La Via Serrana da Gibilterra a Siviglia/ 2 – Di Elena Casagrande

Dopo San Martin del Tesorillo la Via Serrana si snoda tra parchi e riserve naturali dove trionfa il bosco mediterraneo, tra sughere, fiumi, forre e paesini bianchi

San Martin del Tesorillo.
Link alla puntata precedente.

 
 A San Martin del Tesorillo ci accoglie un prete polacco  
Davanti alla Chiesa di San Martin del Tesorillo una signora ci domanda: «Pellegrini?» Io annuisco e lei: «Vado a chiamarvi il parroco».
Poco dopo arriva. È polacco. Si siede con me a chiacchierare. Mi confida che si trova bene qui. Sta facendo tinteggiare una facciata della chiesa. Volentieri gli diamo un’offerta, anche se non la chiede.
Si informa del nostro cammino.
Quando viene a sapere che stiamo all’Hostal di fronte è contento: «I proprietari sono brave persone» – ci dice.
Il paese, prima deserto, ora comincia a riempirsi. Un carosello di auto gira e rigira, lentamente, attorno alla piazza.
È l’ora del passeggio. I negozietti hanno alzato le serrande.
Un vecchietto siede dal barbiere. Le signore si bevono un caffè all’aperto tra le borse della spesa, piene di arance. Una luminaria rossa augura «Felices fiestas».
È tutto così semplice e genuino.


Verso la Finca Sambana.
 
 Le terre andaluse sono tanto aride d’estate quanto inzuppate in inverno  
Oggi siamo costretti a cambiare l’itinerario per Cañaveral, dato che il sentiero è allagato.
Sembra incredibile, ma queste terre, riarse d’estate, in inverno sembrano delle spugne piene d’acqua.
Da lontano vediamo una stradina sterrata di servizio del Parco Eolico. La prendiamo. I banchi di nuvole tra le colline svaniscono piano piano, mano a mano che il sole comincia a splendere.
Peccato, solamente, che la Tenuta Sambana sia tutta recintata e non consenta di raggiungere i due paesini che avremmo dovuto incontrare sul nostro tracciato.
Pazienza. Procediamo con un buon passo per cercare di arrivare presto a Jimena de la Frontera. Tutt’intorno candidi narcisi selvatici ci fanno compagnia lungo la via.
 

I narcisi bianchi lungo il cammino.
 
 I bar di Jimena de la Frontera brulicano di gente che brinda e si fa gli auguri  
Finito il parco eolico la comoda pista in terra battuta lascia il posto ad un sentiero che si fa sempre più stretto e difficile, tra fango e piante spinose.
Si scivola. Teniamo duro. Alla fine siamo ripagati dalla vista del paese, con le sue case bianche. Poco dopo raggiungiamo il Santuario di Nostra Signora Regina degli Angeli, circondato da aranci e così brillante sotto la luce andalusa.
Purtroppo è chiuso e la cancellata impedisce di entrare almeno nel giardino. Le suore lo apriranno domani, per la S. Messa di Natale. Ora stanno sistemando gli ultimi addobbi.
A noi non resta che organizzarci. Adesso tutti sono impegnati in aperitivi chiassosi e festosi ma, a breve, si rintaneranno a casa, il paese si svuoterà e chiuderà tutto.
 

Il Santuario di Jimena de la Frontera.
 
 A Jimena approfittiamo degli orari spagnoli per un pranzo last minute  
Meglio mangiare subito, anche se è ora di merenda. Per cena ci basterà un tè.
Scegliamo il Bar-Ristorante Troyano, sulla strada. Ci gustiamo il salmorejo de la sierra a base di patate, tonno, cipolle e uova (niente a che vedere con la crema di pane al pomodoro ed aglio di Cordoba), fritto misto di pesce, coda di toro e mousse al triplo cioccolato.
«È la Vigilia di Natale anche per noi, no?» – Esclama Teo.
«Sì. E perché ho preso il toro, allora?» – ribatto.
«Fa niente. Andiamo a casa! Comunque era ottimo e andava detto.» – Preciso.
La sera mi godo il discorso del Rey Felipe alla tv. Una videochiamata alle nipotine e poi riposo. Nello zaino infilo il Piñonate de Jemena, un dolce tipico del posto, simile allo zelten.
Non moriremo certo di fame, anche se non troveremo nulla di aperto.
 

Le cataste di sughero della Sierra.
 
