Il futuro del Paese, secondo Matteo Renzi

«Fra dieci anni cambio mestiere, ma ora cambio l’Italia» – E, secondo noi, l’uomo ha le carte per farlo

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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha fatto la sua comparsa stamani sul palco del Santa Chiara di Trento con quasi tre quarti d’ora di ritardo rispetto al programma, in jeans e camicia azzurrina, accompagnato da Tito Boeri ed Enrico Mentana.
Dopodiché, non si è risparmiato. In circa un'ora e mezza, in quella che era di fatto la prima uscita pubblica dopo le recenti elezioni europee, ha toccato tutti i temi che gli stanno a cuore, dalle riforme, a partire da quella del Senato, alla «autorottamazione» («fra 10 anni - ha assicurato - non dovrò più fare questo mestiere»), passando per l'Europa, l'emigrazione, persino la comunicazione e l'attuale attrito con la Rai, strappando numerosi applausi a scena aperta.
Questa una sintesi del suo intervento, il più atteso di questa IX edizione del festival dell'Economia. 
 
 Una congiuntura astrale irripetibile
«Non c’è una riforma unica che risolve tutto, serve uno sguardo d’insieme. Riguardo alle raccomandazioni della Commissione europea non ho particolari timori. Ciò che conta è semmai cosa i Governi si attendono dalla Commissione.»
Primo: oggi abbiamo una congiunzione astrale irripetibile. La convinzione diffusa che le scelte fatte fin’ora, tutte centrate su parametri di rigore, non ci hanno consentito di uscire dalla crisi. Il resto del mondo ha fatto scelte diverse. Poi bisogna discutere anche chi ha rispettato i parametri dell’Europa, perché finora solo Germania e Italia lo hanno fatto.
Secondo: bisogna cambiare i vertici delle istituzioni. Il voto non ha espresso una maggioranza assoluta verso un candidato o un altro. Non c’è un problema Junker. Quello è un nome, non il nome. Il voto non ha espresso una richiesta forte su un nome ma su ciò che dovrà fare la Commissione.
Terzo: cosa farà l’Italia. Noi vogliamo andare a fare un discorso ambizioso a Strasburgo, non un discorso di piccolo cabotaggio. E ancora: ci sono 183 miliardi di fondi europei e di fondi per la coesione e sviluppo che dobbiamo spendere bene. Quindi, la politica deve tornare a fare il suo mestiere, oppure nessuna misura economica la salverà.
 
 Europa, energia, immigrazione
Mentana, facendo anche riferimento alla presenza dell'A.d. della Fiat Sergio Marchionne in sala, ha sottolineato come Renzi si sia assicurato con le ultime elezioni «il 40% del mercato».
Forte di questo risultato, l'Italia può chiedere in Europa il commissario, il presidente dell’eurogruppo o qualche altra carica?
Secca la risposta.
«Il Pd italiano è il partito che ha preso più voti assoluti in Europa, più della Cdu. Ma non credo che l’Italia debba fare una battaglia all’Insegna dell’italianità. Noi dobbiamo dire: l’Italia porta alla discussione un pacchetto di proposte concrete.
«Ad esempio, sull’energia. Noi non abbiamo interconnessioni fra Francia e Spagna Di che cosa parliamo? O ancora: come ci relazioniamo con l‘Africa?
«Con la Libia, altro esempio, da qui tra parentesi parte il 96% degli immigrati che raggiungono le nostre coste, e che gestiamo da soli? L’Europa ci dice tutto sulla pesca ma se si tratta di salvare un bambino di 3 anni che sta affogando, si gira dall’altra parte. [Applausi]
«Io voglio un’Europa che abbia un‘anima. Il nome in questo momento è secondario.»
 
