PIL e competizione: i bersagli della critica, di Pierangelo Dacrema

Quarto incontro con l'autore. L'economista mette in guardia di fronte all'ossessione per il numero e ribadisce che il vero valore per un Paese è un altro, e difficilmente sintetizzabile

Il Pil è generalmente considerato l'indice del benessere di un Paese, il metro incontestato del successo di una collettività; il libro di Pierangelo Dacrema «La dittatura del Pil. Schiavi di un numero che frena lo sviluppo», edito da Marsilio Editore, tenta di confutare questa tesi collaudata all'interno del modello economico occidentale. Docente di economia all'Università degli Studi della Calabria e per diversi anni operatore di borsa, Dacrema sostiene sulla scia di quanto scrive nel libro che «è inaccettabile la posizione assunta dal Pil nel sistema dei valori collettivi. I Paesi sono schiavi di un numero che non riesce a ricomprendere al suo interno i veri attributi del benessere umano; non per questo mi ritengo un fautore della decrescita essendo il destino dell'umanità un altro, e comunque indirizzato al progresso. Semplicemente non credo che un numero sia in grado di spiegare la nostra economia.»

Il discorso di Dacrema che si riallaccia a quello famoso pronunciato il 18 marzo 1978 da Bob Kennedy che «ammoniva il popolo americano che la felicità non si trova nel benessere economico. Il Pil - continuava Kennedy - spesso non ce ne rendiamo conto ma comprende molto altro, come il fumo nocivo delle sigarette che consumiamo, o i programmi della tv "spazzatura" che guardano i nostri figli.»
Da questo punto di vista il Pil sarebbe un complice del consumismo.

Giorgio Rodano, docente di economia all'Università La Sapienza, offre un'analogia molto forte: «così come il peso può essere un'ossessione che produce l'anoressia, il numero, se ci concentriamo troppo su di esso, può portare alla malattia.»
La riflessione contenuta nel libro di Dacrema contiene un «sotto-bersaglio»: la competizione economica. La critica dell'economista colpisce l'ansia di dover «crescere per forza, perché si nasce per vivere, non per vincere».
Da questo punto di vista, secondo Dacrema, «la Spagna di Zapatero che esulta perché il suo Pil è riuscito a superare quello italiano non è per nulla giustificabile.»
Dacrema non ipotizza di blocccare la concorrenza tra le imprese, ma fa presente che «coloro che subiscono i costi della concorrenza sono i cittadini ordinari, non il grande manager.»