 Un vecchietto ci spiega con poche parole quello che conta nella vita  
Un po’ inzaccherati, dopo aver visto enormi cataste di sughero scorticato nei pressi dell’Arroyo (torrente) de Román, saliamo al paesino di San Pablo de Buceite (da Abuzeid, ovverosia «terra di olivi» in arabo).
È molto pittoresco, addobbato com’è da decorazioni natalizie create con bottiglie in plastica colorata, che spiccano tra i suoi edifici immacolati.
Un anziano si alza da una panchina per farci posto.
«Non serve, grazie,» – gli dico.
Ma lui lo fa, con fatica e tremando un poco. Una volta sedutosi sul sedile del deambulatore si mette a chiacchierare.
Dice che è molto importante camminare e che noi facciamo bene a farlo.
Alla fine ci chiede se abbiamo figli.
«No han llegado!» (non sono arrivati) – gli rispondo serena.
Lui non si capacita e commenta: «Se non avessi avuto mia figlia, chi mi avrebbe accudito col braccio rotto?»
Scuote la testa e, piano piano, si rialza, andandosene.
«Capito Teo? – Concludo. – Dovremo arrangiarci.»
 

La piazza di San Pablo de Buceite.
 
 Una recinzione videosorvegliata ci impedisce l’accesso alla Via Pecuaria  
All’uscita del paese attraversiamo il fiume Guadiario. La direzione è quella per la centrale elettrica di El Corchado.
Poco prima, al Cortijo Los Lirios (Agritur Iris), dovrebbe esserci l’intersezione con una cañada (un tratturo).
Al nostro arrivo sembra non ci sia il varco promesso da Wikiloc. Infatti, anche se la via di transumanza, per legge, dovrebbe rimanere aperta al passaggio di greggi e persone, l’agritur ha installato una recinzione.
Il cancello è chiuso con un lucchetto ed è pieno di telecamere.
Questo scherzo ci costa almeno 12 chilometri in più, su asfalto, in salita e poi in discesa, tra mille curve, sino alla stazione di Gaucin.
Fossimo stati del posto avremmo trovato un’alternativa. Ma, purtroppo, non è così.
Per fortuna la resina delle piante della sierra, scaldata dal sole, sprigiona tutti i suoi aromi e rende meno duro il tratto su questa strada interminabile.
 

Nella casa rural di El Colmenar.
 
 Una signora di Siviglia ha ristrutturato con gusto una vecchia casa di campagna  
Al villaggio di El Colmenar, la porta malegueña di accesso al Parque Natural de los Alcornocales (parco delle sugherete), ci attende una deliziosa casa rural (casa di campagna) prenotata on line. Maria, la custode, per 10 euro ci porta la legna per la stufa.
«È buona, è di rovere. C’è anche del rosmarino da bruciare.» – Dice.
La casa è davvero bella. Possiamo scegliere tra tre stanze.
Dopo una lavatrice, facciamo due passi in centro e troviamo un menù natalizio alla Mesón Las Flores.
Ci gustiamo la zuppa di carne (sopa del puchero), il guanciale e il filetto di cinghiale alla griglia.
Finalmente a casa ci rilassiamo davanti al fuoco e alla luce calda delle candele nelle lanterne. Questo nostro Natale, nella Serranía di Ronda, profuma di quercia ed essenze balsamiche.


Il Cañón de las Buitreras.
 
 L’attraversamento del canyon scavato dal Guadiaro merita il viaggio  
Dormiamo un po’ più del solito. C’era un po’ di stanchezza da smaltire. Al bar chiediamo informazioni sulla percorribilità del Cañón de las Buitreras (il canyon degli avvoltoi).
I lugareños (i locali) ci dicono che si può passare. Ci fidiamo e facciamo bene. Il canyon è selvaggio e potente. Il sentiero che lo costeggia, in quota, è delimitato da ciuffi di ginestre e timo e da piccole palme autoctone.
Dall’alto delle rupi siamo osservati a vista da almeno 10 grifoni. A Teo piacciono molto.
Il livello dell’acqua del fiume è davvero alto, in certi punti e la corrente è impetuosa e fragorosa. C’è un bel ponte «colgante» (sospeso) in cavetti d’acciaio e legno.
Balla un po’, ma è nuovo di zecca. Da qui il cammino serpeggia tra scalette attrezzate scavate nella roccia, grotte (dove si procede quasi in ginocchio) e il ponte di cemento de los Alemanes (dei tedeschi). Il paesaggio è stupendo.

Elena Casagrande – [email protected]

(La 3ª puntata della Via Serrana sarà pubblicata mercoledì 20 dicembre 2023)

Sopra il Puente de los Alemanes.