Rhot e il metodo matematico per lo scambio di organi
Mercato e diseguaglianze nella salute – Di Daniele M. Bornancin
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In questi giorni di Festival a Trento, ognuno aveva la possibilità di scegliere gli argomenti trattati e indicati nel programma giornaliero, accodarsi all’entrata delle sale e poi ascoltare i vari relatori.
Alvin Rhot, docente universitario, studioso e premio Nobel per l’economia, nel 2012 ha trattato un tema, quello del trapianto di reni, di un’importanza fondamentale per la salvezza di tante vite umane. Una carriera scientifica che diventa un concreto esempio, sia per gli economisti, sia per i medici.
Una lezione di vita, dove dai modelli matematici, quindi da algoritmi applicati, si può giungere a un sistema di catena delle donazioni. Così ha ideato lo scambio di reni.
Una dimostrazione che i sistemi matematici applicati all’economica possono dare risultati anche per migliorare la salute.
Questo studioso ha spiegato che ad esempio negli Stati Uniti, ci sono 100 mila persone in lista di attesa per avere un rene da donatore deceduto, ma si riescono a coprire solo 12.000 trapianti l’anno perché mancano donatori, in Europa ci sono circa 95.000 malati in attesa e in Italia circa 9.000.
Nei Paesi poveri migliaia di persone muoiono ogni anno, perché non riescono ad avere accesso alla dialisi e quindi ai trapianti, per gli alti costi delle cure.
Il rene è un organo particolare, anche perché le persone sane possono vivere anche con un rene solo e le donazioni possono avvenire anche da persone in vita.
Queste evidenti considerazioni hanno spinto lo studioso Rhot a prodigarsi in molte ricerche e a realizzare un programma coordinato da lui che, forte di giusti modelli matematici, viene ad attivare un percorso d’incrocio tra domanda e offerta, di donatori viventi e fra Paesi poveri e Paesi ricchi.
Rhot ha spiegato che a Toledo, in Ohio, nel 2007 è stata accolta una coppia Filippina ch non poteva permettersi il trapianto nel proprio Paese.
L’intervento è stato possibile grazie ad un organo donato da un americano, mentre la moglie del paziente filippino ha donato un proprio rene non al congiunto che non era compatibile, ma a un altro paziente americano, il cui parente a sua volta ha donato a un paziente messicano.
È stata avviata in questo modo una catena di trapianti con uno stesso gruppo sanguigno, coinvolgendo undici coppie di persone e salvando in tal modo varie vite.
Da questa sperimentazione, di seguito approfondita, ristudiata e nuovamente applicata, risulta che il metodo funziona ed è sostenibile, sia dal punto di vista medico scientifico che economico.
Un sistema regolare che può togliere spazio al mercato nero di organi di bambini, molto diffuso nei Paesi poveri, dove gli organi non sono donati ma ceduti a costi alti, prassi necessaria alla sopravivenza delle famiglie.
In Azerbaigian giovani donne vendono abusivamente uno dei propri reni in condizioni particolarmente gravi, senza nessun sostegno e garanzia sanitaria.
In Cina, invece, vi è la prassi di considerare donatori validi i prigionieri o carcerati condannati a morte.
In Iran i donatori di rene sono retribuiti ed è l’unico Paese al mondo dove legalmente un malato può acquistare un rene.
Una logica, questa, contro la legge in generale, perché diventa reato trasferire un rene a titolo oneroso; ma le donazioni non possono dar motivo di pagamenti al donatore, ma deve essere un dono a costo zero.
Questi sono solo alcuni esempi di come nascono le diseguaglianze sulla salute, diverse da Paese a Paese. Inoltre gli ultimi studi, indicano che circa sette milioni di persone muoiono ogni anno nei Paesi poveri, perché non possono pagare le cure a base d’insulina o per insufficienze renali.
Il quadro non è pertanto dei più lusinghieri, se si accosta alla situazione dell’Europa e dell’America, considerati Paesi con più problematiche di salute e dove le cure post trapianto non sono coperte in modo uniforme, ogni Paese Europeo e ogni Stato Americano hanno disposizioni legislative diverse, quasi come se le vite umane fossero differenti da territorio a territorio.
Forse anche per aiutare i paesi poveri è necessario creare un giusto fondo per i trapianti e le cure successive.
Invece, nel Paese più ricco del mondo, cioè gli USA, si assiste a piani di risparmio sulla sanità dovuti principalmente per le riduzioni di cure con la dialisi.
In Messico di recente è stato avviato uno studio ponte di vita, per lo scambio di organi tra pazienti americani e pazienti messicani, proprio incentrato sulle donazioni di reni.
Questo è solo un esempio di abbattimento dei muri di confine, è un vincere le resistenze tra i popoli.
Certo, i progressi tecnologici degli ultimi anni, anche nel campo medico e scientifico, hanno permesso di migliorare e guarire le persone, ugualmente, i progressi economici consentono di sviluppare l’efficacia e quindi creare nuovo benessere.
Ecco perché certi obiettivi, così come rappresentato dalla specifica relazione del docente americano Roth, si possono raggiungere solo attraverso due azioni:
- L’informazione e la promozione (pensiamo all’attività divulgativa e conoscitiva di AIDO, ADMO AVIS) associazioni che operano nel campo delle donazioni;
- L’attività di ricerca scientifica e tecnologica pubblica e privata.
Se tutte le Regioni italiane si incamminano su queste linee, anche il nostro Paese riuscirà a rispettare gli obiettivi dell’Unione Europea del 2020 indicanti che l’investimento in ricerca di ogni Paese, deve raggiungere il 3% del PIL, mentre oggi in Italia si arriva a stento al l’1,5%.
Fare ricerca è un lavoro impegnativo e difficile (mal pagato), non è un lavoro per tutti, ma oggi è sempre più indispensabile, anche per la crescita economica e sociale di ogni comunità.
Basta la convinzione che senza ricerca, non c’è progresso, non vi è benessere, ma tutto si ferma nell’assordante silenzio della raggiunta tranquillità.
Daniele Maurizio Bornancin