Le foto di Alessandra Frisinghelli tra le opere del marito

Moglie e modella dello scutore Cirillo Grott: «Ho amato un artista, un artista mi ha amato»



Devo dire che sono arrivato a conoscere Alessandra Grott grazie alla stilista Anna Gaddo, della quale è cliente. L'idea per la verità era venuta a Rina Middonti, una donna paragonabile a un vulcano in eruzione, anche lei frequentatrice del salotto di Anna, e che passerà anche lei dai nostri obbiettivi Nikon.
«È la donna giusta per te. - Mi aveva annunciato Rina. - Credo che tu riesca a tirar fuori un servizio fantastico tra le sculture del suo povero marito e i vestiti di Anna.»
«E pensi che lei accetti?»
«Organizzo io.»
Mi ha anche accompagnato personalmente alla Guardia di Folgaria, dove abita Alessandra Grott e dove i suoi figli hanno aperto una trattoria tipica dove si mangia proprio bene.

Potrebbe sembrare irriverente chiedere ad Alessandra Frisinghelli Grott di posare da top-model per un giorno, quando lo ha fatto per tutta la vita.
«Vorrebbe posare per me? - Le domando mostrando la macchina fotografica. - Io non so dipingere…»
Provo un po' d'imbarazzo e lei lo comprende.
«Se ci diamo del tu, perché no?» - Risponde con uno dei suoi sorrisi smaglianti.
È stata la musa ispiratrice di suo marito, l'artista Cirillo Grott, da quando l'ha conosciuto nel lontano 22 novembre del 1964… fino al 27 febbraio 1990, quando l'ha lasciata per sempre.
Era stato il classico colpo di fulmine, nato - guarda caso - in una galleria d'arte in via Rosmini a Rovereto. Non esponeva il suo futuro marito ma un amico di questo, Ellio Giori, ma evidentemente il destino era in agguato, perché l'amore li aveva colpiti subito. Non si videro per una settimana e fu l'ultima passata da soli, perché da allora non si lasciarono più.
Si sposarono, affrontarono e superarono tutte le grandi difficoltà della vita. Lei trovò lavoro alla Manifattura Tabacchi, controvoglia, ma era indispensabile almeno uno stipendio sicuro in casa. Poi si trasferirono alla casa che Cirillo aveva alla Guardia di Folgaria. Era diroccata, ma aveva il pregio di non costare nulla di affitto. La sistemarono con pazienza e sacrifici, così lui poté continuare a fare l'artista.
«È stata una vita intensissima. - Mi dice mostrando le opere di suo marito. - Economicamente difficile, come puoi immaginare… Ma lui era stregato di me e… e io di lui. Mi ha sempre tenuta al corrente di quello che gli passava per la testa, ascoltava le mie impressioni e decideva dove spingersi. Ma era un vulcano. Per ogni cosa che ha fatto, cento ne aveva in testa.»
«Tu non hai mai avuto aspirazioni artistiche?»
«Certo! Avrei voluto fare la cantante lirica.»
«Davvero? Mi canti qualcosa?»
«Beh, non è così caldo ma… Aspetta.»
Mi ha cantato l'inizio dell'Ave Maria di Schubert. Fantastica.

«Come pensi di fare il servizio fotografico?»
«Tra le opere d'arte di Cirillo.»
«Vieni allora.»
Mi porta in giro per la casa a raccontarmi le opere di suo marito. Sculture, fusioni, pitture, poesie… A un certo punto mi sento pronto.
«Per cominciare, hai una vestaglia, un accappatoio? È così per entrare in armonia.»
Si cambia e posa per la prima foto.
«Ora ti chiederò di indossare gli abiti di Anna Gaddo, così facciamo un vero e proprio servizio da modernissima top-model
Lavoriamo per un paio d'ore, nel corso delle quali Alessandra entra nel personaggio che le è congegnale e si carica pian piano della sua antica veste di musa ispiratrice. Io ne respiro l'emozione che riesce a infondere man mano che si va avanti. La sento crescere, liberarsi, interagire.
È come se io l'avessi fotografata da sempre e mi piace montarmi la testa pensando che per lei sia stata una specie di ritorno alle origini. Comunque sia, alla fine abbiamo fatto un patto. Quest'estate, quando lassù sarà più caldo, la fotograferò così come rappresentata nelle opere d'arte più importanti di Cirillo Grott. Per ora ne abbiano ricostruito solo alcune metafore.

«Hai detto che tuo marito era anche poeta?» - Le chiedo prima di andar via.
«Sì. Adesso ti do un libro delle sue poesie.»
«Ti leggeva anche quelle?»
«Sì, sì. Con me si confrontava sempre su tutto. Lui amava dire che eravamo in viaggio e che io gli insegnavo la strada. Quando faceva una scultura, alla fine diceva che mi aveva vista dentro il tronco. Sì, sceglieva il tronco da scolpire come se avesse visto cosa c'era dentro… Finalmente t'ho fatta! diceva a opera finita.»
Mi mostra il libro di poesie.
«Senza di me, diceva, non sapeva chi era né dove stava andando. Solo l'ultima poesia… non era arrivato a leggermela… - Si emoziona un po' mentre mi parla. - Sembrava che stavolta avesse capito da solo dove stava andando... L'ho trovata un mese dopo la sua scomparsa. Si intitolava L'ultimo abbraccio… L'aveva poi letta Arnoldo Foa qui a Folgaria per ricordare il mio Cirillo…»

 

L'ultimo abbraccio

Tu non udivi il treno fischiare
Nella giungla dorata
E nel percorso
Non trovavi il tuo amore.
Viaggiavi veloce
Sul binario sconosciuto,
Col biglietto in mano piegato
E sgualcito ormai,
dalle tue mani
ansiose e sudate.
Viaggiavi veloce, verso il mondo.
Che avevi sempre sognato.
Solo, lontano, in disparte, come trainato
Dai sogni in pianure sconfinate
O verso mondi lontani.
Cercavi un fiore diverso,
Illuminato da un'altra luce.




Alessandra Grott è pronta per posare tra le sculture del marito.





Alessandra discende dalle scale indossando un completo lana chanel bianca quadrettata multicolor reluxe con bordatura in visone azzurro sia sul giacchino che a bordare l'orlo della gonna a ruota.
In alto a sinistra, la scultura «L'uomo prigioniero della vita»; in alto a destra «Maternità», carpino (1988-89).





Qui sopra a sinistra Alessandra accarezza «L'Ultimo abbraccio», legno di melo (1990, cm. 220) indossando un tubino in rasatello di lana color turchese, orlato da frangia in tonalità e addornato al giro collo con paillettes e strass.




Il fantastico panorama della Guardia di Folgaria.




Alessandra Grott abbraccia «Il Calciatore», indossando un tailleur doppio petto chanel arancio con riflessi d'orati; particolare la rifinitura in velluto arancio per tasche e asole.




Sul divano, Alessandra indossa completo da coctail con giacca bianca elegante, ma versatile per le varie occasioni mondane, abbinata a una gonna nera in seta con spacco vertiginoso. A destra, il carboncino su carta «Nudo» (1988, 50x70).

Sul tappeto, indossa un sofisticato abito longuette in chiffon di seta nera tutto impreziosito da ricami di perline e pailllettes di tonalità contrastante, degno di un opera d'arte o una prima alla scala. A destra l'olio su tela «Al margine» (1984, 70x100).



«Corpo di donna», legno di melo (1988).


«La Dama», in bagolaro (1988), fotografata vicino ad Alessandra, che indossa per l'occasione una casacca lunga stile oriente con manica a gomito per adornare gli abiti più eleganti.