Parola di David Dorn, studioso di fama internazionale

«I robot non cancelleranno mai del tutto i posti di lavoro»

Le prospettive che riguardano il lavoro preoccupano perché per le persone il lavoro è importante, vi dedicano tempo e ne traggono un senso del proprio valore.
Per questo motivo David Dorn, studioso di fama internazionale sull’impatto della globalizzazione e dell'innovazione tecnologica sui mercati del lavoro, ha voluto spiegare oggi al pubblico del Festival nell'aula magna della facoltà di Giurisprudenza, che i robot non ruberanno mai del tutto il lavoro all'uomo, nonostante l'enorme progresso tecnologico che permette di impiegarli in molte mansioni.
È piuttosto il mercato del lavoro che deve adeguarsi e i sistemi nazionali di istruzione che devono offrire adeguata formazione e riqualificazione; le sfide che si presentano non devono basarsi sul timore che le macchine sostituiscano gli uomini, ma sul modo in cui gestire i cambiamenti e garantire una crescita economica sufficiente ad innalzare il reddito di tutti.
A guidare l'incontro con Dord c'era Andrea Fracasso, direttore della Scuola di Studi Internazionali dell'Università di Trento.
 
Nel corso del tempo la capacità di calcolo dei computer è aumentata notevolmente, si dice che raddoppi ogni due anni e al tempo stesso il costo necessario ad aumentare la loro potenza è andato via via scendendo. In futuro avremo robot con capacità di mansioni sempre più ampie e dal costo ridotto.
Oggi le macchine sono in grado di svolgere compiti un tempo non immaginabili, come ad esempio guidare da sole autoveicoli e dunque non è una predizione strampalata quella che immagina la sostituzione completa del lavoro umano da parte dei robot.
Tuttavia, secondo Dorn, è possibile vedere le cose in modo diverso, anche guardando alla storia dei cambiamenti tecnologici e delle invenzioni che hanno rivoluzionato il modo di lavorare delle persone.
Luce, radio, motore a combustione, sono nuove tecnologie di un tempo di cui usufruiamo ancora oggi e dunque possiamo pensare ad un progresso tecnologico più rallentato rispetto a quello dell'immaginario collettivo.
 

 
Inoltre le novità nel modo di lavorare introdotte dalla tecnologia hanno sempre portato reazioni negative, basti ricordare le grandi proteste dovute all'introduzione dei telai meccanizzati, o quelle dovute all'introduzione degli arcolai, il cui uso fu addirittura bandito in molte antiche città commerciali come Parigi, Venezia e Colonia.
La preoccupazione che l'automazione porti alla disoccupazione in realtà non si è rivelata del tutto vera, anche perché le nuove tecnologie creano nuovi posti di lavoro e i consumi derivanti dalle nuove invenzioni cambiano e creano diversi bisogni, prima inesistenti e con una riduzione dei costi che aumenta l'accessibilità dei prodotti.
Dord si è poi soffermato sull'impatto concreto che che i robot hanno sul mondo del lavoro, considerando da vicino le trasformazioni in atto.
Infatti, le macchine offrono vantaggi in certi tipi di lavoro che richiedono esattezza e velocità di calcolo o di elaborazione delle informazioni. Tuttavia, una serie di compiti non è adatta ai robot: sono quelli in cui si rende necessaria la creatività, la ricerca di soluzioni non convenzionali, le capacità decisionali complesse, le interazioni sociali.
L'aspetto dell'empatia umana, ad esempio, non si replicherà mai tanto facilmente nelle macchine.
 
Per i lavori ripetitivi, invece, è già in atto la presenza massiccia delle macchine, sebbene certe operazioni che implicano l'uso delle mani e la capacità di riconoscimento degli oggetti o dei volti non siano molto semplici neppure nell'intelligenza artificiale.
Questo significa che le urgenze maggiori riguardano la necessità di riqualificare i lavoratori in modo efficace e a basso costo.
Non dimentichiamo, poi, che l'uomo è l'unico ad essere capace di svolgere più compiti contemporaneamente.
Dunque, secondo Dord, è prevedibile che i posti di lavoro non saranno completamente azzerati dalla presenza dei robot, ma è bene orientare le preoccupazioni verso altri problemi: soprattutto fare delle scelte politiche che garantiscano la crescita economica e l'innalzamento del reddito e che riescano a garantire equità nella formazione e nella distribuzione della ricchezza.