 Due gruppi si contendono il Governo del Paese
«Non penseremo mica che il problema dell’occupazione con Garanzia Giovani? Io sono contento che ci sia, ma non basta questo. O facciamo una discussione seria sulle riforme globali o non andiamo da nessuna parte.
«Prima le riforme istituzionali: voi vivete in una provincia autonoma, ma altrove il problema del Titolo V della Costituzione è importante, sia per le risorse, sia per la distribuzione delle competenze. Ma ci pensate che ogni regione ha il suo programma Energia? L’abolizione del Cnel la diamo come gadget, so che siete tutti preoccupati per questo. [Il CNEL è l’organo costituzionale «Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro» che Renzi vuole abolire in quanto “principe degli Enti inutili” – NdR]
 
«Subito dopo queste riforme si va alla nuova legge elettorale. Il risultato recente dimostra che possiamo andare verso due gruppi, mi piacerebbe dire due partiti, ma almeno due schieramenti, che si combattono per il governo del Paese.
«Io dico che su questa legge qui si chiude. Può alzarsi ulteriormente il tetto del ballottaggio? Io credo che ci vorrebbe una soglia comprensibile, il 50 è troppo ma il 37,5 farebbe pensare alla febbre. L’importante è che ci sia un ballottaggio alla fine del quale sai chi vince, e così sai a chi dare la colpa. Nelle aziende è così. Ci vuole anche per il Paese.
«Abbiamo avuto per anni politici che sono stati campioni degli alibi. Non c’è l’ho fatta perché c’era una coalizione litigiosa, i sindacati, le zanzare a Roma… Ma se tu sei lì per governare non puoi accampare scuse.
«Se io non riesco a fare le riforme è colpa mia. Il ballottaggio in questo senso è fantastico, perché alla fine uno che vince c’è.»
 
 Il Senato? Avrei dato più spazio ai sindaci
Il Senato, dunque, ha incalzato Mentana, è da abolire?
«Se dovessi dire la mia, avrei dato molta più importanza ai sindaci, in Italia, perché ritengo che storicamente in Italia siano più forti la municipalità e le autonomie territoriali che le regioni. Ma mi si potrebbe dire: abbiamo fatto una proposta affrettata. Il fatto è che raccogliamo un dibattito lungo 70 anni.
«Ci hanno detto che abbiamo impostato la riforma del Senato a casaccio. Ma qualcuno ha letto i dibattiti della Costituente? Il bicameralismo perfetto fu un compromesso, trovato da Dc e Pci, che non si erano messi d’accordo sulla funzione della seconda camera. [Il bicameralismo perfetto fu anche un antidoto alla dittatura da cui il paese era appena uscito – NdR]
«Oggi, in un clima un po’ più sereno, possiamo dire che un Senato che rappresenti gli enti territoriali ha un senso? Attenzione, esso non avrà dei senatori pagati per fare i senatori, perché altrimenti ciò provocherebbe una ulteriore crescita dei costi della politica. Quindi: la nostra proposta è motivata, è in linea con gli altri paesi europei, non è campata in aria. E fatta questa riforma, poi, finalmente ci divertiamo. Dopo possiamo discutere anche della battaglia sulla burocrazia e i gruppi dirigenti.»
 

 
 I corpi intermedi, il fisco
Renzi è del gennaio 1975. «In quell’anno – ha ricordato ancora Mentana, – Agnelli e Lama siglarono un accordo sul punto di contingenza, evento che è l’emblema del consociativismo, forse anche a spese del paese e della sua crescita. I corpi intermedi sono un problema?»
«Noi dal 1° luglio avremo la guida dell’Europa – ha risposto Renzi – e sarebbe bello arrivare a quell’appuntamento con un programma serio su cui i corpi intermedi possano darci il loro contributo. Ma senza bloccare tutto.
«Ad esempio: riforma della pubblica amministrazione. La prima regola sarà abolire la formula di concerto. Ma è necessario specificarlo, che in un governo si lavora assieme? Quindi, cambiare approccio mentale.
«E poi: cambiare le regole del gioco, e farlo in fretta. Il 13 giugno la legge delega, entro la fine del mese la Giustizia. Abbiamo una Giustizia civile che va riformata, ma anche quella amministrativa e contabile ha qualche problemino.
«Siamo un po' in ritardo sul fisco: gli uffici sono pronti, sono stato io a rallentare perché c’è qualche aspetto da approfondire. Il fisco però deve diventare una cosa semplice. Abbiamo scadenze incomprensibili. Ci sono paesi seri in cui paghi le tasse una volta sola, noi abbiamo destagionalizzato il lavoro dei commercialisti.
«Ci sono 650 detrazioni diverse… Ma è mai possibile?»
 
