli specialisti del settore e dove l’approccio all’epilessia è globale, attraverso l’utilizzo di precisi percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali.
«Presso i Centri Epilessia si potrà accedere a tutti i ritrovati farmacologici e chirurgici oggi disponibili per la cura delle epilessie, ma anche al necessario supporto psico-sociale.»
Cosa sono le sindromi epilettiche?
«Le sindromi epilettiche propriamente dette sono condizioni caratterizzate da un ben preciso quadro clinico associato a un altrettanto preciso quadro elettroencefalografico. Le sindromi riconosciute e ben caratterizzate non sono moltissime, e sono per lo più a esordio infantile.
«Laddove una sindrome sia identificabile il lavoro del medico è facilitato, in quanto il preciso inquadramento dell’epilessia permette di formulare prognosi più attendibili ed eventualmente di programmare il trattamento farmacologico o chirurgico in modo altrettanto preciso e specificamente mirato.»
L’epilessia a esordio infantile si attenua con gli anni?
«La prognosi di una epilessia a esordio infantile dipende dalla sua eziologia, ovvero dalla causa alla base dell’epilessia. Esistono forme legate all’età che tendono a guarire in un’alta percentuale di casi, ma anche forme geneticamente determinate o legate a malformazioni cerebrali che tendono a mantenersi attive anche in età adulta. In generale, è più probabile osservare la remissione dell’epilessia nei pazienti che hanno avuto un esordio in età infantile rispetto a quelli che iniziano a manifestarla in età adulta.»
Gli anziani sono soggetti ugualmente all’epilessia?
«L’epilessia può manifestarsi in tutte le età della vita, con caratteristiche che variano a seconda della fascia di età in cui compare.
«Esistono tuttavia due picchi di incidenza che sono quello infantile e quello senile. Gli anziani possono pertanto manifestare crisi epilettiche che spesso sono difficili da riconoscere e diagnosticare in quanto le manifestazioni sono poco evidenti, diverse a quelle del soggetto più giovane, spesso dominate dalla confusione mentale post-critica, nettamente più prolungata della crisi stessa.»
Chi ha avuto crisi da bambino può tornare ad averle da anziano?
«Benché la possibilità che epilessie esordite in età infantile e andate in remissione da anni possano ripresentarsi in età adulta o addirittura senile sia un’evenienza possibile, recentissimi studi epidemiologici di prognosi a lunghissimo termine suggeriscono che tale evenienza sia relativamente rara.
«Altro discorso attiene a epilessie esordite in età infantile ma associate a danni cerebrali di varia natura. In questi casi la tendenza al ripresentarsi delle crisi è più alta.»
Quanto è importante il fattore genetico nell'epilessia?
«È particolarmente importante per un sottogruppo di epilessie, che spesso iniziano in età infantile. L’identificazione di precisi difetti genetici permette di definire la prognosi, ovvero di prevedere l’andamento dell’epilessia nel tempo, e, più recentemente, di definire linee di trattamento specifiche e mirate.»
Come vengono trattati generalmente i pazienti?
«Attualmente sono a disposizione numerosi farmaci antiepilettici o, meglio, farmaci anticrisi, tanto da poterne distinguere tre generazioni diverse. I farmaci di ultima generazione, oltre ad agire mediante meccanismi d’azione diversi e originali rispetto a quelli delle generazioni precedenti e ad avere un profilo di efficacia almeno pari a tali farmaci, costituiscono un reale passo avanti in termini di tollerabilità a breve e lungo termine.
«Quelli più recenti sono stati sviluppati con particolare attenzione alla tollerabilità e alla mancanza di interazioni con altri farmaci. L’obiettivo finale del trattamento non è infatti solo il controllo delle crisi, ma anche il reale miglioramento della qualità della vita del paziente.
«Circa il 70% dei pazienti raggiunge il controllo completo delle crisi con i primi due farmaci antiepilettici utilizzati o con una combinazione di farmaci. Il restante 30% è considerato farmacoresistente. In questi casi esistono trattamenti alternativi, tra i quali quello chirurgico che ha mostrato elevatissima efficacia a fronte di un’ottima tollerabilità.»
È possibile prevenire l'epilessia?
