Storie di donne, letteratura di genere/ 377 – Di Luciana Grillo
Bernardine Evaristo: «Ragazza, donna, altro» – Storie di donne che mi hanno tenuta incatenata al libro, dalla prima all’ultima pagina
Titolo: Ragazza, donna, altro
Autrice: Bernardine Evaristo
Traduttrice: Martina Testa
Editore: Sur 2020
Pagine: 520, Brossura
Prezzo di copertina: € 20
È molto difficile recensire un romanzo così denso di storie che si dipanano in una Inghilterra in cui bianchi e neri sembrano vivere vite parallele.
Le protagoniste principali sono donne (o altro), provengono da vari Paesi, compongono un mosaico molto articolato, che noi scopriamo per una sorta di effetto domino.
Incontriamo per prima Amma, che «ha passato interi decenni nella nicchia, da ribelle, a lanciare bombe a mano contro l’establishment che la escludeva», madre di Yazz, che «ha educato a essere femminista» e che invece vorrebbe una mamma normale, le dice: «il femminismo è una roba da pecoroni… anche essere donna è una cosa superata… è lei il sostegno emotivo della madre… è il fardello dei figli unici, specialmente se sei femmina»… «quanto a papà (puoi chiamarmi Roland, no, papà, tu sei mio papà)… coi soldi che papà spende in vestiti potrebbe pagarle un anno di retta universitaria… è proprio tipico di lui, dare priorità alla moda… autore di una trilogia arrivata nella classifica dei best seller… il professor Roland Quartey, titolare della prima cattedra britannica di Vita moderna presso l’Università di Londra».
Amma mette in scena un suo spettacolo a Londra, è la prima volta per una regista di colore, dunque è agitata, le manca Dominique, tanto affine a lei, decisa a diventare attrice, «unica persona di colore in tutta la scuola».
Insieme hanno condiviso avventure e scelte particolari, incrociando sulla loro strada marxisti e hippy, ambientalisti e vegetariani, punk, anarchici, gay e femministe radicali, femministe radicali lesbiche e femministe radicali lesbiche nere… Quanti ricordi per Amma, che ora ha raggiunto (forse) il successo e la mezza età.
Dominique non c’è, Dominique, «femminista lesbica carnivora e amante delle discoteche, che beveva, faceva uso di droghe e fumava una sigaretta dopo l’altra», come ipnotizzata da Nzinga («statuaria, aveva la pelle luminosa, le vesti morbide, i lineamenti scolpiti…») era diventata «una femminista lesbica radicale che non beveva, era vegana, non fumava e costruiva case sui terreni di una comune di donne, dove la residenza era permessa solo alle lesbiche», poi aveva lasciato Nzinga e si era traferita in America.
Shirley, «la sua più vecchia amica» non potrà mancare, Shirley che l’ha introdotta fra le sue amichette ancora da bambina, che ha fatto da baby sitter a Yazz, che è stata insegnante di Carole che, dopo aver subito una violenza di gruppo, studia, è «la prima alunna nella storia della scuola a entrare in un’università così prestigiosa», diventa una esperta di finanza, teme sempre, quando incontra i suoi ricchi clienti, che «la scavalchino con lo sguardo, in attesa della persona che palesemente si aspettano di vedere».
Né potrà non esserci Lakshmi, «una sassofonista che componeva le musiche dei loro spettacoli…va per i sessanta, gli amanti che si sceglie, maschi o femmine che siano, restano nel range 25-35».
Amma passa in rassegna le persone del suo passato, Georgie, che ha scelto di morire, Sylvester, o Sylvie, che «ha passato gran parte degli anni Ottanta indossando vestiti da donna», il padre ghanese «distrutto per aver dovuto lasciare il Ghana… un trauma terribile, abbandonare la casa, la famiglia, gli amici, la cultura, la lingua madre, e venire in un paese che non lo voleva».
Bummi è la madre di Carole: «era così orgogliosa quando Carole entrò nella famosa università per ricchi che fotocopiò la lettera di ammissione non una, non due, ma tre volte… non aveva previsto l’impatto negativo a lungo termine del fatto che la figlia andasse alla famosa università per i ricchi… quando vide la figlia ritirare il diploma, il giorno della laurea, le lacrime le scendevano così copiose sulle guance che sembravano scrosci di pioggia sul vetro di una macchina».
Non aveva neanche previsto che Carole sarebbe cambiata, avrebbe parlato, mangiato, sorriso in modo diverso, che avrebbe sposato un bianco, inglese, né aveva mai sperato di rifarsi una vita con Kofi e di ricevere ogni domenica i fiori e i cioccolatini che Freddy le offriva quando andava a pranzo da lei con Carole, quasi ogni domenica.
