Crescita, la spinta debole dei governi per il nuovo corso europeo

Al Festival dell’Economia il Forum tra imprenditori, economisti e finanzieri

La fragilità economica e finanziaria dell’area Euro ha indebolito le basi dell’Europa. Lucrezia Reichlin, docente di economia alla London Business School, certifica in apertura del Forum «Crescita in un’economia matura», il malessere del Vecchio Continente e le incertezza dei Governi.
A rendere tutto più complicato concorrono le forti differenza tra i Paesi europei, in termini di infrastrutture, tassazione e politiche industriali.
 
A differenza del Dopoguerra, quando proprio i Governi intervenivano per rilanciare l’economia e la crescita, oggi le Autorità centrali faticano a mettere in campo misure concrete ed efficaci.
Sul palco del Teatro Sociale di Trento, il Festival ha raccolto il meglio del mondo imprenditoriale, economisti e finanzieri, ed ogni ha riproposta la propria ricetta per la crescita economica.
 
Fautore di un ruolo attivo dei governi in economia e, soprattutto, a sostegno della crescita economica è Barry Eichengreen, docente di economia dell’Università di Berkeley (California).
«I governi devono sostenere la crescita ma oggi non stanno portando avanti gli interventi più giusti. E’ necessario cambiare modalità e strategie per sopperire al mercato: non servono sussidi alle imprese ma alle attività di ricerca e sviluppo; la politica industriale deve sostenere la piccola e media impresa ed i cluster industriali. Infine, la crescita economica richiederà maggior sostegno alla formazione e istruzione.»
 
Francesco Caselli, docente di Economia alla London School of Economics, sottolinea la difficoltà dei governi europei ad intervenire con economie in grado di rilanciare la crescita economica.
«Serve una politica industriale in grado di individuare il settore in grado di trainare il resto dell’economia. Ma questo è solo un primo, superficiale approccio. La crescita è però il risultato di alcuni caratteri che, messi assieme, sono in grado di rilanciare il volano economico: concorrenza, competenza, infrastrutture e legalità.»
 
Alleggerimento della pressione fiscale per far ripartire i consumi, e liberalizzazione dei mercati: è questa la ricetta dell’imprenditore e, in particolare, di Paolo Bertoluzzo, amministratore delegato di Vodafone Italia.
Bertoluzzo insiste, infine sugli indicatori aziendali legati alla produttività e flessibilità, merito e performance.
«Indici che vedono l’Italia troppo indietro nella classifica internazionale».
 
Il ruolo di «pessimista della giornata» spetta ad Alessandro Profumo, ex ad di Unicredit.
«Per cresce bisogna che la cosa sia viva. Servono decisioni forti e rapide, non possiamo aspettare o interrogarsi sui possibili effetti degli interventi, perché rischiamo di vedere l’Europa cadere. I governanti e i banchieri devono sono chiamati ad assumersi il rischio di intervenire. Per fortuna, nel caso della Grecia, ci sono le elezioni e saranno gli elettori a decidere sulla permanenza dentro la Comunità europea. Non c’è più tempo perché presto potrebbe toccare a Portogallo, Spagna e, forse, Italia.»
 
Quanto al sistema bancario, Profumo non ha dubbi: «Il sistema economico deve essere meno bancocentrico» e difende le banche, accusate di non prestare denaro in momenti di crisi.
«Alla banche non conviene prestare soldi. In futuro le aziende avranno meno banche di riferimento e le banche avranno meno clienti. Banche dovremo imparare il mestiere del cliente e intervenire, così come le aziende.»
 
Il ruolo difficile di difensore delle Banche centrali tocca a Benoît Cœuré; membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea.
«Siamo noi a garantire la crescita a medio e lungo termine. L’euro è stato di enorme vantaggio ai paesi europei e dell’area mediterranea, ma ora dobbiamo stabilizzare questa moneta e favorire la libera circolazione di capitali tra Paesi, così come migliorare il mercato finanziario e dei capitali.»