«Al momento non esistono trattamenti antiepilettogeni, ovvero in grado di prevenire lo sviluppo di una condizione epilettica non ancora manifesta. In qualche specifica condizione, per esempio alcune forme di epilessia su base infiammatoria o autoimmune, o in presenza di alterazioni geneticamente determinate di specifiche vie metaboliche, si possono utilizzare farmaci che potrebbero modificare la storia della malattia agendo sui meccanismi patologici alla base dell’epilessia.»
Si può guarire?
«Dall’epilessia si può senz’altro guarire, soprattutto se l’epilessia si manifesta per la prima volta in età infantile, nell’ambito di sindromi strettamente età-dipendenti.
«Se poi vogliamo intendere come guarigione la condizione di libertà dalle crisi in presenza di un trattamento farmacologico, sappiamo che tale condizione è raggiunta dalla stragrande maggioranza dei pazienti.»
Quando è necessario l’intervento chirurgico?
«La chirurgia dell’epilessia può essere un’opzione terapeutica assai valida, alternativa ai farmaci, nei casi in cui il trattamento farmacologico non controllai completamente le crisi, ovvero si manifesta quella condizione tecnicamente definita farmacoresistenza. In presenza di farmacoresistenza è necessario valutare rapidamente l’opzione chirurgica.
«Purtroppo, a tutt’oggi la durata media di malattia dei pazienti che giungono al trattamento chirurgico si aggira sui vent’anni, un tempo davvero eccessivo per stabilire la diagnosi di farmacoresistenza e per iniziare il percorso chirurgico.
«Tale percorso prevede una serie di esami clinici e strumentali (in primis la registrazione delle crisi mediante una tecnica chiamata video-elettroencefalografia o Video-EEG) volti a definire la localizzazione e l’estensione della zona epilettogena, oltre alle sue relazioni con le aree fondamentali del cervello (aree eloquenti) che devono essere preservate dal chirurgo durante l’intervento chirurgico.»
Quali sono i vantaggi della chirurgia?
«La chirurgia dell’epilessia costituisce un trattamento curativo dell’epilessia. La rimozione della zona epilettogena, laddove possa essere completa, comporta la vera guarigione dall’epilessia e in molti casi anche la sospensione della terapia farmacologica.
«Le percentuali di guarigione sono molto alte, in media intorno al 70% dei casi trattati, con picchi positivi di oltre l’80% nell’epilessia del lobo temporale.
«L’effetto finale è di un sicuro miglioramento dei livelli di qualità della vita. Tutto questo non può essere improvvisato, richiede un affiatato team multidisciplinare di epilettologi, neurofisiologi, neuroradiologi e neurochirurghi con specifico expertise in questo settore, che accerti fuori da ogni dubbio la candidabilità del paziente al trattamento chirurgico, bilanciando con precisione rischi e benefici attesi.
«Presso i Centri Epilessia riconosciuti dalla LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia) i pazienti potranno trovare tutte le informazioni e le indicazioni per iniziare il percorso chirurgico.»
Chi soffre di crisi epilettiche può svolgere qualsiasi tipo di attività? Quali sono le attività pericolose in questo caso?
«Esistono restrizioni per alcune attività, in particolare per la guida, in caso di crisi non completamente controllate dalla terapia in corso, con alcune eccezioni previste dalla normativa vigente.
«Anche alcuni sport sono sconsigliati, ma esistono precise raccomandazioni delle Società Scientifiche di settore che permettono di verificare senza preconcetti cosa è fattibile senza rischi o con rischi limitati, e cosa è sconsigliabile.
«L’indicazione per avere un quadro preciso della situazione è sempre la stessa: rivolgersi a uno specialista del settore di comprovata esperienza, possibilmente presso un Centro Epilessia riconosciuto dalla LICE, dove la persona potrà ottenere corrette informazioni al riguardo.»
Nadia Clementi - [email protected]
Flavio Villani - [email protected]
U.O. Neurofisiopatologia e Centro Regionale per l’Epilessia +39-010-5557130 / 7132
IRCCS Ospedale Policlinico San Martino - Largo R. Benzi, 10 - 16132 – Genova
FILMATI
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https://www.youtube.com/watch?v=jO0JlPw1iu8
https://www.youtube.com/watch?v=1R1PqStCsk8
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