Storie di donne, letteratura di genere/ 427 – Di Luciana Grillo

Joanna Russ, «Vietato scrivere. Come soffocare la scrittura delle donne» – Un testo forte, vivace, intelligente, serio senza essere privo di senso dell'umorismo

Titolo: Vietato scrivere. Come soffocare la
            scrittura delle donne


Autrice
: Joanna Russ

Traduttrici: Dafne Calgaro e Chiara Reali
Editore: Enciclopedia delle Donne, 2021
Pagine: 264, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
 
Questo saggio è stato pubblicato negli USA nel 1983 e ha rivelato che le autrici più note, in realtà, erano conosciute solo per un romanzo che aveva avuto una certa risonanza. In tal modo, la società letteraria maschile operava una sorta di censura, isolando le autrici stesse, presupponendo che il successo – forse casuale – fosse irripetibile.
«Cime tempestose», di Emily Bronte, pubblicato in Inghilterra nel 1847, ebbe uno straordinario successo, la critica ne esaltò la forza espressiva e l’originalità riconoscendo nell’autore sconosciuto un grande scrittore.
 
Quando fu pubblicata la seconda edizione e si scoprì che non era opera di uno scrittore, l’autrice fu considerata strana, dall’immaginazione fervida, colpevole comunque di aver toccato argomenti che a una donna non dovevano essere noti.
Anche Emily Dickinson fu definita con supponenza una eccentrica zitella, per giunta autodidatta, e quindi fu emarginata… Russ scrive che «Emily Dickinson non aveva soldi: doveva chiedere al padre i francobolli o il denaro per comprare i libri. Come sottolinea Woolf… Tutti quegli ottimi romanzi sono stati scritti da donne talmente povere che non si potevano permettere di comprare più di due o tre risme di carta alla volta».
 
Altre scrittrici vivono le medesime esperienze, Sylvia Plath e Katherine Mansfield, George Eliot, le sorelle Bronte e Kate Wilhelm; ad Ellen Glasgow, che aveva portato un suo manoscritto a un agente letterario, questi disse: «Sei troppo carina per fare la scrittrice. Senza veli sei adorabile quanto lo sei da vestita?».
Insomma, chi scriveva o era considerata una mitomane che si appropriava del lavoro di un uomo, o era accusata di essere folle per aver scritto… per non parlare di una donna che faceva l’attrice, il cui lavoro equivaleva alla prostituzione, o di una poetessa lesbica che, pur vincitrice di un premio come Olga Broumas, «riceveva telefonate oscene e intimidatorie». Correva l’anno 1977!
 
Russ si muove nel tempo, passa dal 1700 al 1900, cita Simone de Beauvoir e Francoise Sagan, così giudicata da Stanley Kauffman: «Povera Francoise Sagan… la sua carriera negli Stati Uniti ricorda la vita di quelle bellezze medievali che fiorivano a quattordici anni, venivano deflorate a quindici, erano vecchie a trent’anni e decrepite a quaranta», riporta come Mary McCarthy racconta l’inizio della sua carriera da critica: «Mi è stato assegnato il teatro perché, fino a poco tempo prima, ero stata sposata con un attore… Alcuni degli editor pensavano che non valesse la pena occuparsi di teatro… ma è stato uno dei motivi per cui mi hanno permesso di occuparmene».
 
Virginia Woolf sostiene che «sono i valori maschili a prevalere. Per capirci, il calcio e lo sport sono importanti, i vestiti sono frivolezze. E questi valori trasmigrano dalla vita alla narrativa. Ecco un libro importante, pensa il critico, perché parla di guerra. Quest’altro invece è un libro insignificante perché ha a che fare con i sentimenti delle donne…».
 
Russ aggiunge che la scarsa considerazione degli uomini non fu rivolta soltanto alle scrittrici, ma alle artiste tout court, infatti «Suzanne Valadon è di solito menzionata nei testi di storia dell’arte come la madre di Utrillo… Mary Cassatt, sorella di Mr. Cassatt, presidente della Pennsylvania Railroad, è tornata ieri dall’Europa, dove ha studiato pittura. Possiede il pechinese più piccolo al mondo… nel 1976, J.J. Wilson ricordò un critico che aveva definito Cassatt la pupilla di Degas; anche se i due si erano conosciuti a una personale delle opere di lei… E Marie Curie in un libro di testo delle scuole superiori, era definita l’assistente di laboratorio del marito, Pierre…»
E così via… anche la moglie di Mahler, Alma, non era - come si dice - l’assistente del marito, ma una buona compositrice a cui lo stesso marito, dopo il matrimonio, impedì di scrivere musica.
 
Russ non si stanca di presentare esempi, statistiche, categorizzazioni; ci ricorda che Erica Jong ha citato un suo professore che diceva: «le donne non potranno mai essere autori. La loro esperienza è troppo limitata…» e che Simone Weil «considerava una grandissima sfortuna l’essere nata femmina… Era determinata ad essere per quanto più possibile un uomo… Le doti eccezionali di mio fratello mi ponevano di fronte alla mia inferiorità».
Avviandosi alla conclusione, Russ si dice convinta che «esiste molta, molta più buona letteratura scritta da donne di quanto si pensi» e nella postfazione riporta pensieri di donne, tutti condivisibili, come quello di Florence Price, ad esempio: «Ero riuscita a strappare qualche giornata preziosa nel mese di gennaio per scrivere indisturbata. Ma… quando mi ricapiterà la fortuna di rompermi un piede?».
 
Infine, giunta all’ultima pagina, Joanna Russ affida un compito alle altre donne, a tutte quelle che non vogliono lasciar cadere le sue considerazioni e le sue provocazioni: «You finis hit». Finitelo voi.
E certamente donne capaci di afferrare il testimone ce ne sono!

Luciana Grillo - [email protected]
(Recensioni precedenti)