Daniele Mastrogiacomo è stato liberato
In cambio sono stati rilasciati 5 prigionieri Talebani Ucciso il suo autista Non è stato liberato il suo interprete

E' stato finalmente rilasciato, dopo
15 giorni di prigionia, il nostro collega della Repubblica Daniele
Mastrogiacomo. Ne siamo estremamente felici per lui e la sua
famiglia.
Tuttavia è presto per dire che «è tutto bene quel che finisce
bene». Un po' alla volta conosceremo i particolari della vicenda, a
cominciare da quelli legati ai rapporti con i nostri alleati in
Afganistan, perché il rilascio di prigionieri non può essere
avvenuto senza l'accordo incondizionato di tutte le forze militari
operanti nel Paese, oltretutto che uno dei prigionieri sembrava
molto contrario ad essere «liberato». Ma c'è anche un grande
problema interno, perché sembra che il nostro governo abbia
preferito che la trattativa fosse seguita esclusivamente da
Emergency anziché da Ros e Sismi. Pare che i nostri agenti avessero
individuato il luogo dove Mastrogiacono era tenuto in prigionia e
che non sia stata data loro l'autorizzazione a procedere al
tentativo di liberarlo, decisione che spetta esclusivamente al
politico. Infine, c'è chi ritiene non solo che il «prezzo» pagato
sia stato troppo alto (5 terroristi rilasciati), ma anche che non
siamo riusciti a far nulla per salvare insieme al nostro
concittadino anche coloro che stavano lavorando per lui, l'autista
e l'interprete.
Rimangono in piedi altri interrogativi. Il problema di fondo è che
adesso nessun italiano è più sicuro nei paesi a rischio di
terrorismo, perché ora si sa che un ostaggio Italiano è comunque un
ottimo materiale di scambio. L'onorevole Capezzone ha seriemante
auspicato che adesso, per motivi di «pari opportunità», nessun
magistrato potrà più congelare il patrimonio dei familiari degli
ostaggi rapiti, mentre noi avevamo ironicamente temuto che la
Procura di Roma congelasse il patrimonio dello Stato...
Grazie a Dio, Mastrogiacomo è di nuovo a casa. Ma non sappiamo come
si possa tornare dai propri cari in tutta serenità sapendo che i
collaboratori afgani non sono stati trattati da italiani, e che le
rispettive famiglie piangeranno i loro cari, magari dimenticati da
tutti.