Sartoria Alibi: l’artigianato nel rispetto della tradizione
Creatività e innovazione al servizio alla comunità – Di Maurizio Daniele Bornancin
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Oggi desidero tornare su un argomento a me molto caro: il ruolo delle imprese artigiane femminili nelle varie località del Trentino.
Alla ricerca di giovani donne che rappresentino le nuove generazioni di imprenditrici, sono giunto a Sopramonte, per scoprire un settore, quello della sartoria artigianale, spesso tramandata da generazione in generazione che rappresenta un’arte antica della storia italiana e che si basa su una grande abilità manuale, per realizzare capi di qualità.
Un campo spesso svalutato dalla maggior parte delle persone, in una società sempre più frenetica, dove tante volte non conta la qualità del prodotto, ma la sua economicità.
Un tempo definito come «La bottega del sarto» dove, tanto lavoro, passione e capacità erano trasmessi ai garzoni e agli apprendisti, e precluso al mondo femminile, soprattutto nelle grandi città, si è poi diffuso anche nei paesi e nei centri minori di tutta la penisola.
Negli anni 50 sono nate vere scuole di sartoria a Roma, Milano, Venezia, Vicenza e Napoli solo per ricordare le più conosciute. In quell’epoca è riconosciuto il concetto di moda italiana e in seguito, con l’industrializzazione, nascono le prime fabbriche di tessuti.
Dalle scuole di quegli anni sono sorte le prime Botteghe sartoriali, dove la manualità e la qualità del prodotto finito erano le basi dell’attività dei sarti in chiave artigianale. Negli anni 90, anche quale conseguenza di questa operatività sartoriale, è introdotta l’etichetta di «prodotto italiano».
Entrare in una sartoria tipicamente italiana oggi è sempre più difficile, pur essendo stato un tempo quello del sarto un lavoro interessante e fino ad un certo periodo in crescita, con buoni risultati. Oggi invece tante botteghe storiche sono state chiuse, altre ad esempio sono passate in mano a cittadini stranieri per le riparazioni, resistono invece le sartorie di alta qualità, dove il cliente trova un prodotto su misura, di buon tessuto.
Un mondo quello della moda dove, nel caso specifico della Sartoria AliBi di Sopramonte, mi sono immerso per così dire, per captare le particolarità delle creazioni, le lavorazioni degli abiti realizzati dalla giovane interlocutrice di questo incontro.
Alice Biasioli, (AliBi acronimo del nome e del cognome) l’ho incontrata nel suo laboratorio situato nella piazza del paese dove è nata e risiede, giovane sia per ètà (26 anni) che per esperienza lavorativa. Una cosiddetta «trentina doc» protagonista della propria azienda, felice ed attenta al lavoro che ama, per lasciare anche una sua traccia nel tempo, con un occhio alla tradizione, ma con una mente aperta al futuro.
Mani capaci, oltre all’approfondimento dello studio e all’impegno custoditi nella mente e nel cuore, per rappresentare così una professione certamente particolare, ma che è importante per la comunità. Una figura professionale che tende ad operare non esclusivamente sul prodotto, ma sulla logica del servizio, del coinvolgimento individuale pieno e collaborativo e delle relazioni interpersonali che diventano efficaci e genuine. Questi che sono elementi distintivi incarnati in questa giovane professionista, rappresentano di fatto, qualità personali oltre che aziendali.
Ne è scaturito un dialogo semplice e chiaro, dove la preparazione e il lavoro hanno fatto da punti basilari, che le hanno permesso di giungere ad un naturale e spontaneo inquadramento delle domande e delle risposte che di seguito si espongono.
Alice, come nasce quest’azienda artigiana e perché a Sopramonte?
«Mia nonna faceva la sarta in paese, mi piaceva vederla lavorare; ogni tanto mi regalava dei pezzi di scarti di tessuto, che io poi riadattavo per fare abitini per le bambole, entusiasta di fare qualcosa di nuovo e creando vestitini di vari tipo e colore.
Quando ho finito le scuole medie, considerata la mia passione in questo ambito mi sono iscritta al Centro di Formazione Professionale Centromoda Canossa, dove si insegnano le materie attinenti alla sartoria e alla creazione di abiti e manufatti sartoriali. Una scuola che prepara le studentesse ad esercitare la professione di sarta nel mondo della moda.
Il percorso formativo varia dai tre anni di scuola e uno di specializzazione.
La mia specializzazione è di Tecnico di abbigliamento. Di seguito ho frequentato scuole private per due anni a Verona e uno a Milano, per ottenere il Diploma Superiore in Sartoria e Moda per perfezionare la figura di stilista e di confezionamento dell’abito.
Il mio sogno, dopo questi sette anni di studio, era di riuscire ad aprire un mio laboratorio in centro paese a Sopramonte, dove abito. Quindi dopo queste esperienze formative ho raggiunto il mio obiettivo e all’inizio del 2020 ho aperto questa ditta individuale a matrice artigianale, con partita IVA.»
Questo tipo di lavoro come si caratterizza?
«Preparo vestiti su misura per persone di ogni età, faccio riparazioni di ogni tipo. Invento modelli stagionali, personalizzati in base alle esigenze delle persone. La realizzazione degli abiti su misura è la fase più importante perché si basa sulla modellazione e confezionamento, sulla struttura della persona. Diciamo che diventa una creazione orientata al cliente, alla sua personalità al suo modo di essere. Cerco sempre di far uscire dal lavoro prodotti unici con design originale, con un’attenta cura alla progettazione dei capi, alla vestibilità, all’eleganza, allo stile e con una particolare cura ai tagli del tessuto per ottenere un risultato di qualità che soddisfi pienamente il cliente.
