Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi / 22

Il nuovo Statuto – Di Mauro Marcantoni

Il Calendario operativo, definitivamente concordato nel vertice di Copenhagen del 30 novembre 1969, divenne, per Italia e Austria, lo strumento procedurale attraverso il quale garantire il rispetto degli impegni reciproci assunti e pervenire così al rilascio della cosiddetta «quietanza liberatoria» da parte dell’Austria e alla definitiva chiusura della controversia aperta dall’Austria presso l’ONU dieci anni prima.

In quei mesi si verificò anche un importante fatto a livello regionale: nel maggio 1970, pochi mesi dopo l’approvazione del Pacchetto da parte del Parlamento, la Volkspartei rientrò in Giunta regionale, dando vita a una coalizione con la Democrazia Cristiana.
Finiva così il lungo periodo della SVP all’opposizione. La linea della moderazione, imboccata da Magnago tra mille difficoltà, aveva prevalso.
Su questa scelta incise, peraltro, anche l’urgenza, da parte della Provincia di Bolzano, di rivedere gli obiettivi strategici della propria politica economica, in un momento in cui il turismo, in particolare, stava conoscendo un boom senza precedenti.
Per farlo occorreva usufruire in maniera tempestiva di tutti gli strumenti messi a disposizione dalla Regione, appannaggio della quale erano ancora gran parte delle competenze in campo economico. 

L’iter di approvazione del nuovo Statuto di autonomia fu nel complesso abbastanza rapido.
Il 23 gennaio 1971 la Camera dei deputati approvò in prima lettura, relatore il deputato trentino Renato Ballardini, il disegno di legge, dando così formalmente avvio alla procedura prevista dall’articolo 138 della Costituzione per l’approvazione delle leggi di carattere costituzionale.
Si dovette poi attendere l’autunno per la definitiva approvazione da parte delle due camere.
Con la legge costituzionale n. 1 del 10 novembre 1971, l’Italia ottemperò al nono punto del Calendario operativo.
Al punto precedente, che riguardava la designazione della Corte internazionale de L’Aia quale sede istituzionale idonea per dirimere le eventuali future controversie, era stato di fatto attuato in occasione di una visita a Roma del Ministro degli Esteri austriaco Kirchschlager.
 
Il nuovo Statuto di autonomia entrò in vigore il 31 agosto 1972, con la pubblicazione del Testo Unico n. 670, nel quale le nuove norme, approvate con la legge costituzionale n. 1 del 1971, venivano coordinate con quelle sopravvissute del vecchio Statuto.
Per l’autonomia trentina novità speciali non ce ne furono, eccettuata quella, molto significativa, riguardante l’insegnamento della lingua ladina nei comuni dove veniva parlato il ladino.
Il risultato era un impianto tripolare in parte anomalo rispetto alle tradizionali istituzioni della democrazia rappresentativa locale previste dall’ordinamento italiano, poiché le due Province autonome erano concepite come due regioni vere e proprie, mentre la Regione veniva quasi totalmente svuotata di competenze, continuando tuttavia a sussistere.
Si trattava di un sistema che nasceva chiaramente da aggiustamenti e compromessi, ma che aveva una sua intrinseca giustificazione.
 
Va peraltro sottolineato che l’autonomia del Trentino non fu un semplice «contrappeso», creato per bilanciare la portata dell’autonomia concessa all’Alto Adige.
Così come non fu un «puntello» per consentire alla Regione di poggiare su due gambe anziché su una sola.
La radicata e convinta vocazione autonomista del Trentino e il suo ruolo co-essenziale nella costruzione del secondo Statuto resero infondata l’idea che quest’ultima fosse un semplice e automatico prolungamento di quella sudtirolese.
Fu dunque il confronto e l’incontro delle culture autonomistiche, sia dei sudtirolesi che dei trentini, a costruire le condizioni e i contenuti della nuova autonomia.
Trentini e sudtirolesi si ritrovarono finalmente allineati nel confronto con lo Stato.
 
Mauro Marcantoni
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