 Ossessionati dalla comunicazione
«Sono ossessionati tutti dalla comunicazione, da come il quotidiano domani riporterà la conferenza stampa. Non c’è cosa che attiri di più un ministro o un giornalista dell’annuncio di una deducibilità o una detrazioncina.
«Il meccanismo di cambiamento è appena iniziato. La gente non ha votato per me o per il Pd. Ha votato per un cambiamento. Sarebbe importante parlare di politica industriale: cosa facciamo a Piombino, cosa facciamo a Termini Imerese… Io sono arrabbiato con me stesso perché se c’è una cosa che non sono riuscito a spiegare in questi tre mesi è la visione.
«Attenzione: da qui a 10 anni se il nostro è un paese serio io devo avere smesso di fare politica. Non dobbiamo più fare politica per tutta la vita. Siccome siamo stati i teorici della rottamazione dobbiamo avere ben presente che dobbiamo dare il buon esempio.»
 
 Manifatturiero e cultura non si elidono a vicenda
«L’Italia rimane un paese manifatturiero, ma si possono avere grandi realtà manifatturiere e contemporaneamente non preoccuparsi tutti i mesi di un muro che crolla a Pompei.
«La cultura, i musei possono generare non solo valore emozionale e morale ma anche posti di lavoro. Mi aspetto fra 10 anni un’Italia che sia… smart non si può dire, figurarsi coolfelix è troppo latinorum… diciamo bella.
«Un’Italia a cui i giovani che se sono andati vogliano ritornare, ma non perché c’è un comunicato di Palazzo Chigi lamentoso. Noi siamo speciali a parlare mali di noi stessi. Mi dicono che sullo storytelling, sulla narrazione, insisto troppo. È invece il primo impegno.
«Poi, certo, bisogna che i provvedimenti anticorruzione funzionino. Secondo me c’è una diversità di vedute fra l’Italia reale e quella degli addetti ai lavori. A volte noi consideriamo priorità cose che non sono tali per i cittadini. A volte apro i giornali e vedo 10 pagine di politica: ma perché?»
 
 «Sblocca italia»: via libera ai sindaci e alle opere che attendono da 40 anni
«Sapete quanti immobili pubblici sono bloccati? Vi do una notizia. A breve chiederò a ciascun sindaco di individuare le partite bloccate sul territorio. Su certe questioni non occorre sentire il sindaco, ovviamente. Che Bagnoli sia uno scandalo lo sappiamo, se uno vuole l’Italia bella non può tenersi quello scandalo lì.
«Farò un provvedimento ad hoc, Sblocca Italia, che consenta a chi ha voglia di fare di farlo. Questo provvedimento consentirà di sbloccare una serie di interventi che sono fermi da 40 anni.
«Se riusciamo a farlo, avremo non solo effetti positivi sull’occupazione: avremo un’iniezione di fiducia. Ogni volta che passo davanti a un bene pubblico e mio figlio mi dice: perché quella struttura è ancora in macerie? Mi sento male. Cosa posso rispondergli? Perché è un bene pubblico? Basta! Entro l’estate avremo un provvedimento specifico, con regia a Palazzo Chigi.
«Dobbiamo togliere gli alibi a noi stessi. Chiederemo: caro sindaco, o caro investitore, perché non puoi andare avanti? Cosa manca? Un’autorizzazione, una procedura? Li sblocchiamo. [La Provincia autonoma di Trento ha già varato una legge capace di sbloccare e accelerare i tempi della PA in questo senso – NdR]
«E poi: trasparenza totale. Ho firmato la declassificazione degli atti dei Servizi segreti perché ho voluto mandare un messaggio culturale. Dobbiamo fare passare il concetto che l‘Italia non è il paese delle nebbie e dei gomblotti di Aldo Biscardi.»
 