Mi approccio alla cliente ascoltando le sue esigenze, cercando di coinvolgerla nelle scelte dei tessuti e collaborando nelle decisioni finali, per giungere ad una reciproca soddisfazione.
Il tipo di capo che deve essere realizzato si basa, oltre che sull’assortimento della stoffa, anche sul modello e in base all’uso che se ne fa dell’abbigliamento per matrimoni, per stagioni invernali o estive. Qualche cliente si presenta con pezzi di stoffa già acquistati e insieme studiamo come perfezionare l’idea per giungere alla realizzazione vera e propria dell’abito. La creazione deve essere anche innovazione, quindi di moda e attuale. Nei miei colloqui con gli acquirenti cerco di spiegare il lavoro da realizzare, con un dialogo armonico fra tradizione e innovazione.»
Come si è sviluppato questo lavoro e che tipo di clientela frequenta il suo negozio- laboratorio?
«Questo lavoro, pur tenendo conto che è stato avviato da pochi anni, si è sviluppato con un costante aumento della clientela e con risultati soddisfacenti. Molto è servito il passa parola, sia nel paese che nei centri vicini e in città. Ultimamente è in aumento il numero di persone interessate alle creazioni di abiti su misura, soprattutto donne. Devo ricordare che oggi ci sono poche sartorie che preparano capi fatti a mano, anche perché si tratta di una scelta di gusto, quindi con un costo maggiore dell’abito confezionato in serie, e che soddisfa spesso un desiderio insito da tempo nella personalità e nel carattere della cliente. Le persone che entrano nel mio negozio variano in base all’età, e alle proprie esigenze, dagli anziani, ai giovani, adulti, lavoratori, pensionati ecc. Devo dire che inventare, definire, con un confronto, e poi creare un abito per me è sempre una novità e una grande soddisfazione; in altre parole è dare un aiuto agli altri. Questo è quindi un servizio utile anche alla gente e migliora l’essere comunità.»
Come riesce a svolgere questa professione in una fase critica e quasi in riduzione complessiva?
«Oggi il modo di acquistare qualsiasi cosa si basa sull’uso del prodotto che poi si abbandona velocemente, così anche nel caso del vestiario se non s’indossa più bene non si usa più. Inoltre i costi dei prodotti del settore dell’abbigliamento, compresi gli accessori ma non solo, in questi ultimi tempi sono aumentati e quindi le persone cercano di recuperare e far riparare i propri vestiti usati, infatti, anche nel mio laboratorio ho riscontrato una crescita di questo tipo di lavorazione, di adattamento dell’indumento e del servizio fornito alle persone interessate. C’è anche chi vuole rinnovare il proprio abito, magari indossato poco e ancora in buono stato, per poi regalarlo alla figlia o alla nipote diventata più grande. Queste nuove richieste, che cerco sempre di soddisfare dopo un colloquio con l’interessata, suggerendo la mia visione e la possibilità di come riadattare l’abito, si avvicina molto ad una nuova creazione di moda. Come esempio posso citare un vecchio paio di pantaloni jeans di mio nonno che dopo uno studio ed una stilizzazione si sono trasformati in una giacca, indossata poi da una ragazza, che faceva con me l’Accademia a Milano.
Per svolgere questa professione devo dire che metto tutta la mia volontà, la mia passione, la pazienza, la creatività e molto ascolto.
Senza queste caratteristiche nel quotidiano operare, credo non si possa fare nessun lavoro, tanto meno quello della sartoria, che nella storia è stato considerato come "l’arte del saper fare".»
Come vede il futuro dell’artigianato sartoriale, nel contesto attuale intriso dalla continua evoluzione e concorrenza di abiti già pronti dei grandi magazzini di abbigliamento?
«Poiché siamo in pochi che esercitano questo lavoro, credo che il futuro possa rappresentare momenti di riduzione delle sartorie, anche nel nostro territorio. Nostro compito, per rimanere al passo con i tempi e per la riduzione degli sprechi, sarà quello di salvaguardare il nostro lavoro, creando innovazione, con sperimentazioni e creazioni di nuovi tipi di abbigliamento, facendo uso anche di materiali in buono stato, ma non più utilizzati.
Questo per far scoprire alle clienti nuovi metodi di riutilizzo delle stoffe, invogliandole quindi a questo nuovo mondo che continua a creare puntuali attenzioni.
Inoltre è necessario approfondire il criterio del riuso, con modifiche dei regolamenti, nel rispetto dei sistemi ecologici e con l’uso di prodotti o semilavorati, di provenienza naturale. Purtroppo da più parti giungono segnalazioni che rendono evidente la poca attenzione da parte delle nuove generazioni verso questo settore che si trasforma in servizio e in un percorso di umanità. Certamente, se tale situazione dovesse progredire, il settore stesso e le piccole botteghe dei sartiandrebbero incontro a non poche difficoltà.»
«Devo dire che quest’intervista mi ha permesso di aprire una finestra su una professione sia pure storica, spesso non conosciuta, o meglio non inserita in una cornice di prim’ordine come succede per altri campi del sistema produttivo e di servizio alla popolazione, ma ugualmente importante e sempre più indispensabile anche dal punto di vista del recupero del vestiario, in una visione di utilità per la riduzione delle spese.
La giovane Alice della sartoria AliBi di Sopramonte, nelle descrizioni e nel confronto ha dimostrato semplicità, capacità, impegno, fantasia creativa e tanto coraggio per mettersi in proprio con una ditta individuale, diciamo tutti punti a suo favore per una crescita non solo personale, ma anche aziendale.»
Complimenti Alice e grazie per la disponibilità, con un augurio anche da parte della direzione del nostro giornale di buon lavoro e di tanti successi per il futuro.
A cura di Maurizio Daniele Bornancin - [email protected]