Il Festival a Napoli «L’importanza di una cultura della legalità»
Si è chiusa l'anteprima con una riflessione sugli «effetti dell'economia informale e illegale sullo sviluppo»
L'ultimo appuntamento della giornata organizzata a Napoli da
Fondazione Ahref, in collaborazione con Fondazione con il Sud, come
anteprima del Festival dell'Economia di Trento ha proposto una
riflessione su «Gli effetti dell'economia informale e illegale
sullo sviluppo».
Gli interventi, nel mettere in luce una varietà di punti di vista,
hanno sottolineato un po' tutti l'importanza di diffondere una
cultura della legalità e di rimettere in moto l'economia per
indebolire il sommerso, favorito da un mercato del lavoro lento e
agevolato dalla concorrenza sleale che mette inevitabilmente in
difficoltà le realtà che operano correttamente. Inoltre, è stato
ricordato come il crimine organizzato sia più radicato laddove vi è
un senso di legalità debole e un abbassamento del livello della
politica.
Per questo - è stata la conclusione - per un vero cambiamento
culturale è necessario non accettare alcun tipo di illegalità.
Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia e Magda Bianco
direttrice della Divisione economica e Diritto presso il Servizio
Studi della Banca d'Italia hanno, purtroppo, dovuto rinunciare ad
essere presenti all'incontro per problemi relativi ai loro ambiti
di lavoro.
Ad aprire i lavori era stato Luca Meldolesi, ordinario di politica
economica all'Università di Napoli Federico II, che ha sottolineato
innanzitutto l'importanza di un «dialogo tra Nord e Sud» che grazie
al Festival ha ritrovato vigore.
Dopodiché, ha spiegato come il settore pubblico non abbia aiutato
nel contrasto al fenomeno dell'economia sommersa.
«Per questo - ha affermato - è necessario coinvolgere i privati.
Lanciare progetti di sviluppo attraverso le imprese "sane" per
smuovere l'economia, perché un mercato del lavoro lento favorisce
inevitabilmente il sommerso.»
Rimettere quindi in moto l'economia coinvolgendo i privati può
essere una delle azioni per contrastare il sommerso e l'economia
informale.
Ha poi continuato Michele Polo, professore ordinario di economia
politica all'Università Bocconi di Milano, che ha evidenziato come
le organizzazioni criminali siano coinvolte da un circolo vizioso:
quello che incassano da un'attività illegale, lo riciclano
nell'economia legale.
Questo non solo rafforza le realtà criminali, ma indebolisce le
imprese che agiscono correttamente, poiché - come ha spiegato il
professore - sentono il costo della legalità, a causa della
concorrenza sleale. Infine, ha esposto un concetto chiaro ed
allarmante.
«Il crimine organizzato - ha detto - mette radici dove c'è un senso
di legalità debole e un abbassamento del livello della
politica.»
A concludere la giornata è stato Carlo Borgomeo, presidente della
Fondazione con il Sud, che ha lanciato una sorta di appello.
«Serve un cambiamento culturale e la prima grande frontiera è
quella di non accettare alcun tipo di illegalità. Bisogna saper
dire che quello che non è legale non va bene. In questo modo si può
raggiungere uno sviluppo giusto e sostenibile.»