È complicato per me recensire questo romanzo, vorrei poter descrivere tutte le donne, mi sembra di tradire le aspettative di ciascuna di loro, comunque protagonista.
Ma una recensione ha dei limiti, e dunque posso solo citare La Tisha, tornare a Shirley, che ha sposato Lennox e ha avuto due figlie, Karen e Rachel, che è diventata un’insegnante, secondo la valutazione del preside, «dal talento naturale, che entra facilmente in rapporto con gli alunni e fa molto più del proprio dovere… da quel momento Shirley si sentì addosso la pressione di dover essere non solo un’ottima insegnante, ma anche la portavoce di tutte le persone nere del mondo».
Continua a frequentare Amma, insieme con Lennox.
Tra le colleghe che non la prendono in considerazione c’è Penelope, che è stata insegnante di Carole e nella cui casa Bummi faceva le pulizie; ma Carole è stata anche alunna di Shirley, «è stata la bambina rimasta indietro ma di talento che ha riacceso in Shirley la motivazione che l’aveva portata a fare l’insegnante».
La narrazione talvolta procede tornando indietro, presentandoci Amma e Shirley bambine e la mamma di Shirley, Winsome, ospitale e affettuosa, «che ha passato la sua vita lavorativa in piedi all’entrata senza porte di un autobus a due piani, bombardata dalla pioggia, dalla neve o dalla grandine».
Poi, all’arrivo di Lennox nella sua casa… Winsome si lascia andare.
Anche la storia di Penelope ha aspetti inquietanti, la scoperta di essere figlia adottiva la addolora, il fallimento del matrimonio con Giles la delude, il secondo marito, Philip, «in sintonia con la modernità» crea un qualche entusiasmo, la relazione tra Philip e una sua giovane paziente la scuote, a un certo punto l’unico conforto è Humperdinck, il golden retriever che l’aspetta ogni sera… così come complicate sono le vite di Megan/Morgan, di Bibi l’indiana, di Hattie che ha novantatrè anni ed è circondata da figli, nipoti, bisnipoti e trisnipoti per il pranzo di Natale che ha preparato con l’aiuto di Bibi e Morgan.
Hattie ricorda, rivive il passato, i suoi settant’anni trascorsi nella fattoria che «non è solo la sua casa, è le sue ossa e la sua anima», la figlioletta che le è stata strappata («con una figlia bastarda ti rovini la vita per sempre», le aveva detto il padre).
Anche Grace, madre di Hattie, è una tessera significativa di questo mosaico, ma la conclusione del romanzo si avvicina, lo spettacolo di Amma è piaciuto, il primo che la abbraccia nel foyer è l’ex marito Roland mentre compaiono recensioni autorevoli e positive.
Tra la folla appare Yazz, poi si intravede Carole «in un angolo nascosto della sala insieme agli altri dirigenti di banche e finanziarie», mentre Shirley «è esterrefatta nello scorgere la sua pupilla, quasi non la riconosceva, ma è proprio lei, Carole» e vorrebbe non incontrare Dominique, arrivata a sorpresa dall’altra sponda dell’oceano, ma «purtroppo all’intervallo si sono ritrovate una di fianco all’altra al bancone del bar…»; Yazz invece corre incontro a Dominique…poi tornano a casa di Amma, insieme, Yazz, le amiche e Dominique. «La casa ricorda a Dominique il tipo di vita da cui è scappata…».
Penelope sa del successo dello spettacolo, anche lei – che ha quasi ottant’anni – rivede il suo passato, pensa ai figli lontani, vorrebbe scoprire finalmente chi è, da dove viene, chi sono stati i suoi genitori: perciò si affida a un test i cui risultati la dichiarano in parte inglese, in parte scandinava, in parte africana…
È Sarah, sua figlia, che dall’Australia completa le ricerche; trova notizie di tale Morgan – uomo o donna? – che segue il test della sua bisnonna, Hattie, di madre etiope.
A Morgan per la prima volta dopo ottant’anni, Hattie confessa di aver avuto una figlia.
Recensione lunghissima, ma come non raccontare, sia pure per sommi capi, queste storie che mi hanno tenuta incatenata al libro, dalla prima all’ultima pagina?
L’autrice, di madre inglese e padre nigeriano, ha pubblicato testi teatrali e romanzi. Con questo, ha vinto il Man Booker Prize e un British Book Award, è stata finalista all’Orwell Prize e al Women’s Prize for fiction.
Luciana Grillo - [email protected]
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