 L'expo grande occasione anche per l'agricoltura
«L’expo dovrà essere una grande occasione per il Paese. Dovrà rilanciare il tema dell’agricoltura, del made in Italy, del food. Venti anni fa essere cuoco non faceva figo. Oggi, intanto ti chiamo chef, e poi c’è il successo che nasce dallo storytelling generato dalle trasmissioni televisive, tipo Masterchef. Per l’agricoltura ancora non è stato fatto. E’ un mondo che va riraccontato. All’estero è già così.»
 
 La polemica con la Rai
Sulla polemica con la Rai e lo sciopero annunciato Renzi è stato altrettanto diretto.
«Non abbiamo chiesto di tagliare sui programmi o sui contenuti. Abbiamo chiesto che in un momento in cui tutto il Paese sta dando il suo contributo al risanamento dello Stato, la Rai riorganizzi le sedi regionali oppure venda Rai Way (atto bloccato dal ministro Gasparri).
«Ray Way non è strategica per la Rai. Quindi si può vendere. Se di mestiere facessi il gruppo dirigente della Rai io una riflessione la farei. È facile: non è un'operazione complicata.
«Non voglio mettere il naso in Rai in termini di sostegno alla carriera di qualcuno. Vorrei dare un contributo in termini di contenuti.
«E poi: il Parlamento, con la sua apposita commissione che proposta fa per i prossimi 20 anni? Qual è la proposta culturale? La Tv deve rivolgersi ai giovani, ne hanno bisogno, perché il maestro Manzi di internet, dov’è? Questa è la sfida.
«La posizione del sindacato la trovo incomprensibile. Io dico: se avessero annunciato uno sciopero prima delle elezioni, avrei preso non il 40% ma il 42%.»
 
 Infine, alcune domande rivolte dai giovani presenti in sala
Immigrazione. C’è bisogno di una presenza maggiore nei paesi di origine?
«Sì. Ad esempio in Libia. Il 96% degli immigrati arrivano da lì, anche se i flussi si originano magari dal Corno d'Africa.
«Quindi ci vuole un ruolo delle organizzazioni internazionali degno di questo nome.
«Credo ci sia bisogno anche di regole interne all’Europa. L’Inghilterra sta andando nella direzione opposta a quella seguita finora. Ad esempio, Londra è la sesta città italiana oggi nel mondo.
«Noi non possiamo avere un commissario europeo che ci dice: dovete accogliere i rifugiati, e poi chiudere le frontiere. Noi lo sappiamo già che dobbiamo soccorrere chi affoga, non ce lo devono dire. Ma non si può pensare che in Europa circolino gli euro e non le persone.»
 
Scuola-lavoro-università. «Anche qui bisogna cominciare a cambiare lo storytelling. Non esiste che si dica che chi va all’estero è un genio e che chi resta in Italia è un caprone. Attenzione: io al Mit ho incontrato persone straordinarie.
«Ma non diverse da quelli che ci sono qui Una volta ho incontrato uno che mi ha detto: sono un cervello all’estero. No, diciamo che era all’estero. Certo, dipende da noi: se la burocrazia limita le opportunità ai ragazzi, mandiamo via i burocrati, non i ragazzi. Dopodiché, io investo per un’università che attiri ragazzi dall’estero, da ogni arte del mondo.
«E’ giusto che chi vuole andare vada. Ma io credo che sia possibile costruire un’Italia diversa dove i giovani vogliano rimanere.»
 
Le imprese. «Io non parlo del passato. La Fiat è un pezzo di storia italiana. A me interessano il presente e il futuro e io lavoro affinché l’industria dell’auto possa avere un futuro nel nostro Paese.
«Vorrei anche visitare gli stabilimenti di Detroit in autunno, nell’ambito di un giro che faremo negli Usa.
«È evidente che abbiamo una preoccupazione occupazionale: penso a Termini Imerese, al Sulcis, a Taranto, luoghi dove si deve ideare un patto industriale diverso. L’occupazione deve tornare a crescere anche sul versante del manifatturiero.
«La priorità però è cambiare le condizioni di contesto, le regole del gioco. E poi, essere in grado di investire nel capitale umano.»