Storie di donne, letteratura di genere/ 406 – Di Luciana Grillo

Cynthia Rimsky, «Il futuro è un posto strano» – La protagonista si mette sulle tracce di se stessa e di un'intera generazione che ha creduto in un futuro migliore

Titolo: Il futuro è un posto strano Condividi
Autrice: Cynthia Rimsky
 
Traduttrice: Silvia Falorni
Editore: Edicola Ediciones, 2021
 
Pagine: 192, illustrato, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
 
La letteratura cilena è presente nelle librerie italiane prevalentemente grazie a Isabel Allende.
Ma Cynthia Rimsky, con «Il futuro è un posto strano», ci apre ad un altro Cile, raccontando con una naturale semplicità venata di ironia gli anni della post dittatura e mettendo al centro della storia un mondo colorato e straccione, in cui la Caldini – la protagonista, giornalista ed ex militante di sinistra – divorzia da Rocha che «aveva cercato di associare la sua decadenza come intellettuale alla chiusura delle menti prodotta dalla transizione» e l’accusa di abbandono del tetto coniugale; incontra Nilda Salamanca che sostiene: «Avrei potuto far carriera come artista, poeta o cantante, ma non posso vivere preoccupandomi solo di me stessa» e che, alla domanda della Caldini «Tu sai chi sono io?», risponde spavaldamente: «La domanda è se lo sai tu».
 
Forse si erano conosciute «in una giornata di protesta contro la dittatura, la peggiore di tutte, quando Pinochet aveva mandato i militari in strada»…
Ora tutto è molto diverso, la Caldini abita in un isolato che esercita una strana attrazione su chi è senza lavoro, e dunque ospita vagabondi, «le fidanzate del piccolo giornalaio, gli amici che si ritrovano a mangiare e bere con i duplicatori di chiavi, il Colo-Colo che si crede un veggente, la donna magra che si tappa la bocca per parlare con sé stessa, il marijuanero aiutante alla piccola bottega, l’ex ballerino di una disco gay…, i due paralitici…»; le rubano la bicicletta; Loayza «le chiede scusa se l’ha offesa per aver usato il nome politico invece che quello reale: Zanelli»; lei fa ricerche su internet, recupera notizie e interviste, si muove in un mondo instabile, ascolta la risposta di Zanelli al giornalista che gli chiede se senta di aver fallito: «Se ci hanno sconfitti o no, è relativo; è morta molta gente e quelli di noi che sono rimasti sono finiti tutti in prigione, ma aver combattuto questa guerra ed essere ancora qui, quando l’intenzione era quella di annientarci, mi riempie di orgoglio».
 
La Caldini vuole ricostruire il suo vissuto, vuole capire quanto abbia creduto nella possibilità di un futuro migliore, pur scoraggiata da un’avvocata che rappresenta l’esempio del fallimento.
E si guarda attorno, si rende conto che comunque, anche di fronte a storture palesi, «non ci sono ancora le condizioni, l’esperienza, la saggezza né la forza per proporre un’alternativa popolare» – come dice Zanelli, mentre lei – trasforma le spiegazioni sociologiche di Zanelli in un linguaggio in grado di avvicinare i cileni all’immaginario inesplorato della dittatura» - come pensa il Negro.
La storia che Rimsky racconta è drammaticamente vera, ma la sua abilità di scrittrice consiste nel renderla lieve.
 
Ecco come presenta la segretaria dell’avvocata, appena assunta: «Il tavolino dove prima svenivano due piante da interni è occupato da una signora in pensione che l’avvocata ha assunto come segretaria part-time», o come racconta le difficoltà incontrate per bere al bar un bicchiere di vino: «I bar del quartiere sono senza clienti ma non servono vino al bicchiere… Non ti sembra una coincidenza troppo grande che in ben tre bar si rifiutino di darmi un bicchiere di vino?... esiste un regolamento… E quale parte del regolamento proibisce di vendermi un bicchiere di vino?... Non ci permettono di servire donne sole, si pensa che vengano a caccia di uomini e dato che il locale ha un profilo da giovani coppie, potrebbe prendere una brutta fama…».
 
I coinquilini e affini della Caldini – che non sa più se l’appartamento dove abita, ereditato da suo padre, fosse realmente di suo padre – continuano a vivere nel caos, la Jugoslava compra l’appartamento della Vergi, l’italiano siede sul gradone che dà sulla strada, la Dolly e la parrucchiera sono state sfrattate, la cuoca che frigge empanadas riceve un messaggino con appuntamento, la Municipalità proibisce ai duplicatori di chiavi di gozzovigliare sul marciapiede.
Poi, è la volta della fiera del libro di El Salto; delusione, sono solo in tre: Nilda, il Negro e la Caldini, che «non è spinta dai ricordi quanto dalla curiosità di vedere che cosa è cambiato di quel luogo in quasi trent’anni»… «che cosa la portò a scappare da Nilda e Juan quella notte. Quello che è successo dopo è scritto nel quaderno che conserva nel baule del quale non ha la chiave. Alla domanda se dare o no la vita per la rivoluzione, la giovane di vent’anni decide di andare prima a conoscerne una. E quando torna dal Nicaragua non c’è più motivo per dare la vita».

Nessuno la riconosce, mentre «passa fra i ragazzi del Comitato Giovanile, i tamburi, le ballerine, il dirigente del centro culturale, Nilda, il figlio della scrittrice e i suoi due amici, il cameramen, il Negro, la seconda voce, il tecnico del suono…» e il silenzio diventa assordante.

Luciana Grillo - [email protected]
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