Storie di donne, letteratura di genere/ 61 – Di Luciana Grillo

«Il profumo delle foglie di limone» di Sánchez Clara – È una storia dura e triste che ancora oggi fa i conti con il passato dei Lager nazisti

Titolo: Il profumo delle foglie di limone
Autrice: Sánchez Clara
 
Editore: Garzanti Libri 2011
Pagine: 360, rilegato
 
Traduttrice: Enrica Budetta
Prezzo di copertina: € 18.60
 
Il titolo non tragga in inganno, questo non è un romanzo che si occupa di piante di limoni o di amori a lieto fine.
È una storia dura e triste che ancora oggi fa i conti con il passato, con quel passato che riguarda i campi di concentramento nazisti, gli esperimenti sugli uomini, la riduzione di individui liberi al rango di schiavi.
La storia percorre un binario: i protagonisti sono due che raccontano grosso modo gli stessi eventi, nello stesso tempo, però manifestando pensieri e sentimenti assai diversi.
Juliàn è un uomo anziano, argentino, sopravvissuto al campo di concentramento di Mauthausen.
Il suo scopo principale è la caccia ai nazisti che, alla fine della seconda guerra mondiale, sono fuggiti dalla Germania rifugiandosi in luoghi tranquilli, ricreandosi una vita normale, senza preoccupazioni economiche e, soprattutto, senza alcun segnale di pentimento per i crimini commessi.
Sandra è una giovane donna in crisi: aspetta un bambino, ma non è innamorata dell’uomo con il quale lo ha concepito.
Ha genitori che litigano continuamente e che non sanno esserle assolutamente di aiuto.
Ha una sorella proprietaria di una villetta in Costa Blanca: è lì che Sandra si rifugia per trovare un po’ di serenità.
Ed è lì che arriva da Buenos Aires il cacciatore di nazisti, Juliàn, per raggiungere l’amico Salvador, compagno di campo e, anche lui, cacciatore di nazisti.
 
Sandra e Juliàn scrivono una specie di diario: si incontrano casualmente nella cittadina balneare e si legano l’uno all’altra in una sorta di amicizia complice, quando Juliàn scopre che Sandra è in contatto con una coppia di nazisti norvegesi che le offre aiuto, ospitalità e persino affetto.
Dunque, da una notizia si passa ad un’altra; gli amici della coppia sono anche loro pericolosi criminali che organizzano feste, giocano a golf, abitano in belle ville con piscina, possiedono quadri e gioielli – probabilmente sottratti agli ebrei – e si credono depositari di un farmaco che dovrebbe garantire l’eterna giovinezza.
Sandra racconta a Juliàn, Juliàn si serve di Sandra come informatrice, con mille scrupoli però, perché non vorrebbe metterla in pericolo, mentre nel piccolo paese questa loro amicizia viene guardata con incredulità e sospetto.
Gli eventi si accavallano: Salvador, l’amico di Juliàn, muore prima dell’arrivo dell’argentino; la camera d’albergo di Juliàn viene messa a soqquadro; Sandra diventa ospite fissa dei due quando la sorella affitta la sua villetta ad uno strambo professore; gli amici dei norvegesi guardano con diffidenza questa ragazza che esibisce piercing e anellino al naso; sembra addirittura che nasca un amore tra Sandra ed uno dei giovani che frequentano il gruppo dei nazisti.
Così, mentre Sandra cerca di sferruzzare un golfino per il suo piccolo, la rete intorno a lei si stringe sempre di più, la coppia ne controlla i movimenti e la impegna in mansioni varie. Quando può, Sandra scappa al Faro dove Juliàn l’aspetta.
Sarà proprio Juliàn a farla tornare a casa dai genitori, dopo una fuga precipitosa dalla villa dei norvegesi.
E a quel punto, a Juliàn non resta che chiudere con il suo passato tormentato, con l’amara consapevolezza che, se pure i crimini compiuti erano stati efferati, il tempo trascorso era ormai troppo: nessuno avrebbe potuto arrestare quei vecchi malvagi per far pagare il male commesso, l’unica cosa possibile era tormentarli, smontare le loro sicurezze, in qualche modo portarli verso la follia.
 
«La verità è che il più delle volte i pezzi si incastrano troppo tardi, quando ormai non si può fare niente, per cui a che serve sapere certe cose?»
Dopo la partenza di Sandra, Juliàn trova ospitalità nella casa di riposo «I tre ulivi» in cui Salvador aveva trascorso gli ultimi tempi della sua vita e, incredibilmente, proprio in quella stessa residenza ritrova Elfe, una nazista che lui aveva data per morta e che ora si aggira come una folle, spesso ubriaca, farfugliando, dicendo di possedere quadri di valore…
Era vero! Li aveva sottratti agli ebrei, ma – ironia del caso – nessuno le credeva!
Per completare il quadro, anche Heim, detto «il macellaio di Mauthausen», finisce nella casa di riposo ed il compito di Juliàn, ora, è «mortificare Heim. Era sempre riuscito a scappare ai suoi inseguitori, ma da sé stesso non poteva scappare…mi dedicai a far impazzire Heim. Sapevo come farlo, me lo avevano insegnato loro».
 
Così si conclude questo appassionante romanzo, che invita a pensare alla malvagità umana senza riscatto, ma anche all’amicizia che può nascere fra persone di generazioni diverse e alla speranza che una nuova vita possa realizzarsi in un mondo migliore.
Ma rimane una profonda amarezza, se si pensa che anche i crimini più orrendi possono essere dimenticati o anche semplicemente trascurati, o – peggio – ignorati.
E’ per questo che la Sanchez ne scrive, perché gli errori di ieri non si ripetano ma più.
 
Luciana Grillo
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